Cultura

Girolamo di Stridone (ca. 347 – 420), nel suo De viris illustribus, composto nel 392, così presenta Ireneo di Lione: <<Ireneo, prete del vescovo Potino, che reggeva la Chiesa di Lione in Gallia fu inviato a Roma dai martiri di quella città, come delegato per alcune questioni della Chiesa, recando al vescovo Eleutero una lettera di grande stima nei propri confronti.. Poi succedette a Potino, caduto martire per Cristo all’età di quasi novant’anni.

Risulta pure che fu discepolo di Policarpo (di Smirne), sacerdote e martire… Scrisse cinque libri Contro le eresie, un opuscolo Contro i Pagani, intitolato Sulla scienza; inoltre, un libro dedicato al fratello di nome Marciano, Sulla predicazione apostolica, e un libro di vari discorsi, una lettera a  Blasto Sullo scisma, e un’altra a Florino  Sull’unità di Dio, ovvero che Dio non è autore del male; poi, un eccellente commento Sulla Ogdoade, alla fine del quale, facendo risaltare d’essere stato vicinissimo all’età apostolica, volle annotare: <<Scongiuro te, che trascriverai questo libro – per il Signore Gesù Cristo e la sua gloriosa parusia, quando verrà a giudicare i vivi e i morti -, di raffrontare  quanto hai copiato e di correggerlo con ogni diligenza, sulla scorta dell’esemplare, dal quale hai copiato. Trascriverai pure questa supplica, così come l’hai trovata nell’esemplare>>. Di lui circola pure una lettera Al vescovo di Roma Vittore, a proposito della questione pasquale. In essa lo esorta a non scindere troppo facilmente l’unità del collegio episcopale. Vittore infatti aveva pensato di dover condannare molti vescovi d’Asia e d’Oriente, i quali celebravano la Pasqua insieme ai  Giudei, nel quattordicesimo  giorno del mese di Nisan. Ma su tale giudizio non furono solidali con Vittore quelli che pure dissentivano dai suddetti vescovi. Egli fiorì soprattutto sotto l’imperatore Commodo,  successore di M. Antonino Vero>> (Cap. XXXV).

Festa dell’Immacolata Concezione. La Vergine SS. Immacolata sull’artistico fercolo nel Santuario omonimo di Catania. Foto di Giovanni Crisafulli

Ireneo è stato il primo padre della Chiesa che ha presupposto concettualmente e svolto teologicamente il concetto di Chiesa cattolica, cioè  nel senso di ecumenica. In ciò non differisce fondamentalmente da Ignazio d’Antiochia (35-107), che per la prima volta scrive alla Chiesa di Smirne:  <<Dove compare il vescovo, là sia la comunità, come là dove c’è Gesù Cristo ivi è la Chiesa cattolica>> (Smirn., 8,2). 

Ireneo, nato nell’Asia Minore fra il 135 e il 140, dopo aver ascoltato la predicazione di Policarpo di Smirne, andò in Gallia. Nel 177/178, quale presbitero della Chiesa di Lione, dove era già scoppiatala la disputa sull’eresia predicata da Montano, fu inviato a Roma per discutere con papa Eleutero la questione riguardante il montanismo e, nello stesso tempo, fungere da intermediario. Al suo ritorno a Lione, succedette al vescovo nonagenario Potino che nel 177  era stato martirizzato sotto l’imperatore Marco Aurelio (121-180). Nel 190 intervenne nella controversia quartodecimana circa la data della celebrazione della Pasqua che originò un acceso contrasto tra papa Vittore (189-198) e l’episcopato dell’Asia Minore. Ireneo, scrive Eusebio di Cesarea, si distinse come omileta (Hist. eccl, V,24,9).

