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Girolamo di Stridone (347-420), nel suo De viris illustribus, composto nel 392, così presenta Metodio vescovo di Olimpo e martire: <<Metodio, vescovo di Olimpo in Licia, e successivamente di Tiro, con stile limpido e simmetrico, compose libri Contro Porfirio, il Simposio delle dieci vergini; un’opera eccellente Sulla risurrezione contro Origene, e, contro il medesimo, Sulla Pitonessa e Sul libero arbitrio. Scrisse, inoltre, Commenti alla Genesi e Sul Cantico dei Cantici, e numerose altre opere, che trovano  molte lettori dappertutto. Sul finire dell’ultima persecuzione, o, come altri sostengono, sotto Decio e Valeriano, subì il martirio in Calcide di Grecia>> (cap. 83).

Metodio

Metodio (250-311), noto anche con il nome di Eubulios, secondo la testimonianza  di Epifanio di Salamina (315-403) (Panarion, in latino Adversus omnes haereses LXIV,63), è uno dei più misteriosi  Padri greci che scrissero prima della pace nella Chiesa. Eusebio di Cesarea (265-340) non nomina Metodio nella sua Storia ecclesiastica; il primo che lo cita invece  è Girolamo nel suo De viris illustribus. Socrates Scolastico (380 ca.- 440 ca) nella sua Storia ecclesiastica (VI,13: PG 57,701) menziona Metodio come <<vescovo della città di Licia di nome Olimpo>>. Nel De sectis, attribuito a Leonzio di Bisanzio (485 ca.- 543) (Actio, III: PG 86,1213A),  Metodio viene nominato come vescovo di Patara. Ma, notizie non suffragate da documenti gli attribuiscono anche il titolo di vescovo di Tiro e probabilmente anche di Myra, Side e Filippi. Per quanto ci è dato sapere dalle scarse e incerte notizie, Metodio subì il martirio nel 311 circa a Calcide.

Nel campo teologico, Metodio è stato un deciso avversario di Origene di Alessandria, al quale rimproverava l’abbandono della tradizione della Chiesa per indulgere ad arbitrarie speculazioni, combattendone specialmente la preesistenza delle anime e le teorie escatologiche (concezione spirituale della risurrezione, l’apocastasi cioè del perdono per tutti indistintamente i peccatori). Ciò fece di Metodio in una serie di opere che ci sono pervenute in buona parte in una traduzione slava a causa della confusione che si fece nell’età bizantina tra Metodio di Olimpo e Metodio l’apostolo degli slavi dell’IX secolo. Le più importanti sono il Dialogo sul libero arbitrio, fra un cattolico e due eretici, e l’Aglaofonte, o sulla risurrezione, in tre libri, pure in forma dialogica. Lasciò ancora degli scritti esegetici su alcuni luoghi e libri biblici, conservati in parte, un’operetta di carattere morale, Della vita, pervenuta nella versione paleocristiana, ed una apologetica, perduta, Contro Porfirio.

Antica icona del Martirio di san Metodio di Olimpo

L’opera che rende Metodio significativo nel panorama della letteratura patristica è certamente il Simposio delle dieci vergini, del quale abbiamo l’opera intera nel testo greco. Il sottotitolo Sulla castità lo qualifica come uno scritto dal contenuto specifico. L’autore intende così mostrare la natura e la funzione  di quella virtù che è la massima espressione di amore verso Dio nella totale consacrazione a Lui.

L’incantevole giardino di Virtù, figlia della filosofia, costituisce il fondamento naturalistico e simbolico di altrettanti discorsi che dieci fanciulle, Marcella, Teofila, Talia, Teopatra, Tallusa, Agata, Procilla, Tecla, Tisiana, Domnina, pronunciano  nel corso di un banchetto, in lode del loro ideale prescelto. Perciò il motivo encomiastico viene a costituire il filo conduttore dell’intero trattato. Contemporaneamente il linguaggio assume un tono parenetico, perché le vergini intendono esortarsi reciprocamente nell’osservanza della castità e nella sua pratica più radicale che è la verginità.  Quest’opera, che è la prima di tale genere, riecheggia nel titolo, nella struttura e in molti particolari il Sympósion (Συμπόσιον), il più conosciuto dei dialoghi di Platone (428/427 a.C. – Atene, 348/347 a.C.),. Come Platone aveva celebrato l’amore, così Metodio esalta, in dieci discorsi messi in bocca ad altrettante vergini, l’ideale della verginità, intesa come puro e beatificante amore a Cristo. Al valore religioso dell’opera, che interpreta con profondità di pensiero e con ispirato entusiasmo un aspetto caratteristico del messaggio cristiano, non corrispondono, nella stesura e nello stile, le capacità artistiche di Metodio, soprattutto se lo si confronta con il suo modello letterario. Tuttavia non sono poche le pagine dove l’entusiasmo religioso trova l’espressione connaturale in una forma nobile ed efficace. Chiude il dialogo un inno a Cristo sposo delle vergini e alla Chiesa <<regina tutta luce>>, cantato da Tecla a cui il coro si alterna con un ritornello. Il carme è ricco di immaginazioni ispirate dalla Bibbia, dai poeti greci e dalla natura e ravvivato da un acceso fervore di contemplazione e di lode. Lo spunto a comporre questo trattato è stato dato a Metodio dalla parabola evangelica delle dieci vergini (Mt 25,1-13)

