Cultura

Camillo de Lellis, iniziatore di una riforma nel campo sanitario le cui intuizioni e indicazioni conservano ancora oggi tutta la loro validità, nacque a Bucchianico di Chieti il 25 maggio 1550, che allora faceva parte del Regno di Napoli, che era possedimento spagnolo. Suo padre Giovanni, soldato di professione, gli trasmise il gusto dell’avventura e la passione per il gioco d’azzardo.

San Camillo de Lellis

Il giovane Camillo, che fin da fanciullo manifestò una vivacità esuberante e ribelle, imparò a malapena a leggere e a scrivere. Perduti a 13 anni la madre e a 17 il padre, intraprese la carriera militare come soldato di ventura a soldo della Repubblica di Venezia e della Spagna a Zara, Corfù e Tunisi.  Non si vantò mai delle imprese a cui aveva partecipato, e lui stesso confessò di essere stato un soldato motivato solo dallo stipendio che percepiva e che regolarmente, smanioso di divertimenti e allettato da miraggi di gloria, sperperava nel gioco, dove una volta perse tutto, financo la spada e la camicia. Giunse al punto di dover chiedere l’elemosina ai Cappuccini del convento di Manfredonia dove, nel 1574, si adattò a svolgere lavori anche umili.  Una piaga ad un piede lo obbligò a farsi curare nell’ospedale san Giacomo degli Incurabili di Roma.  

A 25 anni, il 2 febbraio 1575, dopo tante resistenze, aprì il suo cuore alla Grazia, come raccontava lui stesso, sulla strada fra San Giovanni Rotondo e Manfredonia. Chiese ed ottenne di vestire l’abito dei Cappuccini ed così poté entrare nel noviziato di Triento (Campobasso), che però dovette ben presto lasciare per il riaprirsi della piaga causata da una ferita al piede, che già quattro anni prima lo aveva costretto al ricovero. Tale conseguenza lo costrinse a tornare all’ospedale san Giacomo a Roma. Dopo la guarigione tentò di nuovo la vita religiosa ma, per il riacutizzarsi della ferita, fu costretto a rinunziare definitivamente ad essa. Fece ritorno a Roma dove restò per alcuni anni come sovrintendente del grande ospedale San Giacomo. Qui fu testimone diretto dell’abbandono e dell’incuria in cui versavano i malati assistiti nella grande corsia lunga più di cento metri e larga dieci in cui trovavano posto quasi duecento letti che potevano essere raddoppiati in caso di esigenze epidemiologiche. Ma dinanzi a queste grandi strutture ospedaliere, costruite in diverse città italiane, non corrispondeva una adeguata assistenza ai malati. Al di là della più assoluta mancanza dei più elementari principi igienici, propria di quel tempo, esistevano carenze molto gravi nel personale incaricato dell’assistenza che, oltre ad essere insufficiente, di norma veniva reclutato tra persone mercenarie che non avevano nessuna preparazione sanitaria. In questi ospedali, sempre affollati a causa delle frequenti epidemie, i malati non avevano nessuna assistenza materiale e igienica.

Addirittura allora si credeva che l’acqua e l’aria fossero dannose agli infermi. Tale pregiudizio faceva regnare nelle corsie un’aria pesante e maleodorante. Camillo si trovava in una struttura di questo tipo quando nel 1582 pensò di formare una Compagnia di uomini timorati che si consacrassero per amore di Dio all’assistenza ai malati <<non per mercede, ma volontariamente e per amore di Dio>>. Così nacque la “Compagnia dei Servi degli infermi”. Camillo, che era una persona “senza lettere” ed estraneo alle dispute teologiche del suo tempo, riprese gli studi e sotto la guida spirituale di Filippo Neri, il 26 maggio 1583 fu ordinato sacerdote. Il 15 settembre dello stesso anno diede l’abito religioso ai primi compagni. Il 18 marzo 1586 Sisto V approvò la Compagnia fondata da Camillo, denominata dei “Ministri degli Infermi”, concedendogli di portare sul petto, cucita all’abito e sul mantello nero una croce rossa. Il 29 giugno successivo, nella solennità dei Santi Pietro e Paolo, Camillo, con un gruppo dei suoi confratelli, che portavano la Croce rossa sul petto, fece la prima comparsa in pubblico nella grande Basilica di San Pietro in Vaticano.