La nascita dello studio della mariologia, secondo alcuni autori, coincide con l’opera teologica di Ireneo di Lione. Egli fu il primo ad individuare e a sviluppare la dottrina paolina del Cristo nuovo Adamo (Rm 5,12-21) e a riservare a Maria un posto rilevante nella sua teologia. Maria  è presente un po’ ovunque nell’opera di Ireneo, in modo concreto e discreto, ma sufficiente a dire che l’economia seguita da Dio per la salvezza dell’uomo altro non è che l’economia della Vergine. Lei che ha <<portato>> Dio, ne è stata la Madre (Adv. haer., 5,19,1). La concezione verginale di Cristo è stata il principio della rigenerazione del genere umano (Adv. haer., 4,33,4); questa viene operata nella Chiesa, nuovo paradiso terrestre, dove l’uomo viene introdotto da  Cristo, nuovo Adamo nato da donna –Vergine (Adv. haer., 20,2,21).                                                                             

Ireneo di Lione

Presso i Padri e gli scrittori dei primi secoli la dottrina dell’Immacolata Concezione è implicita nel frequente  parallelismo Eva-Maria. Prima di Ireneo di Lione (130-202)  pochi scrittori cristiani avevano parlato di Maria perché la Chiesa era all’inizio del suo approfondimento teologico sui misteri della storia della salvezza. Le voci sono quelle di Ignazio di Antiochia (†107), Giustino di Nablus (†150) e un po’ più tardi  del cartaginese Tertulliano (†230). Questi padri per primi hanno sottolineato il parallelismo Eva-Maria. La dottrina era presente in quasi tutta la Chiesa di quel tempo: Giustino di Nabus l’attesta per Roma; Ireneo di Lione  la testimonia per le Gallie; Tertulliano ne parla per l’Africa ed anche per Roma. Ecco come si esprime  il filosofo martire Giustino nel Dialogo con il giudeo  Trifone, (c. 100, 5): «Sappiamo che Gesù ebbe origine da Dio prima di tutte le creature e si incarnò in una Vergine. Dalla stessa creatura da cui, per mezzo del serpente, ebbe principio la disubbidienza, doveva avere inizio anche la redenzione. Eva, vergine, senza corruzione, aveva ubbidito alle lusinghe del serpente e così aveva dato principio al peccato e alla morte. La vergine Maria accolse con fede gioiosa l’angelo inviato a darle il glorioso annuncio che lo Spirito del Signore sarebbe disceso in lei e la potenza dell’Altissimo l’avrebbe adombrata e così l’essere santo nato da lei sarebbe stato il Figlio di Dio. Essa rispose: sia fatto di me secondo la tua parola»7. Da Giustino dipenderà Ireneo che, a sua volta, influirà su Tertulliano, il quale nel De carne Christi (17), scrive: «Dio riacquistò la sua immagine e somiglianza negli uomini per la stessa via per cui il demonio l’aveva cancellata. Eva ancora vergine aveva lasciato penetrare in se stessa la parola, operatrice di morte. Bisognava che penetrasse pure in una vergine la parola che doveva creare la nuova vita. Soltanto così gli uomini, che erano stati ridotti in rovina da una donna, potevano essere ricondotti sulla via della salvezza. Eva aveva creduto al serpente, Maria credette a Gabriele. Il peccato commesso da Eva nell’affidarsi al serpente, fu cancellato dalla fede di Maria».

Anche Ireneo di Lione aveva visto in Maria la donna che aveva ristabilito l’equilibrio rotto da Eva. A dimostrare ciò, Ireneo ripropone il parallelo Eva-Maria. La dottrina che il vescovo di Lione esponeva faceva parte allora, come oggi, del pensiero cristiano, ed era conosciuta da tutti e  da nessuno contestata.

È molto suggestiva l’ipotesi di individuare la fonte della dottrina mariologica di Ireneo negli scritti apostolici di san Giovanni  (J.B. TERRIEN, La Mère de Dieu et la Mère des hommes d’après les Pères et la théologie, Paris 1902, p. 13).


