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Luca conclude il suo vangelo con il racconto dell’Ascensione al Cielo del Signore risorto: <<Gesù, dopo essere apparso ripetutamente durante i quaranta giorno dopo la risurrezione, si manifestò un’ultima volta agli apostoli nel cenacolo, cenò con loro dandogli le ultime istruzioni: <<Poi disse: Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture e disse: Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto», quindi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; e stavano sempre nel tempio lodando Dio>> ( Lc 24, 44-53).

Luca stesso, nel Prologo degli Atti degli Apostoli racconta così l’eccezionale avvenimento: <<Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo. Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo». Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere i tempi o i momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra». Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».

Ascensione Giotto – Cappella degli Scrovegni Padova – 1305

L’evangelista Marco così descrive l’eccezionale avvenimento: <<Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato. Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano>> (Mc 16,14-20).

Giovanni, “il discepolo prediletto, riporta che il Signore aveva promesso la sua Ascensione come “segno” <<Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao. Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre» (Gv 6, 48-65).

Vangeli di Rabbula Folio 13v con miniature dell’Ascensione– testo siriaco – VI sec. Biblioteca Medicea Laurenziana

Altri scritti neotestamentari suppongono o attestano la realtà dell’Ascensione o della presenza dell’umanità glorificata di Cristo in cielo: Paolo di Tarso (1Tes 1,10; Ef 1,20-22; 4,10; 6,9), Pietro (1Pt, 3,22), Giovanni (1Gv 2,1) e, in modo particolare la lettera agli Ebrei (9,24). Le testimonianze sono più che sufficienti per compensare il silenzio di Matteo sull’Ascensione, che ha preferito concludere il suo Vangelo con l’apparizione di Gesù in Galilea:<<Andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. E Gesù, avvicinatosi, disse loro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,16-20).

Anche gli autori dei libri apocrifi, spesso anonimi, non hanno potuto fare a meno di vedere l’Ascensione del Signore al cielo attorniata da segni della divinità.

La Lettera degli Apostoli, che è un apocrifo del Nuovo Testamento, scritto in greco antico tra il 130 e il 170 e pubblicata nel 1919, dopo aver riferito tutti gli insegnamenti dati agli apostoli, aggiunge: <<Ecco: il terzo giorno e la terza ora verrà colui che mi ha inviato perché vada con lui. Quindi ci furono un tuono, un lampo e un terremoto. I cieli si aprirono e apparve una nube luminosa che lo trasportò in alto. Riecheggiarono numerose voci di angeli festanti e osannanti: Riuniscici, o Sacerdote, nella luce della gloria. Quando fu vicino al firmamento lo udirono dire: Andatevene in pace>>. Con questo racconto si chiude la lettera. Gesù ritorna così sacerdote della liturgia celeste e introduce con sé i redenti.

Nell’Ascensione di Isaia, che è un apocrifo veterotestamentario che ci è pervenuto in greco su redazione definitiva con il testo cristiano della fine del I sec. o inizio del II sec. d.C., l’autore racconta un viaggio attraverso i sette cieli e un’Apocalisse su vita, morte, risurrezione del Signore Gesù Cristo, la persecuzione della Chiesa e la fine dei tempi: <<L’apertura>> dei cieli suppone l’ascesa per i sette cieli ed essa è menzionata nell’Ascensione di Isaia (X), che mette in rilievo il disappunto degli angeli, che li popolano, per non aver riconosciuto Gesù quando era disceso nel mondo. Gesù, infatti, per non farsi riconoscere aveva preso la forma dei diversi angeli che si trovano nei cieli. Finalmente l’anonimo autore fa vedere Gesù <<alla destra della Grande Gloria, la cui maestà, il profeta, non era capace di contemplare>>.

Il libro I degli Oracoli Sibillini fu composto tra il II e il I secolo a.C., probabilmente per le comunità della diaspora giudaica in Egitto. Il testo originario fu poi rielaborato e ampliato in ambiente cristiano tra il I e il VI secolo, con evidente scopo apologetico.  L’anonimo autore, ripensando all’Ascensione del Signore ne contempla gli effetti: <<Dopo tre giorni tornato quindi alla luce, / per i mortali latore di un segno e tutto insegnando, / alla dimora dei cieli, su nubi montato, ei sale, / lascata nel mondo del vangelo la regola>> (v. 379-382).