Chiesa di Santa Maria Maddalena in Campo Marzio – Cappella di San Camillo de Lellis – Roma

Lo stesso anno la Compagnia entrò in possesso della chiesa di S. Maria Maddalena in Campo Marzio di Roma, Casa Madre dell’Ordine dei Ministri degli Infermi. Il 21 settembre 1591papa Gregorio XIV, con la Bolla di istituzione “Illius qui pro gregis”, elevava la Compagnia a Ordine religioso di Chierici Regolari. L’8 dicembre 1591, Camillo pronunziò con 25 compagni la professione solenne dei tre voti di povertà, di castità e di obbedienza, aggiungendone un quarto, quello dell’assistenza ai malati, ancorché appestati.

Dal 1588 Camillo fondò altre case a Napoli, Milano, Genova, Firenze, Bologna, Mantova, Ferrara, Messina, Palermo, Chieti, Bucchianico, Borgonovo, accettando, ovunque gli fu consentito di assistere i malati negli ospedali e i moribondi nelle loro case. Egli stesso eresse nuovi ospedali, di cui uno a Roma di 700 posti letto a Bocca della Verità. Per 40 anni Camillo pose la sua vita a servizio dei poveri e dei malati senza limiti e riserve. Entrò in tutti i campi della carità con sovrumano ardore. Gli ospedali, per opera sua e dei suoi confratelli, mutarono faccia. Sperimentò e dettò le regole <<per servire con ogni perfezione i malati>> e i feriti sui campi di battaglia, dove la sua croce rossa fece la prima comparsa nel 1596 a Strigonia, oggi Esztergom, in Ungheria, a seguito dell’armata di Francesco Aldobrandini. I suoi biografi scrivono che <<il portar soccorso anche in campo di battaglia, era un punto essenziale del suo programma di carità. Glielo aveva ispirato il ricordo degli orrori a suo tempo veduti e i gemiti dei feriti e dei morenti che sempre gli risuonavano all’orecchio>>. A Roma Camillo in tempi di carestia, epidemia, inondazione, organizzò soccorsi d’urgenza con l’intuizione immediata dei bisogni, con una tecnica perfetta e con una larghezza di mezzi che il suo genio innato gli suggeriva ma che era reso soprannaturale dalla carità. Nel 1607, Camillo de Lellis, all’età di 57 anni, rinunziò al governo del suo Ordine per attendere solo alla carità.

La monumentale  chiesa di san Camillo de Lellis in via dei Crociferi – Catania

La prima organizzazione assistenziale sanitaria ai soldati si concretizzò a Napoli  nel 1588 quando giunsero nel porto molte navi cariche di fanti spagnoli che dovevano dare il cambio alle guarnigioni di Filippo II di Spagna. La lunga e disagiata navigazione aveva provocato una epidemia colerica, tanto da far temere per la salute dell’intera città. Per tale motivo quei soldati spagnoli vennero accantonati in quarantena a Pozzuoli nel più completo abbandono, dove morivano privi del conforto di una persona cara e senza che una mano amica gli porgesse un bicchiere d’acqua. Il vicerè di Napoli, il conte Giovanni di Zunica <<non trovò nulla di meglio, a sollevarli, che dar loro ad infermieri quei bravi Padri i quali compivano meraviglie di carità>>. Benedetto Croce (1866 – Napoli – 1952), nella Critica, la Rivista di letteratura, storia e filosofia da lui, fondata nel gennaio 1903, nota che <<i Padri li trovarono quasi tutti così estenuati, sì squallidi, sì pieni di ogni schifezza e lordura da rimanere sulle prime impacciati e smarriti; ma poi metodicamente si ripartirono tra loro la somma del lavoro da compiere>> (VII, 1951). A causa del gran numero di soldati ammalati, i Figli di san Camillo <<trasformarono in ospedale-lazzaretto un vecchio palazzo presso il coliseo di quelle anticaglie>>. Il padre Sanzio Cicatelli, successore di san Camillo, nella  Vita del Padre Camillo de Lellis, stampata nel 1615, cioè un anno dopo la morte del Santo Fondatore,  scrisse: <<Giunti a Pozzuoli nell’ospedale dell’Annunziata dove era la massa dei soldati infermi, ivi cominciarono ad aiutarli nel seguente modo: Quando essi infermi erano portati dalle galee all’ospedale uno di loro con amorevolezza e carità grande gli riceveva, tosando i capelli e tagliando l’unghie, a chi n’aveva bisogno, essendo essi tutti pieni d’ogni schifezza; in altro li spogliava cavandogli i puzzolenti panni di dosso, che rendevano fetore peggio che di morte; un altro refrigerando i loro corpi ignudi, gli lavava da capo a piedi in un bagno di acque odorifere e calde; un altro li asciugava, e un altro finalmente li poneva a letto>>. Alcuni di questi figli della carità, Giovanni Battista Butricone di Napoli, Serafino da Galizano di Lucca e Angelo delle Marche, prestando soccorso ai soldati feriti, caddero sul campo di battaglia.