Sant’Agata nella Teoria delle Vergini, mosaico del VI sec. – Basilica di Sant’Apollinare Nuovo, Ravenna

Il DISCORSO DI SANT’AGATA NEL SIMPOSIO DELLE DIECI VERGINI:

La bellezza dell’anima: <<Teopatra riprese a dire: <<Quando Tallusa ebbe così parlato, Virtù toccò con il suo scettro Agata la quale, come se ne avvide, subito si levò e rispose: O Virtù, prendendo come compagni una grande dose di coraggio, la forza della persuasione  e di proseguire questo bel discorso, sotto la tua scorta proverò  anch’io secondo le mie forze a portare un contributo all’argomento, a mio modo di vedere e non secondo quanto è stato detto. Infatti non potrei fare una esposizione filosofica che regga il confronto con quanto è stato esposto con molta varietà  ed eleganza.

Crederei, in verità, di meritarmi il rimprovero di essere  stolta se facessi degli sforzi per mettermi alla pari  con quelli che mi superano in sapienza.

Se dunque sopporterete anche quelli che parlano come meglio possono, dare corso al mio dire e non trascurerò di essere zelante. Diamo quindi inizio.

Nello Scrigno  sono custoditi I preziosi reliquiari  che racchiudono gli arti incorrotti della gloriosa martire catanese Agata e il sacro Velo

Noi tutte, o vergini, veniamo in questo mondo possedendo una bellezza straordinaria, parente della Sapienza a cui si addice. Le nostre anime infatti sono perfettamente conformate a Chi le ha generate e plasmate, e tali rimangono, quando fanno risplendere con purezza l’immagine “della somiglianza” (Gn 1,26) e i tratti di quel volto a cui Dio si ispirava quando la modellava e donava loro una forma immortale e indistruttibile. Infatti Colui che è la bellezza increata e incorporea che non ha  né inizio né fine, è senza mutamento ed invecchiamento, autosufficiente, luce che da sé  e in sé riposa  nei luoghi ineffabili e inaccessibili, circondando, creando e trasformando tutte le cose con la sua sovrabbondante potenza, ha generato l’anima ”secondo l’immagine”  della propria immagine. Per questo essa è razionale e immortale : fatta a immagine dell’Unigenito come dicevo, possiede una bellezza abbagliante. Ecco perché “le forze spirituali della malvagità” (Ef 6,2) si accendono di amore per lei e le tendono insidie, sforzandosi di contaminare l’immagine divina e amabile: come dimostra anche il profeta Isaia quando rimprovera Gerusalemme: <<Ma tu ti sei fatta una fronte di meretrice, non sei arrossita davanti ai tuoi amanti>>, cioè ti sei abbandonata alla profanazione da parte delle potenze nemiche. Poiché gli amanti sono il diavolo e gli angeli del suo seguito i quali tramano, con la loro invadenza, di cprire con macchie e brutture la nostra mente e la bellezza luminosa dei pensieri, nel desiderio di trarre in adulterio ogni anima che si consacra al Signore.

Le Martyre de sainte Agathe, Sermons del vescovo di Parigi  Maurice de Sully (+ 1196), vers. 1320-1330, ms Fr. 187, f, 38 v.

La prudenza della verginità

Se uno dunque conserverà pura e intatta questa bellezza così come Dio l’ha creata ed a cui ha dato una struttura e impronta a imitazione della Sua natura eterna e spirituale della quale l’uomo reca l’immagine e il segno, diventato una specie di statua bellissima e sacra, verrà trasportato da questo mondo alla città dei beati nei cieli e collocato come in un tempio. Infatti, la nostra bellezza riesce a conservarsi intatta nel modo migliore e pù sicuro  allorché, protetta dalla verginità, non si lascia annerire esternamente dal calore ardente della corruzione, ma facendo leva su se stessa si riveste di giustizia e viene recata a nozze con il figlio di Dio. E’ quanto anche Lui consiglia quando ci raccomanda di tenere accesa nella nostra carne, come in una fiaccola, senza che si spenga la luce della verginità. D’altronde il numero dieci, quello delle vergini, sta a significare l’elenco delle anime che hanno creduto in Gesù, facendo nel segno iota l’immagine dell’unica via che porta ai cieli. Ma cinque di esse erano prudenti e sagge, le altre cinque invece “stolte” e innavvedute: non si erano infatti date pensiero di tenere i loro vasi di olio e rimasero così prive di giustizia. Con ciò si vuole alludere a quelle vergini che sono spronate a raggiungere la vetta della castità e cercano di soddisfare completamente questo desiderio nel modo più bello e sapiente, e mentre dicono con vanto di tenervi fisso lo sguardo, non se ne danno poi pensiero e sono vinte dalle vicende del mondo: abbozzano così una parvenza di virtù più che cercare di darle una vera consistenza.

