Cultura

San Girolamo (347-420) nel suo De viris illustribus così presenta Gregorio di Nissa: <<Gregorio, vescovo di Nissa, fratello di Basilio di Cesarea, pochi anni or sono, a me e a Gregorio di Nazianzo lesse dei libri Contro Eunomio. Si dice però che abbia scritto numerose altre opere, e che ancora ne scriva>> (Cap. 128).

Ascensione Giotto – Cappella degli Scrovegni Padova – 1305

Dei tre Padri Cappadoci, Basilio viene detto il “Grande”, Gregorio di Nazianzo, il “teologo”; ma il teologo veramente grande è invece Gregorio di Nissa, fratello minore di Basilio, che si è mostrato uomo di carattere meditativo, con grandi capacità di riflessione e di vivace intelligenza, aperta alla cultura del suo tempo. Si è rivelato così un pensatore originale e profondo nella storia del cristianesimo. Non dobbiamo dimenticare che un altro fratello di Basilio il Grande, Pietro, fu vescovo di Sebaste, l’odierna Sivas, in Armenia, ed è stato proclamato santo come i suoi fratelli.

Gregorio nacque a Cesarea di Cappadocia nel 335 circa, in una famiglia veramente cristiana; i suoi nonni erano stati discepoli di Gregorio il Taumaturgo (213 circa – 270 circa). La sua formazione cristiana fu curata particolarmente dal fratello Basilio – da lui definito «padre e maestro» (Ep. 13,4) – e dalla sorella Macrina. Gregorio compì gli studi, apprezzando particolarmente la filosofia e la retorica. In un primo tempo si dedicò all’insegnamento ed anche si sposò con la virtuosa Teoserbia, come si evince da una lettera inviata a Gregorio di Nazianzo (PG 37,321 A-324 B).

La più famosa rappresentazione del primo concilio di Costantinopoli, miniatura dalle Omelie di san Gregorio (manoscritto BnF Grec 510, 880 ca.)

Anch’egli, come Basilio e Gregorio di Nazianzo, passò un periodo della sua vita tra gli  gli studi filosofici che gli diedero una formazione molto completa e, quantunque avesse già ricevuto l’ordine del Lettorato, si dedicò alla retorica.  Ma quando suo fratello Basilio nel 370 divenne metropolita di Cesarea e quando tutti i suoi amici, ormai si erano dedicati al governo delle Chiese suffraganee di Cesarea. Anche Gregorio, nel 372, decise di lasciarsi ordinare vescovo di Nissa dal fratello Basilio. Anche a lui non furono risparmiate le pene: la sua fedeltà  alla fede di Nicea gli valse  di essere nel 376 l’oggetto delle persecuzioni del vicario del Ponto, Demostene, che favoriva gli ariani. Accusato a torto dagli avversari eretici di aver dilapidato i beni della sua Chiesa, Gregorio  nello stesso anno fu deposto e sostituito da un vescovo ariano nominato da Demostene. Gregorio si sottrasse all’arresto con la fuga. Quando  nel 378, con la morte dell’imperatore Valente, che era un fervente ariano ed era riuscito ad imporre questa confessione religiosa  sia attraverso dei concili sia con la forza,  la situazione cambiò, Gregorio poté ritornare a Nissa, accolto dall’entusiasmo dei fedeli, e continuò così ad impegnarsi nella lotta per difendere la vera fede.

La sua fama di oratore e di campione dell’ortodossia indusse i Padri del concilio di Antiochia del 379 ad affidargli il delicato incarico di visitatore delle Chiese del Ponto. Durante questo viaggio, i cittadini di Sebaste nella Piccola Armenia, lo elessero a forza metropolita, trattenendolo alcuni mesi tra di loro. Nel concilio di Costantinopoli del 381, Gregorio fu uno dei massimi teologi dell’ortodossia; perciò una legge dell’imperatore Teodosio (347–395), rendente a liberare definitivamente la Chiesa dall’arianesimo, lo nominò vescovo della diocesi politica del Ponto. Quanto fosse tenuto in considerazione Gregorio lo dimostra l’incarico a lui affidato di tenere alcuni elogi funebri per i membri della famiglia imperiale: per la principessa Pulcheria e per la madre  di lei, l’imperatrice Flaccilla. Nel 385, morta sua moglie Teosebia, Gregorio si dedicò alla vita monastica occupandosi della comunità fondata dal fratello Basilio e attendendo alla composizione di opere ascetiche.  Dopo l’anno 394, nel quale Gregorio partecipò ad un sinodo a Costantinopoli, non abbiamo più notizie di lui .