La prima volta che Camillo organizzò un’assistenza sul campo di battaglia fu nel 1595 accompagnando, su richiesta dei Principi italiani e con il consenso del papa Clemente VIII (1536 –1605), dato con il Breve Apostolico: Cun dilecti fili del 2 giugno 1595, i 30 mila soldati italiani in Ungheria, che si unirono all’armata del conte Carlo von Mansfeld per fermare i Turchi che minacciavano l’Europa. A causa della malferma salute, Camillo, che precedentemente aveva deciso di guidare lui stesso i suoi figli in terra d’Ungheria, dovette limitarsi, su ordine del papa <<a preparare la spedizione>>, quindi partì da Napoli, riuscendo ad accompagnare i suoi figli fino alla città di Trento, <<dove confina l’Italia>>, giungendovi il 19 giugno 1595. Camillo scrisse pure le norme e le consuetudini che gli assistenti dovevano osservare, dettando analiticamente una per una: <<Erano norme che riguardavano, tra l’altro, come dovevano procedere nelle città ad allestire gli ospedali ed altri ricoveri per i feriti, come improvvisare le ambulanze sul campo, e discese persino a certe cose minute, come provvedere ai medicinali e al materiale sanitario>>.

San Camillo in adorazione del Crocifisso.
Placido Costanzi  (1702 – 1759) — Chiesa di S. Maria Maddalena in Campo Marzio  – Roma.

Padre Cosma Lenzo, compagno del Santo, nella sua opera “Annales Religionis Cler. Reg. Ministrantium Infirmis, pubblicata nel 1641, scrive: <<Impartì molte direttive e molti insegnamenti sia a voce che per iscritto e insegnò che con i malati è necessario essere umani, calmi, non badando a fatiche e  pericoli… I Ministri degli Infermi da tali direttive non poco giovamento arrecarono ai soldati feriti, febbricitanti e ammalati, ovunque fossero, e in ogni tempo, di notte e di giorno, servendo loro di cuore e con carità nei viaggi, nei campi di battaglia, negli accampamenti, e li assistettero veramente con accurata diligenza, soprattutto negli ospedali della nobilissima città di Vienna, di Comarre (l’attuale Cormons), di Possonia, e di Ala, anche sotto le tende di Strigonia sopportando molte avversità>>. Prima della partenza delle truppe da Trento, Camillo, con le lacrime agli occhi, rivolse un infuocato discorso ai suoi Figli; li esortò a sacrificare tutto per i soldati, sia pure la vita. Egli concluse dicendo: <<La Croce che vi guarnisce il petto vi sia continuo rimedio a portare la mortificazione di Cristo in ogni luogo, incontrando ogni disagio e fatica per utilizzare il prossimo>>. Il comando militare dell’esercito italiano mise a disposizione dei Crocesignati un certo numero di soldati ed altri inservienti, per cui, possiamo dire, si vide costituito un vero corpo sanitario, organizzato dalla Croce rossa di Camillo, la quale si mise subito all’opera a preparare gli ospedali o gli “alberghi” in più luoghi <<come a Vienna d’Austria, a Comarre, a Possonia, ad Ala…>> come nota Domenico Regi nelle sue “Memorie Historiche del Venerabile P. Camillo De Lellis e de’ suoi Ministri degli Infermi”, Napoli 1676. Verso la zona di guerra, che fu soprattutto la piazzaforte di Strigonia assediata subito dagli italiani, e intorno a Vicegrado, presa d’assalto dal Duca di Mantova, furono eretti gli attendamenti ospedali nelle campagne all’aperto>>. <<Per il trasporto dei feriti, oltreché di lettighe e di carri ambulanza, si fece largo uso di barconi sui fiumi e canali. Erano le più comode ambulanze di allora>>.

Dopo la caduta di Strigonia e di Vicegrado, l’esercito ritornò in Italia insieme ai Figli di Camillo, il quale nel riabbracciarli pianse di consolazione per la fedeltà al mandato, ma anche per il dolore per la perdita del fratello Annibale Montagnoli da Padova, <<che sfinito dalle fatiche spirò sopra un carro ambulanza vicino a Presburgo e fu pietosamente sepolto alle rive del Danubio, lacrimato come un santo dai soldati che tanto l’amavano>>.

Una seconda ed una terza spedizione militare, sempre contro i Turchi, i quali, forti della loro potenza, insanguinavano l’Ungheria, la Transilvania e la Croazia, minacciando pure Vienna e gli altri stati d’Europa, avvenne nel 1597 e nel 1601.

