Cultura

In quella domenica, giorno della sua gloriosa risurrezione, Gesù, alla richiesta dei Discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35), rispose con un dono molto più grande: mediante il sacramento dell’Eucaristia trovò il modo di rimanere sempre con loro ieri, e con noi oggi e sempre. Ricevere l’Eucaristia, quindi, è rimanere in comunione profonda con Cristo Gesù per poterci, attraverso la sua Parola e il Pane della vita, saziarci di Dio su questa terra, nell’attesa dell’appagamento del cielo. Occorre così, in particolare, coltivare, sia nella celebrazione della Messa che nel culto eucaristico fuori della Messa, la viva consapevolezza della presenza reale di Cristo nel tabernacolo, che deve costituire il polo di attrazione per noi cristiani innamorati di Lui, e capaci di stare a lungo ad ascoltarne la sua voce e quasi a sentirne i palpiti del suo cuore per cantare con il salmista: <<Gustate e vedete quanto è buono il Signore!>> (Sal 34,9).

            Per miracolo, (dal verbo lat. mirari, indica un fatto che sorprende, che desta meraviglia, stupore), si suole definire: <<Un fatto sensibile, operato da Dio, al di fuori di tutte le forze e le leggi della natura>>. San Tommaso d’Aquino, nel De potentia (q. 6, a 2 ad 3) propone una divisione dei miracoli in tre categorie: supra, contra et praeter naturam: supra naturam  sono i miracoli che sorpassano o assolutamente o relativamente al soggetto in cui si verificano; contra naturam, quelli che si oppongono ad una inclinazione particolare di qualche creatura; praeter naturam, i fenomeni che la natura non può produrre nel modo in cui li realizza il Creatore.

            L’Eucaristia, che implica la Transustaziazione, cioè la conversione di tutta la sostanza del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Gesù, in forza delle parole consacratorie pronunciate dal sacerdote durante la celebrazione della Messa: <<Questo è il mio Corpo,… questo è il mio Sangue,… fate questo in memoria di me>>, pur rimanendo immutate  soltanto le apparenze esterne delle specie eucaristiche, cioè del pane e del vino, non è un miracolo nel senso stretto, poiché tutto si realizza al di fuori dell’esperienza sensibile, ma è un mistero. Qualche volta, però, si sono verificati fatti sensibili e straordinari nel Pane e nel Vino consacrati o in rapporto ad essi, per es. il cambiamento dell’Ostia in carne viva e del vino in Sangue, la conservazione delle specie per lungo tempo, la guarigione istantanea di qualche infermo. Questi fatti sono propriamente i miracoli eucaristici, di cui è costellata la storia della pietà cristiana.

IN ORIENTE

Fin dall’epoca patristica furono riferiti, da uomini eminenti, fatti straordinari in relazione con l’Eucaristia. Cipriano, vescovo di Cartagine (+258) ci racconta alcuni miracoli eucaristici che riconfermano la piena ortodossia del grande vescovo-martire relativa alla presenza reale del corpo e del sangue di Cristo. Cipriano, che considerava la dottrina eucaristica come sacrificio, si indignava contro i lapsi, (cioè quei cristiani che durante la persecuzione di Decio (250) apostatarono alla fede) che <<non esitavano a profanare l’Eucaristia, cioè, il santo corpo di Cristo Signore>>. Il santo vescovo, con la sua prosa calda e persuasiva, racconta i fatti sorprendenti di cui afferma di essere stato testimone. Noi ci soffermeremo su due brevi racconti: <<Una  donna, già alle soglie della maturità, (che si era macchiata di apostasia), si introdusse di nascosto tra coloro che partecipavano al rito eucaristico, ricevette non un cibo, ma una spada>> che la dilaniò e la portò alla morte. <<Un altro, macchiatosi anch’egli di apostasia,… osò ricevere con inganno (l’eucaristia), non arrivò a toccare né a mangiare il sacramento del Signore, si accorse quando aprì le mani, che esse contenevano cenere. Con la testimonianza di questo solo empio fu provato che il Signore si allontana da chi lo rinnega, e che non può giovare alla salvezza spirituale il sacramento che riceve chi è indegno: infatti allora, fuggendo la sacra essenza, la grazia salvatrice si mutò in cenere>> (Lapsi, 26). 