Gerusalemme – Monte degli Ulivi – La cappella dell’Ascensione – L’edicola è sotto la giurisdizione musulmana

La recensione greca A del Vangelo di Nicodemo, la cui stesura originale risale probabilmente alla prima metà del II sec., riferisce così l’ascesa al cielo di Cristo risorto: <<Intanto un sacerdote di nome Finees, un dottore Adas ed un levita Aggeo, scesi dalla Galilea a Gerusalemme, fecero ai capi della sinagoga, ai sacerdoti e ai leviti il seguente racconto: <<Abbiamo visto Gesù con i suoi discepoli seduto sul monte Mamilch. E diceva ai suoi discepoli: Andate in tutto il mondo ed predicate a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo; chi non crederà verrà condannato. I segni che accompagneranno quelli che hanno creduto sono questi: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, solleveranno i serpenti e, bevendo qualcosa di letale, ciò non farà loro male. Poseranno le mani sugli ammalati e questi saranno sani. Mentre Gesù stava ancora parlando ai suoi discepoli, lo vedemmo che si levava verso il cielo>>. Gli anziani, i sacerdoti e i leviti risposero: <<Glorificate e confessate il Dio di Israele, se veramente avete inteso queste cos e udito ciò che avete raccontato>>. Coloro che avevano parlato dissero: <<Com’è vero che vive il Signore Dio dei padri nostri, Abramo, Isacco e Giacobbe: questo noi abbiamo inteso e l’abbiamo visto levarsi verso il cielo>> (Vang. Nic. 14, 1-2). 

Nel libro della Risurrezione di Cristo dell’Apostolo Bartolomeo (VII/VIII sec. Recensione Londra), che ricorda le apparizioni e le promesse di Gesù fatte alla Madre (9), così è raccontata l’ascensione trionfale al cielo del Signore: <<Tutti gli apostoli si rallegrarono grandemente quando intesero da Maria, sua madre, che il Signore era risorto dai morti. Ora il Signore si mosse per salire verso i cieli sul carro del Padre dell’universo. Tutti i figli di Adamo lo seguirono prigionieri, quasi seguissero un re di ritorno dalla guerra, vincitore dei suoi, in possesso di bottino… Il Salvatore Gesù, Signore nostro, prese il cammino con gioia. Gli angeli camminavano con lui, salvatore del mondo intero dai suoi peccati. I serafini gli cantavano inni, finché raggiunsero il settimo cielo. C’era là il tabernacolo del Padre, che non si può descrivere. Il Padre, seduto sul trono, salutò il Figlio diletto. Gli pose in testa un grande diadema di gloria e benedizione, che in quell’istante fece splendere il mondo intero con la sua luce brillante… Quando il Padre collocò il diadema in testa del Figlio suo diletto, gli disse, mentre ascoltavano tutte le schiere celesti degli angeli: << La pace sia con te… che tu sei re di pace e hai eseguito il volere di tuo Padre>>. Quindi disse agli angeli: <<Cantate con gioia inni gloriosi di ogni genere a mio Figlio, perché questo è il giorno della letizia, il giorno dell’esultazione, il giorno della felicità, il giorno dell’immortalità, il giorno splendido, il giorno splendido della libertà per la salvezza, il giorno di remissione dal peccato. Questo è il giorno in cui mio Figlio, il Signore di tutti voi, ha redendo il mondo intero dai suoi peccati>>. Il Padre disse ancora al Figlio: <<Vieni, siedi alla mia destra, mio figlio diletto, e ti darò la mia benedizione, mio Figlio diletto, in cui ho posto la mia compiacenza. Io sono tuo Padre e non c’è nessun altro dio fuor di te in cielo e in terra. Porrò i tuoi nemici sotto i tuoi piedi e tu regnerai dal trono della croce… Tu sei la fortezza… tu sei lo sposo… tu sei il santo paraclito. Amen>> (9-10).

Gerusalemme, all’interno della Cappella, secondo un’antica tradizione, è conservata la Pietra dell’Ascensione

I primi secoli della Chiesa, che furono caratterizzati da feroci persecuzioni contro i cristiani, non sembravano il periodo migliore per meditare sulla vita di Gesù, ed invece, i testi apocrifi raccolti da varie parti del mondo di allora e in diverse classi sociali, ci fanno constatare il contrario. A noi oggi, questi testi che appartengono alla storia del cristianesimo, esprimono la fede di quelle comunità, spesso ingenua e a volte anche con tesi eretiche, ci appaiono come vere testimonianze della repentina diffusione che il cristianesimo ebbe in quel tempo.