I comandanti della spedizione composta di 23.000 fanti e 6.000 cavalli, il principe Aldobrandini, il Duca di Mantova e il Duca di Toscana Ferdinando I, chiesero a Camillo di organizzare nuovamente l’assistenza sanitaria e spirituale alle truppe. Camillo, non solo acconsentì ma concesse un maggior numero di religiosi della precedente spedizione, ripetendo così l’esperienza del corpo sanitario della campagna di Strigonia.

Gli storici ci raccontano che stenti e disagi furono inevitabili; le maggiori sofferenze li ebbero alla Fortezza di Kànizsa che si trovava sul confine tra la Croazia e la Bosnia. La battaglia si svolse dal 10 settembre al 28 ottobre. I ripetuti assalti dell’esercito cristiano a questa che era la piazzaforte della Croazia, furono cruenti. Proprio sotto le mura di questa città due figli di Camillo, P. Picuro e il fratello Bevilacqua, lasciarono la vita nell’adempimento del loro dovere.

Due secoli dopo, il 12 agosto 1864 a Ginevra, dopo lunghe discussioni e laboriose trattative diplomatiche, fu approvato quel testo definitivo che dava un preciso volto alla Croce Rossa. Lo scopo dell’Organizzazione era di soccorre i soldati feriti e ammalati in tempo di guerra. Dopo allargò il suo raggio di azione contemplando pure l’assistenza in tempo di epidemia, inondazione, carestia, terremoto, etc..

Stemma araldico Corpo Militare Volontario CRI

La Croce Rossa <<è il risultato delle considerazioni di Henry Dunant, che è stato un umanistaimprenditore e filantropo e viaggiatore svizzero di fede calvinista, Premio Nobel per la pace nel 1901 – il primo anno in cui venne assegnato tale riconoscimento, per aver fondato la Croce Rossa di cui erano già da alcuni decenni membri attivi molti paesi di tutto il mondo, tra cui anche l’Impero ottomano.  Dunant, passato per il campo di battaglia di Solferino, nella sola giornata del 24 giugno 1859, vide 40.000 soldati fuori combattimento, oltre quelli che morirono di sete e in seguito bruciati dall’arsura dell’alta febbre>>. Dinanzi a tanto strazio umano il Dunant, nel suo celebre opuscolo <<Un Souvenir de Solférino>> getta un grido di strazio all’umanità, perché i governi volessero finalmente organizzare un’associazione internazionale. Subito dopo l’apparizione di quell’opuscolo gli Stati iniziarono le trattative diplomatiche che portarono all’istituzione di questo Ente che il 12 agosto 1864 doveva essere approvato nel suo schema definitivo e vincolante per tutte le nazioni firmatarie.

Carlo Andersen, raccontando nel 1941 quanto vide “Il Viaggiatore Svizzero” passando per Solferino, scrive: <<Infine occorre dire che la Croce Rossa era già stata vista sul campo di battaglia di Solferino nel 1859. Dalle città di Verona, Mantova, Cremona circa 100 Fratelli Camilliani, la cui veste nera è segnata dalla croce rossa sulla destra del petto, parteciparono al servizio sanitario volontario durante e dopo la battaglia. Insieme a 36 infermiere, capitanate da una signora francese, svolsero un lavoro immenso e grandemente meritorio>>. Dunant non fa menzione alcuna di ciò nel suo opuscolo, per questo Andersen aggiunge: <<Non giova molto alla fama del protestante Dunant, che questo contributo dei Religiosi Cattolici non sia citato nemmeno con una parola nelle sue “Memorie di Solferino”. E’ impossibile che egli abbia ignorato questo fatto>>.

Nell’anno 1000 Haldova, moglie di Glums, riunì delle donne danesi per annunciare a loro: <<Assiteremo tutti coloro che si possono salvare, amici o nemici che siano>>; la Regina Isabella di Castiglia organizzò un’assistenza ai soldati feriti nell’assedio di Allòra nel 1484, poi alla resa di Malaga nel 1487 e, in ultimo, all’assedio di Granada nel 1489. Helena Paulowna (1784-1803), granduchessa di Russia, si prodigò a dare assistenza ai soldati feriti sui campi di battaglia; ma l’appellativo di “prima Samaritana” apparsa su un campo di battaglia, è stato attribuito all’infermiera britannica Florence Nightingale (1820 – 1910); “ClaraHarlowe Barton (1821 – 1912), che era una insegnante statunitense, ha  fondato la Croce Rossa della  sua nazione di cui fu anche  la  prima presidente. Essa,  che al motto: <<Seguiamo il cannone>>, guidò 2000 infermiere durante a guerra civile degli Stati Uniti d’America (1861-1863) per assistere i soldati. Fu anche promotrice del movimento umanitario nell’Ottocento. Ed infine Henry Dunant (1828 –1910), che con il suo opuscolo: “Souvenirs de Solferino” lanciò l’appello ai governanti per la costituzione di un Ente Internazionale a scopo sociale umanitario: la Croce Rossa.