Il vescovo di Lione era a contatto con l’epoca apostolica per mezzo del suo maestro Policarpo di Smirne. Lo si comprende da una lettera piena d’umanità, che lo stesso Ireneo scrive al condiscepolo Florino: «Io ti ho conosciuto quand’ero ragazzo, ed è stato nell’Asia inferiore, presso Policarpo… Le cose d’allora le rammento meglio di quelle recenti. Perché ciò che si apprende nella fanciullezza forma un tutt’uno con la nostra vita, e si sviluppa e cresce con essa. Io ti potrei dire il luogo dove il beato Policarpo era solito sedersi per parlarci, e come entrava in argomento, quale vita conduceva, quale era l’aspetto della sua persona, i discorsi che teneva al popolo, come ci discorreva degli intimi rapporti da lui avuti con Giovanni e con gli altri che avevano visto il Signore, e dei quali rammentava le parole e le cose da loro udite intorno al Signore, ai suoi miracoli, alla sua dottrina… Queste cose che allora per dono della divina misericordia attentamente ascoltai; le conservo nella memoria, non già sulla carta, ma nell’intimo del cuore e, grazie a Dio, assiduamente e amorosamente le ripenso»(Eusebio, Storia ecclesiastica, V, 20, 4-7).

Corridoio di accesso alla cripta di sant’Ireneo di Lione. Qui i primi cristiani seppellivano i loro defunti

Tra le cose udite attentamente da Ireneo e da lui conservate nella memoria  e  ripensate, ci sono state anche quelle che Giovanni aveva affidato alle pagine del suo vangelo e della sua Apocalisse, su Maria, la mulier amicta solis, cioè l’Immacolata <<rivestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle>>  (Ap 12,1). Il pensiero di Ireneo si comprende pienamente se si tiene presente la teoria, che è stata peculiarmente sua, della «ricapitolazione». Con essa Ireneo indicava una specie di nuovo inizio, per mezzo del quale Dio ripercorreva le stesse tappe percorse dal male per avvelenare la terra. Dio riprende tutta la creazione, animata e inanimata, la restaura, la rinnova,  la riorganizza nel suo Figlio incarnato, che diviene per noi un secondo Adamo. Ma per aver chiaro questo aspetto, Ireneo stabilisce un parallelismo fra i due Adami. Il primo Adamo era stato modellato <<con una terra intatta e ancora vergine>> il secondo Adamo invece è frutto di una maternità verginale. Per formare l’Uomo nuovo, Dio non ha preso fango, come aveva satto nella prima creazione dell’uomo. La carne di Cristo è la stessa di Adamo, trasmessa per eredità e ricevuta veramente dalla vergine Maria: «Egli non avrebbe avuto realmente il sangue e la carne, per mezzo dei quali ci ha redenti, se non avesse ricapitolato in se stesso l’antica opera modellata, cioè Adamo»(Adv haer, 5,1,2).


Il Verbo diviene il nostro capo. Facendosi uomo e identificandosi con l’umanità egli dà all’uomo la capacità di vincere il diavolo e di salvarsi realmente. Ma bisognava, spiega Ireneo, che il processo di restaurazione rispondesse, in senso inverso, a quello della caduta. Come in questa il nodo che ci assoggettava alla morte era stato duplice, formato dalla disobbedienza di Eva e di Adamo, così per entrare alla vita non poteva non esserci la duplice obbedienza di Cristo e di Maria. Ireneo chiarifica così come noi abbiamo ritrovato in Gesù Cristo ciò che avevamo perduto in Adamo, e cioè l’immagine e la somiglianza con Dio: «Come per la disobbedienza di uno solo il peccato è entrato, e con il peccato, la morte, così per l’obbedienza di uno solo, la giustizia è venuta a ridare la vita agli uomini che erano morti. E come Adamo, la prima creatura, fu fatta da terra, ancora vergine… così il Verbo ha ricapitolato Adamo in se stesso, nascendo da Maria, rimasta vergine, egli ha ricapitolato in se la nascita di Adamo… Se Adamo è stato fatto da Dio con terra, bisogna che colui che lo ricapitola in se stesso sia un uomo creato da Dio a somiglianza della formazione di Adamo. E perché Dio non ha preso una seconda volta del fango, ma ha voluto che il Salvatore nascesse da Maria? Affinché non sia un’altra creatura che è stata salvata, ma, fosse ricapitolata quella stessa, che era decaduta…»13 13 (Adv. haer., 3,21,10).