Mi sembra giusto e opportuno concludere questa breve ricerca sull’Ascensione di Gesù accompagnati dal santo vescovo Cirillo di Alessandria: <<Se presso il Padre – diceva il Signore – non vi fossero molte dimore, sarei andato molto prima a preparare le abitazioni ai santi. Ma sapendo che ve ne sono già molte preparate, che attendono l’arrivo di coloro che amano Dio, non è per questa ragione – disse – che mi allontanerò, ma perché il vostro ritorno sulla via del cielo è qualcosa che va preparato, in un luogo un tempo inaccessibile, da spianare. Il cielo infatti era assolutamente irraggiungibile per gli uomini, e mai prima di allora la natura umana era penetrata nel puro e santissimo luogo degli angeli. Cristo per primo ha inaugurato per noi quella via di accesso e ha dato all’uomo il modo di ascendervi, offrendo se stesso a Dio Padre quale primizia dei morti e di quelli che giacciono nella terra, e manifestandosi primo uomo agli spiriti celesti. Per questo gli angeli del cielo, ignorando il grande e augusto mistero di quella venuta in carne umana, attoniti, guardavano con meraviglia colui che ascendeva, e turbati dal nuovo e inaudito spettacolo, stavano per dire: «Chi è costui che viene da Edom?» (Is 63,1), cioè dalla terra.

Ma lo Spirito non permise che quella celeste moltitudine restasse ignara della meravigliosa sapienza di Dio Padre; comandò, anzi, di aprire le porte del cielo al Re e Signore dell’universo, esclamando: «Alzate, o principi, le vostre porte, alzatevi, porte eterne, ed entri il re della gloria» (Sal 23,7 Volg.). Dunque, il Signore nostro Gesù Cristo ha inaugurato per noi la via nuova e vivente, come dice Paolo: «Non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore» (Eb 9,24). In realtà Cristo non è asceso per manifestare se stesso davanti a Dio Padre: egli era, è e sarà sempre nel Padre e sotto lo sguardo di Colui che l’ha generato; è sempre l’oggetto della sua compiacenza.

Ma ora il Verbo è asceso come uomo dandosi a vedere in una maniera nuova e inusitata, poiché prima era privo dell’umanità. E questo per causa nostra e per nostro vantaggio, per cui, divenuto simile agli uomini, udì in tutta realtà, nella sua potenza di Figlio e come uomo: «Siedi alla mia destra» (Sal 109,1), onde trasmettere a tutto il genere umano, adottato in lui, la gloria della filiazione. È davvero uno di noi, in quanto è apparso alla destra di Dio e Padre come uomo, benché sia al di sopra di ogni creatura e consustanziale al Padre, essendo lo splendore di lui, Dio da Dio e luce da luce vera. È apparso dunque per noi davanti al Padre come uomo, per ripresentare a lui noi, che per l’antica prevaricazione eravamo stati allontanati dal suo volto. Si è assiso come Figlio, affinché noi pure sedessimo come figli e, in lui, fossimo chiamati figli di Dio.

Per ciò Paolo, il quale afferma di avere in sé Cristo che parla per suo mezzo, insegna che le cose avvenute a titolo speciale nei riguardi di Cristo sono comuni alla natura umana, dicendo: «Con lui ci ha risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo» (Ef 2,6). A Cristo spetta propria, mente, e a lui solo in quanto Figlio per natura, la dignità e la gloria di sedere insieme a Dio Padre. Ma poiché colui che siede è nostro simile essendo apparso come uomo, e contemporaneamente è riconosciuto Dio da Dio, perciò trasmette in qualche modo anche a noi la grazia della sua dignità>> (Cirillo d’Alessandria, Commento al vangelo di Giovanni, X,II, 16,6-7- vol. 3 Citta Nuova Ed. Roma, pag. 263-267). 

Diac. Dott. Sebastiano Mangano

già Cultore di Letteratura Cristiana Antica nella Facoltà di Lettere dell’Università di Catania

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