Cipriano e Cornelio. Ricostruzione di un affresco dalle Catacombe di Callisto a Roma. Inizi del III secolo d.C.

Nello stesso clima di lotta antiereticale ci riporta il miracolo eucaristico raccontato da Ottato di Milevi, il quale scrisse, intorno al 395, contro i Donatisti (i seguaci del vescovo Donato (+335) che affermavano che la validità dei sacramenti dipendeva dallo stato di grazia del ministro che li celebrava. La Chiesa rispose che il valore sacramentale non era legato alla santità del ministro, ma alla santità stessa di Dio che agisce nella celebrazione sacramentale attraverso il ministro del sacramento, il quale opera in persona Christi. I donatisti avevano osato profanare la SS. Eucaristia facendola buttare ai cani: <<Gli stessi cani dilaniarono con morsi vendicatori i loro stessi padroni, rei della profanazione del Santo Corpo, come se fossero state persone sconosciute o nemiche>>. <<Questi empi atti non avrebbero potuto avverarsi – dice il vescovo Ottato ai donatisti – se voi aveste tenuto presente nella vostra mente gli ordini di Cristo che dice in Mt 7,6: <<Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le pestino con i loro piedi e poi si voltino contro a sbranarvi>> (Adversus donatistas,. II,19).

Gregorio Nazianzeno – affresco medievale

Gregorio, vescovo di Nazianzo (+c. 390), narra due miracoli che si riferiscono a guarigioni, uno relativo al padre (Orat. XI), l’altro alla sorella Gorgonia che, affetta da grave malattia inguaribile, aveva chiesto con <<pie sfrondatezze>> la guarigione <<al medico di tutti i mortali>>. Essa, accostatosi nottetempo all’altare del Signore, con <<la mano raccolse come tesori i resti degli antitipi del prezioso Corpo e Sangue e li mescolò alle sue lacrime e con questo particolare farmaco cosparse tutto il suo corpo. Subito si accorse della guarigione nel corpo, nello spirito e nella mente>>. Questo rande miracolo, che durante la vita Gorgonia aveva tenuto nascosto, Gregorio lo racconta dopo la morte di lei,  per l’edificazione <<dei fedeli, degl’infedeli e di quanti ora vivono e di quelli che saranno nel futuro>>  (Orat. VIII, 18: PG 35,809).

Sant’Anfilochio di Iconio Miniatura dal Menologio di Basilio II

Nella Vita di san Basilio, attribuita a Anfilochio di Iconio (+ 403), l’autore racconta che un Giudeo, spinto dalla curiosità, nel giorno di Pasqua entrò nella chiesa in cui il vescovo di Cesarea celebrava la S. Eucaristia; quale non fu la sua meraviglia nel vedere che il celebrante distribuiva la carne di un bambino: appena egli la ricevette nelle sue mani si trasformò in pane, portò a casa il pane e raccontò alla moglie il miracolo, e tosto ottenne la grazia del battesimo per sé e per tutta la famiglia. Il miracolo sottolinea con crudo realismo la concezione del vescovo  Basilio sulla presenza reale di Cristo Gesù, e sottolinea altresì con la rappresentazione di Basilio celebrante, la sua esortazione a comunicarsi spesso, possibilmente ogni giorno (Epist. 93: PG 32,484).

Icona di Basilio Magno – XV sec. – Monte Athos.

Nilo di Ancira (+ c. 430), discepolo di san Giovanni Crisostomo (De sacerdot., VI,6),, racconta che questo santo patriarca di Costantinopoli aveva dichiarato che spesso, celebrando la Divina Eucaristia, aveva visto, al momento della consacrazione, aprirsi il cielo e discendere sulla terra una moltitudine di angeli sotto forma umana, circondare l’altare, prostrarsi e mescolarsi ai fedeli che si comunicavano, suggerendo loro i sentimenti da cui dovevano essere animati.

IN OCCIDENTE

Sant’Ambrogio di Milano Basilica di Sant’Ambrogio a Milano. Mosaico del sacello paleocristiano  di san Vittore in Ciel d’Oro, 378 circa Secondo studi recenti pare che appartenga alla seconda metà del V sec.