Ireneo ritorna ancora sulla sua idea e scrive: «Maria, la vergine, si mostrò obbediente, dicendo «Ecco la tua serva, Signore: si faccia di me secondo la tua parola». Eva fu disobbediente: disobbedì quando era ancora vergine. Se Eva, sposa d’Adamo, e tuttavia vergine ancora, …divenne disobbediente e fu, per se stessa e per tutto il genere umano, causa di morte, Maria, fidanzata ma tuttavia vergine, è divenuta per la sua obbedienza, causa di salvezza per se e per tutto il genere umano… Il nodo formato dalla disobbedienza di Eva non ha potuto essere sciolto se non dall’obbedienza di Maria. Ciò che la vergine Eva aveva legato con la sua incredulità, la vergine Maria l’ha sciolto con la sua fede» (Adv. haer., 3,22,4).

L’argomento è trattato ancora da Ireneo quando mette in corrispondenza il fatto dell’Annunciazione con quello della tentazione nel paradiso terrestre:
«Il Signore venne nel suo dominio… e compì la riparazione della disobbedienza commessa sotto l’albero della scienza, obbedendo lui stesso sull’albero della croce, per riparare la seduzione subita disgraziatamente da Eva, sposa ma ancora vergine, la buona novella di verità fu portata dall’angelo a Maria, fidanzata ma vergine. Mentre Eva, sedotta dal discorso dell’angelo, si allontanò da Dio e tradì la sua parola, Maria invece ascoltò dall’angelo la buona novella di verità, portò Dio nel suo seno per aver obbedito alla sua parola. Eva aveva disobbedito a Dio, Maria consentì a obbedire a Dio, così Eva vergine ebbe come avvocata Maria vergine. Il genere umano incatenato da una vergine, è liberato da una vergine, alla disobbedienza verginale fa equilibrio l’obbedienza verginale. Al peccato del primo uomo, rimedia la sofferenza del Figlio primogenito, la prudenza del serpente cede alla semplicità della colomba, e i legami che ci incatenano alla morte, sono sciolti» (Adv. haer., 5,19,1).

Dalle parole di Ireneo, <<il prete della Chiesa e zelatore del testamento di Cristo>> (Eusebio di Cesare, Hist. eccl., V,4), Maria è la causa universale della salvezza; nella sua semplicità di colomba trionfa dell’astuzia del serpente; nella sua fede scioglie i lacci con i quali Eva aveva legato l’uomo alla schiavitù del demonio; nella sua obbedienza ripara i danni provocati dalla disobbedienza della prima donna; di questa diviene l’«avvocata», colei che porta un aiuto efficace alla infelice madre dei viventi; Maria è «la vera madre del genere umano». Ireneo è talmente penetrato da questa idea, che quando parla della nascita di Cristo, definisce Maria il grembo «che rigenera gli uomini in Dio…» (Adv. haer., 4,33,11). In altre parole Maria è madre di tutti gli uomini.
Il parallelo Eva-Maria, accennato da Giustino e sviluppato da Ireneo non sarà dimenticato, ma continuerà nel corso dei secoli.

Ireneo di Lione, che il 21 gennaio 2022 è stato proclamato da papa Francesco dottore della Chiesa con il titolo di doctor unitatis, si accosta a Maria e l’ammira per l’opera che lei svolge nel mistero della salvezza. Da vescovo Ireneo partecipa ai suoi cristiani del II secolo  la sua dottrina e li orienta verso la nuova Eva, sempre associata al Cristo, in un principio totale di salvezza e di vita. L’economia di Dio relativa alla nostra salvezza è null’altro che l’economia della Vergine. «Il Verbo di Dio – scrive Ireneo – si è fatto carne conformemente all’economia che include la Vergine per distruggere la morte e dare la vita all’uomo» (Ireneo, Dimostrazione della predicazione apostolica, SC 62, n. 37, pag. 91).