Gerusalemme – Monte degli Ulivi – La cappella dell’Ascensione

La sua produzione letteraria comprende opere dogmatiche, scritti esegetici, omelie, scritti ascetici, sermoni ed epistole. Tra le opere dogmatiche la più importante è i Dodici libri contro Eunomio (che san Girolamo attesta di aver letto (De vir. ill,, cap.128), che sono la giustapposizione di quattro opere diverse composte tra il 380 e il 383. Le prime tre sono confutazioni a scritti polemici di Eunomio, quindi contro di lui diretti; la quarta contesta la professione di fede sostenuta dallo stesso Eunomio. Due scritti impugnano la dottrina di Apollinare di Laodicea: Adversus Apollinarem ad Theophilum episcopum  Alexandrinum, mentre  l’Adversus Apollinarem contesta in particolare l’opera di Apollinare Esposizione dell’Incarnazione di Dio. In essa l’eretico  propugna l’idea che il corpo di Cristo è disceso dal cielo e che il Logos divino ha assunto in esso il posto del nous umano.

Gregorio scrisse pure Contro i pneumatomachi o macedoniani un’ampia esposizione dogmatica in Oratio catechetica magna (Grande discorso catechetico).  Brevi esposizioni dogmatiche sono  invece Ad Eustazio  e alla santa Trinità, Ad Abladio, ossia che non vi sono tre dèiContro i Greci, sul fondamento delle verità razionali da tutti ammesse; A Simplicio, sulla fede nel Padre, Figlio e Spirito Santo.

Il dialogo De anima et resurrectione (L’anima e la risurrezione) del 381, è la conversazione che ebbe Gregorio e sua sorella Macrina, dal letto di morte; un altro dialogo Contra fatum (Contro il fato), difende la libertà del volere umano; lo scritto Ad Hierium Cappadociae prefectum de infantibus qui praematurae abripiuntur  (Al prefetto Iero di Cappadocia sui bambini che muoiono prematuramente), affronta i problemi creati dalla morte immatura dell’uomo.

Gerusalemme, all’interno della Cappella, secondo un’antica tradizione, è conservata la Pietra dell’Ascensione

Nelle opere ascetiche troviamo il De virginitate, che rappresenta l’anima quale sposa di Cristo e la Vita di Sancta Macrina, che è la biografia veramente edificante di sua sorella. Possiamo  poi considerare altri quattro scritti: Ad Harmonium quid nomen professione christianorum sibi velit (Ad Armonio, ossia ciò che importa il nome e la professione di cristiano); Ad Olympium monachum et qualem oporteat esse Christianum (Al monaco Olimpio, quale debba essere  il cristiano); De proposito secundum Deum et exercitatione iuxsta veritatem et ad religiosos qui proposuerunt quaestionem de pietatis scopo (Il proposito secondo Dio e l’esercitazione secondo la verità ed ai monaci che avevano chiesto quale sia lo scopo della pietà); Adversus eos qui castigationes aegre ferunt  (Per coloro che male sopportano i castighi).

Vangeli di Rabbula Folio 13v con miniature dell’Ascensione– testo siriaco – VI sec. Biblioteca Medicea Laurenziana

Negli scritti esegetici troviamo anche il De hominis opificio (La formazione dell’uomo) del 379 circa, che intende completare le omelie sulla creazione d Basilio, il quale non aveva potuto commentare la creazione dell’uomo, e l’Explicatio apologetica in Hexameron (L’Apologetico intorno all’Esamerone) anch’esso del 379, dove spiega i passi oscuri e risolve apparenti contraddizioni. In queste due opere l’esegesi del Nisseno è letteraria, invece nel De vita Moysis (La vita di Mosè) del 390.392, presenta, sull’esempio del filosofo ebreo Filone d’Alessandria (20 a.C. ca. – 45 d.C. ca.), la vita di Mosè quale tipo dell’ascesa dell’anima a Dio. Nel breve saggio De Pytonissa, Gregorio non spiega il senso letterale del passo biblico (1Sam 28,3ss) come Origene, ma ammette che un demonio abbia assunto la figura della profetessa. In Psalmorum inscriptiones (Le iscrizioni dei Salmi), Gregorio cerca di interpretare i 5 libri del Salterio quale introduzione alla vita mistica. Le 8 omelie sull’Ecclesiastico (il Siracide) insegnano a staccare lo spirito dei beni sensibili e giungere così alla pace. Le 15 omelie sul Cantico dei Cantici rappresentano le mistiche nozze di Dio con l’anima.

Per il Nuovo Testamento egli scrisse 8 Omelie sulle beatitudini, 5 sull’orazione  del Signore, a commento del Padre nostro, e 2 sulla prima Lettera ai Corinzi (sulla fornicazione 6,18 e 15,28 sulla risurrezione).

Oltre a quanto qui è stato riportato, abbiamo anche 30 lettere di carattere personale, che sono interessanti sotto l’aspetto storico.   