Ambrogio, vescovo di Milano (339-397), racconta il miracolo eucaristico relativo al fratello Satiro, salvato dall’Eucaristia da un naufragio. Il racconto, limpido e sereno di Ambrogio, riesce a comunicare la fede salda di Satiro che, nell’infuriare della tempesta, rifiuta ogni aiuto terreno per affidarsi all’aiuto che gli proviene dall’Eucaristia, cioè dalla presenza di Cristo,  <<Infatti fece legare il sacramento in un fazzoletto e lo avvolse al collo e così si gettò in mare, non cercando una tavola staccata dalla compagine della nave con cui aiutarsi galleggiando, poiché aveva cercato l’arma della sola fede. Pertanto con queste cose credendosi abbastanza  protetto non desiderò altri aiuti>> (De exc. frat. I,43-44).

Uno dei miracoli eucaristici raccontati da sant’Agostino, vescovo d’Ippona (354-438), ci richiama il concetto sull’opportunità di dare l’Eucaristia anche ai bambini, così come, quasi cento cinquant’anni prima, aveva sostenuto il vescovo martire Cipriano di Cartagne.

Il vescovo d’Ippona, racconta che un bambino, cieco di nascita, riacquistò la vista quando sua madre gli ebbe applicato l’Eucaristia sugli occhi (Contra Julian., III,14).

 

Macario di Magnesia (Fine IV sec) racconta che un confratello dubitava sull’effettiva presenza reale del Corpo e del Sangue di Cristo nel pane nel vino. Altri confratelli pensarono bene di portare il confratello dubbioso in chiesa, chiedendo a Dio di dimostrare la verità di fede, affinché <<fossero scacciate le sue false concezioni>>. Appena il diacono si alzò per proclamare il Vangelo, si aprì il tetto della chiesa e tanto fuoco e tanti angeli scesi dal cielo circondarono l’altare, i ministri  e le offerte. I pani divennero il corpo di Cristo.

San Gregorio Magno celebra l’Eucaristia  per le anime purganti Olio su tela XVIII sec. Scuola di Olivio Sozzi 1690-1765 –  Chiesa parrocchiale S. Maria di Monserrato – Catania

Gregorio Magno (540-604) racconta tre miracoli eucaristici: uno relativo al Pontefice Agapeto che guarì, grazie all’Eucaristia, un paralitico muto dalla nascita (Dial. III,3); l’altro, in cui gli elementi soprannaturali sono dominanti, narra che una donna non avendo notizie del marito prigioniero, credendolo morto faceva celebrare delle Messe per la sua memoria e ogni volta che offriva la S. Eucaristia le catene del prigioniero cadevano (Dial. IV,57). Il terzo miracolo è di grande solennità e di largo respiro, ispirata ad una grandiosa visione della Chiesa, che abbraccia non solo il senso geografico, ma anche il senso storico e sociale del mondo destinato a trovare in essa pace e ordine. Protagonista della grandiosa scena è l’onnipotenza di Dio che <<affanna e consola>> nei suoi alti imperscrutabili disegni, onnipotenza che muove le onde del mare, le quali, per un disegno che sfugge alla nostra comprensione>> incrudeliscono contro i naviganti, tra i quali era Massimiano, vescovo di Siracusa. Nella squassata nave entrano le onde, e i naviganti <<nella visione della morte, diedero pace a se stessi, e ricevettero il Corpo e il Sangue del Redentore affinché ricevesse le loro anime. Ma la nave navigò per otto giorni <<perché Dio l’aveva sostenuta con la sua mano>> fino a che essa non portasse in salvo i naufraghi: dopo il loro sbarco la nave affonda (Dial. III,36). Il miracolo tende evidentemente a mettere in risalto il potere soprannaturale dell’Eucaristia, analogo a quello di Cristo stesso. Gregorio Magno, in questo segno divino, intravide il dilatarsi della Chiesa in un dominio spirituale, che non ponesse frontiere né geografiche, né sociali, né storiche alla conquista dell’Unità cattolica, per <<essere un corpo solo in Cristo>> (Rm 12,5), che è la suprema speranza del mondo.

Diac. Sebastiano Mangano

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