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Un modo per contenere, allontanare, lo spettro, la paura della pandemia, del Covid-19, che è ancora presente tra tutti noi, è quello di concedersi qualche ora all’aria aperta, guardando i propri vicini di posto, rispettando le regole anti contagio e godersi così una serata, uno spettacolo in una ritrovata tranquillità. Ebbene il Teatro Stabile di Catania è voluto ripartire, nello storico scenario di Palazzo Platamone, con il motto “Il cuore oltre l’ostacolo”, dopo i mesi di chiusura forzata per l’emergenza Coronavirus, proponendo dal 16 al 26 luglio, uno degli spettacoli in cartellone per la stagione 2019/2020, “Lu cori non ‘nvecchia” (poesia tratta dalla classica martogliana “Centona”), emozionante, a tratti bizzarra, antologia di testi teatrali e poetici di Nino Martoglio, per la fantasiosa e concreta regia della coppia di attori, autori e registi che lavorano insieme dal 1976, Enzo Vetrano e Stefano Randisi.

La scena, essenziale, surreale di Mela Dell’Erba – che cura anche i costumi- vede una imponente porta dalla quale entrano ed escono, appaiono e si nascondono, i diversi personaggi dell’universo popolare di Nino Martoglio, giornalista, autore, regista che continua ancora oggi a dimostrare la sua attualità grazie ai protagonisti, ai caratteri, alle inquietudini, alle storie narrate nelle sue poesie, nei suoi testi teatrali, nei sonetti, nei poemi e nei bozzetti.

Gli attori scena (Ph. Antonio Parrinello)

Nello spettacolo, atto unico di circa 90 minuti, Enzo Vetrano e Stefano Randisi, assemblano, affiancano, rivitalizzano e “surrealizzano” scene e versi scritti da Martoglio in diverse opere e in differenti contesti. Partendo da “A tistimunianza” (dramma in otto sonetti in dialetto catanese) si susseguono poi brani delle opere più note del Belpassese (“Nica”, “Scuru”, San Giovanni decollato”, “I civitoti in pretura”, “L’aria del continente”, “Annata ricca massaru cuntentu“, “A vilanza” ed anche la poesia “A iatta”, musicata per l’occasione da Puccio Castrogiovanni) tracciando – con un cast affiatato, con un continuo movimento di sedie e con la simbolica porta di entrata ed uscita – un percorso verso la riscoperta di una verità della parola, una sorta di corto circuito di emozioni, parlando della vita e dell’uomo, immaginando ingressi ed uscite nell’esistenza di ognuno di noi, varcando una soglia – a seconda delle nostre scelte – verso il buio o la luce.

Nino Martoglio

Ben calati nei loro ruoli, tutti intenti a portare avanti l’autenticità della sempre viva parola martogliana, i nove interpreti, a cominciare dall’intenso Marcello Montalto in “A tistimunianza” e in Zu’ Masi di “Scuru”, al comico e drammatico Cosimo Coltraro nei panni di Don Procopiu ‘mballacchieri di “U Contra”, alla Cicca Stònchiti di Lydia Giordano, all’intensa e divertente Manuela Ventura nei ruoli della mastra e di Taddarita, a “Nica” di Greta D’Antonio e Cosimo di Luca Fiorino, a Daniele Bruno nei panni di Ninu, figlio di Zu’ Masi in “Scuru”. Di rilevo interpretativo poi il duetto tra Valentina Ferrante (Anna) e Luciano Fioretto (Oraziu) di “A vilanza”.

Manuela Ventura, Cosimo Coltraro e Valentina Ferrante (Ph. Antonio Parrinello)

Rappresentazione interessante, surreale, a volte quasi senza punti di riferimento ma che, comunque, punta sulla parola sempre attuale di Martoglio che crea suggestioni ed emozioni, ieri come oggi. L’adattamento e la regia di Vetrano e Randisi riescono a creare sulla scena e nel pubblico, con gli squarci di teatro martogliano, attraverso le storie, le figure, gli stati d’animo, le parole – ora comiche ora drammatiche – una sorta di straniamento dove i personaggi appaiono e scompaiono da una porta e poi si mescolano agli altri, comunicando tristezza ed allegria attraverso l’interpretazione sentita dei nove attori in scena (Daniele Bruno, Cosimo Coltraro, Greta D’Antonio, Valentina Ferrante, Luciano Fioretto, Luca Fiorino,  Lydia Giordano, Marcello Montalto, Manuela Ventura), tutti ben inseriti in un contesto, in una antologia ben assemblata, dall’inizio alla fine, che regala una pièce gradevole e che raccoglie gli applausi finali degli spettatori – rigorosamente distanziati ed ordinati nel cortile Platamone – che tornano così ad emozionarsi e a riabbracciare il loro amato teatro. Oltre alla già citata scenografa e costumista Mela Dell’Erba, hanno contribuito, tra gli altri, alla riuscita della rappresentazione, Gaetano La Mela per le luci, Giuseppe Alì (audio), Riccardo Cappello per i costumi ed Elio De Franco che ha realizzato l’impianto scenografico.

Gli applausi finali ai protagonisti in scena (Foto Antonio Parrinello)

La scheda

Lu cori non ‘nvecchia” dall’opera di Nino Martoglio

Elaborazione dei testi, adattamento e regia Enzo Vetrano e Stefano Randisi

con Daniele Bruno, Cosimo Coltraro, Greta D’Antonio, Valentina Ferrante, Luciano Fioretto, Luca Fiorino,  Lydia Giordano, Marcello Montalto, Manuela Ventura.

Scenografa e costumista Mela Dell’Erba, regista assistente Carmelo Alù, luci Gaetano La Mela, audio Giuseppe Alì. La poesia “A iatta” è musicata da Puccio Castrogiovanni.

Direttore di scena Armando Sciuto – attrezzista Alessandro Mangano – capo macchinista costruttore Santo Floresta – primi macchinisti Orazio Germenà, Sebastiano Grigoli – capo elettricista Salvo Orlando – elettricisti Salvo Costa, Gaetano La Mela – capo fonico Giuseppe Alì – fonico Luigi Leone – sarta Claudia Mollica

Realizzazione costumi Riccardo Cappello, realizzazione scenografia Elio Di Franco, scene realizzate dal laboratorio di scenografia del Teatro Stabile di Catania, costumi realizzati dal laboratorio del Teatro Stabile di Catania.

Direttore tecnico e degli allestimenti Carmelo Marchese

Foto di scena Antonio Parrinello

Produzione Teatro Stabile di Catania, in collaborazione con il Comune di Catania- Cortile Platamone – 16-26 luglio 2020

La poesia

Lu cori non  ‘nvecchia
Vitti a me nannu, di la scrivania
nèsciri ‘un sacciu quantu vecchi carti,
leggirli tutti e mettirni in disparti
taluni ‘ntra ‘na vecchia libraria.

Ma ccu tanta primura e ccu tant’arti,
ccu tantu affettu e tanta gilusia,
chi appena di la porta iddu niscia
vosi lèggiri ju puru: La chiù parti

eranu vecchi littiri amurusi…
ed ju liggeva, quannu, jsannu l’occhi,
vitti a lu nannu!… Fici milli scusi…

iddu m’amminazzò ccu lu vastuni
e po’ ridennu dissi: “scarabocchi
di giuvintù!” e jttò du’ lacrimuni!

Nino Martoglio, da “Centona”

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