Desidero concludere questa breve riflessione su Gregorio di Nissa riportando alcuni passi dell’omelia In Christi Ascensionem che, secondo autorevoli studiosi, è la più antica conosciuta su questa solennità:

I tre padri cappadoci Basilio Magno, Gregorio di Nissa, Gregorio di Nazianzo detti “luminari di Cappadocia”

<<La terra e quanto essa contiene appartiene al Signore (Sal 23,1ss). Che cosa avviene, dunque, di nuovo, o uomo, se il nostro Dio fu visto in terra, se visse con gli uomini? Egli stesso creò la terra e la stabilì [con leggi]. Per la qual cosa non è né cosa insolita, né assurda che il Signore venga presso le proprie creature. Infatti, egli non si trova in un mondo straniero, ma proprio in quello che egli stesso stabilì e creò, che poggiò la terra sui mari e fece in modo che fosse situata nella posizione migliore presso il corso dei fiumi. Per quale causa, poi, egli venne se non perché dopo averti liberato dalla voragine del peccato, ti conducesse sul monte, il carro del regno, cioè la pratica della virtù durante l`ascensione ? Non si può, infatti, ascendere su quel monte, se non ti servi delle virtù come compagne (di viaggio), e, con le mani pure da ogni colpa, e non macchiato da alcun delitto, con il cuore innocente non volgi il tuo animo a nessuna vanità e né inganni il tuo fratello con frode. La benedizione è il premio di tale ascensione, e ad essa il Signore largisce la sua misericordia. Questa è la generazione delle anime che lo cercano, di quelle che salgono in alto per mezzo della virtù, e di quelle che cercano il volto del Dio di Giacobbe. La rimanente parte di questo salmo è più  sublime, forse, anche per il tono evangelico e la dottrina. Infatti, il Vangelo del Signore narra le abitudini e la vita che egli condusse in terra, e il suo ritorno in Cielo. Questo sommo Profeta, d`altronde, innalzandosi sopra se stesso, come se non fosse impedito da nessun peso del corpo, entra nei Celesti Poteri, e ci riferisce le loro voci, allorché, accompagnando il Signore che ritornava in Cielo, agli angeli che risiedono sulla terra, ai quali fu affidata la venuta nella vita umana, danno ordini in questo modo: Togliete, o principi, le vostre porte, e voi, porte eterne, elevatevi: entrerà il Re della gloria. E poiché, dovunque, sarà presente colui che in se stesso contiene tutte le cose, misura (se stesso) secondo la capienza di quelli che lo ricevono; e né solamente, infatti, tra gli uomini si fa uomo, ma anche tra gli angeli si trova, e si libera alla loro natura: per questo i custodi delle porte interrogano il narratore: Chi è questo Re della gloria? Rispondono loro e lo manifestano come forte e potente in battaglia, che combatterà contro colui che tratteneva la natura umana prigioniera nella schiavitù, e rovescerà colui che aveva il dominio della morte (Eb 2,14); in tal modo, debellato il pericolosissimo nemico, riconducesse il genere umano nella libertà e nella pace… Di nuovo ripete le medesime voci. Adempiuto, infatti, è già il mistero della morte e la vittoria è stata riportata sui nemici e contro di essi è stato rivolto il trofeo della croce. Ascese in alto, conducendo prigioniera la schiavitù  (Sal 67,19) colui che concesse agli uomini la vita, il regno, e questi importanti doni. Poste per lui, di nuovo si debbono spalancare le porte. Gli vanno incontro i nostri custodi, i quali impongono di chiudere le porte, affinché di nuovo consegua la gloria in essi. Ma essi non conoscono colui che si è rivestito della veste macchiata della nostra vita, i cui abiti sono rossi dal torchio dei peccati degli uomini. Perciò, di nuovo i suoi compagni sono interrogati da quelle parole: Chi è questo Re della gloria? Ma non sarà risposto più: Forte, potente in battaglia, ma il Signore delle potenze, che ottenne il dominio del mondo, che assomma in sé tutte le cose, che in tutte possiede le prime, che restituì tutte le cose all`antica condizione, questi è il re della gloria>> (Gregorio di Nissa, In christi Ascensionem:PG 46, 689-694, passim).

Gregorio di Nissa, che è ritenuto il più speculativo dei Padri cappadoci e il più profondo dei Padri greci del IV sec., nonché oratore molto stimato,  morì poco dopo il 394. Il Martirologio Romano così lo ricorda: <<A Nissa in Cappadocia, nell’odierna Turchia, san Gregorio, vescovo, fratello di san Basilio Magno, illustre per vita e per dottrina, a motivo della retta fede da lui professata fu scacciato dalla sua città dall’imperatore ariano Valente>>. La Chiesa cattolica e tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi celebrano la memoria di san Gregorio di Nissa il 10 gennaio.

Diac. Dott. Sebastiano Mangano

già Cultore di Letteratura Cristiana Antica nella Facoltà di Lettere dell’Università di Catania

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