Gli Stati però  rimasero quasi completamente estranei al problema dell’assistenza dei malati e dei feriti di guerra. Tuttavia qualche sporadico caso di assistenza si era registra durante la guerra per la successione al trono di Spagna tra il 1701 e il 1714, in cui si fecero alcune capitolazioni riguardo al personale religioso e sanitario. Pure in un trattato concluso tra la Francia e la Prussia nel 1743, vennero dichiarati asili inviolabili gli ospedali militari che per nessun motivo potevano essere bombardati. Solo nella metà del XIX secolo si maturò l’idea di un’intesa giuridica internazionale che si completò poi, fino a divenire un fatto compiuto, nella famosa CONVENZIONE DI GINEVRA del 1864.

Stemma araldico della Dir. Gen. della Sanità Militare Italiana

Ma l’appellativo di vero Precursore della Croce Rossa deve essere riconosciuto a san Camillo de Lellis. A tal proposito Carlo Andersen, facendo un breve ma cordiale riassunto sulle origini dei Camilliani, scrive: <<L’impulso religioso dell’impresa (l’assistenza in battaglia) si palesò molto più forte tra i cattolici Camilliani, che non tra i protestanti Johanniti di Prussia: ma entrambi gli Ordini occuparono un posto di primo piano nella misericordiosa opera di assistenza all’umanità>> (En Skabone under Genferkorset -Carl Allers Bogforlag, 1941, pag. 120). Anche il sacerdote gesuita inglese Cyril Charles Martindale (1879-1963), che rinunciò a una sicura carriera accademica per dedicarsi ad un apostolato di amore, rivolto a un mondo sofferente che <<aveva scioccamente volto le spalle a Dio>>, afferma esplicitamente che <<l’opera di carità organizzata anche sui campi di battaglia esisteva già da secoli ed era stata creata da Ordini religiosi. E dopo che il distintivo dell’Ordine di san Camillo, che era una grande croce rossa – scrive l’autore – non vedo perché non si abbia il diritto di chiamarlo “la prima croce rossa>>.

Oggi, è importante ricordare che la Croce Rossa che fregiava il petto di Camillo de Lellis e dei suoi Figli Ministri degl’Infermi sia stata la prima e per secoli la sola a comparire sui campi di battaglia, simbolo di fraternità e di soccorso morale e materiale, pegno di carità e di solidarietà verso i combattenti caduti. Questa Croce, ancora oggi accomuna quanti sotto uniformi e bandiere diverse, nelle silenziose corsie degli ospedali o nel clamore della battaglia, militano al servizio di un ideale superiore, dedicando la loro vita a lenire la sofferenza umana, a diffondere la luce di Cristo, a sostenere i fratelli caduti.

Camillo de Lellis, che morì a Roma il 14 luglio 1614 alla Maddalena dove è sepolto, venne canonizzato da Benedetto XIV il 29 luglio 1746. Leone XIII nel 1886 lo dichiarò assieme a san Giovanni di Dio,  “Patrono di tutti gli infermi e Spedali”.  Pio XI nel 1930 lo proclamò patrono del personale ospedaliero e il santo papa Paolo VI, con Breve Apostolico del 27 marzo 1974, accogliendo la richiesta dell’Ordinario Militare, mons. Mario Schierano e dei <<soldati addetti al servizio Sanitario>>, ha proclamato san Camillo de Lellis Patrono della Sanità Militare e quindi anche del Corpo Militare Volontario della Croce Rossa Italiana, Ausiliario delle Forze Armate, <<auspicando che l’esempio e l’intercessione di questo Santo intensifichino la carità e la cristiana pietà in tutti coloro che assistono i malati vedendo in essi il volto di Cristo stesso sofferente>>. La Chiesa Cattolica ne celebra la festa il 14 luglio, giorno del suo dies natalis al cielo.             

Diac. 1° Cap. CRI Sebastiano Mangano

Assistente Spirituale del Comitato Provinciale  CRI di Catania

Incaricato dall’Arcivescovo di Catania per la Pastorale delle Forze Armate

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