Maria, discendendo da Adamo per via di naturale generazione, come tutti gli uomini e le donne di tutti i tempi, nell’atto in cui l’anima veniva unita al corpo, avrebbe dovuto contrarre la colpa originale. Ma per lei, affinché fosse una <<degna abitazione di Dio>>, fu fatta eccezione: pertanto, se tutte le creature umane vennero liberati da Cristo Redentore dal peccato originale, dopo averlo contratto, la Vergine fu preservata dal contrarlo. Questa unica eccezione alla legge comune è stata solennemente definita dalla Chiesa come rivelata da Dio e perciò contenuta nelle fonti della rivelazione.

Il beato Pio IX, l’8 dicembre 1854, con la  Costituzione Apostolica«Ineffabilis Deus>>definì dogma di fede l’immacolato concepimento della Beata Vergine Maria: <<Dopo aver offerto senza interruzione, nell’umiltà e nel digiuno, le Nostre private preghiere e quelle pubbliche della Chiesa a Dio Padre, per mezzo del suo Figlio, affinché si degnasse di dirigere e sostenere la Nostra mente con la virtù dello Spirito Santo; dopo aver implorato il soccorso di tutta la corte celeste, e invocato con gemiti lo Spirito consolatore, per sua ispirazione, a onore della Santa e indivisibile Trinità, a decoro e ornamento della Vergine Madre di Dio, a esaltazione della fede cattolica, e a incremento della religione cristiana, con l’autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei beati apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dichiariamo, pronunziamo e definiamo: La dottrina, che sostiene che la Beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia di peccato originale, è stata rivelata da Dio e perciò si deve credere fermamente e inviolabilmente da tutti i fedeli. Quindi, se qualcuno (che Dio non voglia!) deliberatamente presumerà di pensare diversamente da quanto è stato da Noi definito, conosca e sappia di essere condannato dal suo proprio giudizio, di aver fatto naufragio nella fede, di essersi separato dall’unità della Chiesa, e di essere inoltre incorso da sé, «per il fatto stesso», nelle pene stabilite dalle leggi contro colui che osa manifestare oralmente o per iscritto, o in qualsiasi altro modo esterno, gli errori che pensa nel suo cuore>>.

Allegoria dell’Immacolata Concezione
Giorgio Vasari (1511 – 1574) – Galleria degli Uffizi – Firenze

Il Martirologio Romano così fa: <<Memoria di sant’Ireneo, vescovo, che, come attesta san Girolamo, fu da piccolo, discepolo di san Policarpo di Smirne e custodì fedelmente la memoria dell’età  apostolica; fattosi sacerdote del clero di Lione , succedette al vescovo san Potino e si tramanda che come lui  sia stato coronato da glorioso martirio. Molto disputò al riguardo della tradizione apostolica e pubblicò una celebre opera contro le eresie a difesa della fede cattolica>>.

Ireneo, che <<terminò la sua vita con il martirio>> nel 202, nel corso di una sanguinosa persecuzione, molto probabilmente quella di Settimio Severo, scoppiata tra gli anni  202-203, venne sepolto nella chiesa di San Giovanni a Lione, che più tardi venne chiamata di Sant’Ireneo. La sua tomba e i suoi resti vennero distrutti nel 1562 dagli Ugonotti durante le guerre di religione francesi.

La Chiesa Cattolica e tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi celebrano la Memoria di sant’Ireneo di Lione  il 28 giugno.

Diac. Dott. Sebastiano Mangano

già Cultore di Letteratura Cristiana Antica

nella Facoltà di Lettere dell’Università di Catania

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenti sul post