S. Agata V.M. Duomo di Monreale – Mosaici dell’XI sec.

I cinque sensi sella vergine

Quando il testo paragona il “regno dei cieli a dieci vergini” che presero ”le loro lampade e uscirono” per andare incontro allo sposo intende mostrare con il segno denso di significato dello iota che tutte avevano intrapreso la stessa strada con un identico intento. Avevano infatti la medesima disposizione d’animo e acconsentivano su un unico punto ecco perché si dà loro il nome di dieci vergini, poiché, come dissi, avevano messo la stessa intenzione. Ma quando uscirono incontro allo sposo, non erano più tutte dello stesso sentimento. Alcune, infatti, si procurarono dell’abbondante alimento per la loro lampada ad olio e, il più, del rifornimento; le altre invece furono negligenti e si preoccuparono soltanto del momento presente. Perciò son divise in due gruppi uguali di cinque ciascuno, poiché le une conservano puri e immuni da peccato i loro cinque sensi, che la maggioranza chiama porte della Sapienza;  le altre invece li hanno corrotti con una grande quantità di colpe, in un impasto di malvagità. Nella loro continenza e purezza le prime hanno portato frutti di giustizia maggiori delle seconde con i loro peccati. Ecco perché accade che queste furono escluse dai recinti divini e impedite di entrarvi. Infanti, a seconda che ci comportiamo bene  o  male, è sempre dai sensi che ricevono impulso le nostre belle azioni o i nostri  misfatti.

L’argenteo  Scrigno, opera di diversi artisti del XV e del  XVI sec., dove si conservano le reliquie della santa Martire Agata

Come diceva Tellusa che vi è una castità degli occhi, delle orecchie, della lingua e, successivamente, degli altri sensi, così nel nostro caso la vergine che nella sua fedeltà ha custodito inviolati i cinque accessi alla virtù, cioè la vista, il gusto, l’odorato, il tatto, e l’udito prende il nome delle cinque vergini, perché ha reintegrato il cristo le cinque facoltà della sua percezione, in tutta la loro  prudenza, facendo per ciascuna risplendere chiaramente la santità, a guisa di una lampada.

La nostra carne è, a dir poco, come una lampada a cinque fiammelle che l’anima tiene stretta a guisa di fiaccola per presentarla a Cristo nel giorno della risurrezione e mostrare attraverso tutti i sensi lo sfolgorante splendore della sua fedeltà, come Egli stesso insegnò dicendo: <<Sono venuto a gettare un fuoco sulla terra e che mi resta a desiderare se è già acceso?>>. Per “terra” Egli intende la dimora del nostro corpo in cui vuole che s’accenda ben presto, divampando rapidamente, l’operato del suo insegnamento. L’olio, poi, va paragonato alla sapienza e alla  giustizia; quando l’anima la riversa copiosamente sul corpo inondandolo, la luce della verità si accende e divampa inestinguibile <<davanti agli uomini>>, illuminando le buone azioni, im modo che venga resa gloria <<al Padre che è nei cieli>>.

Sacra Tavola di S. Agata, pittura del XIII sec. nella chiesa di sant’Agata di Cremona con le raffigurazioni di 11 particolari del martirio  di S. Agata disposti in quattro colonne orizzontali: I – 1 Agata e Afrodisia; 2- Agata e Quinziano; 3- Agata tra le torture. 4- Agata torturata alla mammella. II – 5 – Agata e san Pietro; III – 6 Agata sul rogo; 7 il terremoto a Catania; 8 Agata muore in carcere;; IV – 9 l’angelo depone la tavoletta nel sepolcro; 10 Quinziano annega nel fiume Simeto; 11 la lava arrestata dal velo di s. Agata.

La fiaccola della continenza

Tale olio che i Giudei offrivano, com’è scritto nel Levitico: <<Olio limpido, puro, filtrato onde far ardere la fiaccola fuori del velo davanti al Signore (Lv 24,2). Ma ad essi era stato ordinato di conservare la fiamma soltanto per un tempo brevissimo <<dalla sera  fino all’aurora>>. La loro fiaccola si può paragonare alla parola dei profeti che indicava la via verso la continenza; essa è alimentata dalle opere e dalla fede del popolo; il tempo raffigura <<la parte di eredità>>, perché una fiaccola può far luce dentro una sola casa. Prima del giorno doveva dunque rispendere la fiaccola: come è scritto: <<La faranno bruciare fino al mattino>>, cioè fino alla venuta di Cristo; quando sarà sorto il “sole” della verginità e della giustizia di un’altra fiaccola non c’è più bisogno. Ora, per tutto il tempo che quel popolo mise in serbo il necessario per alimentare la fiaccola somministrandole l’olio attraverso  le opere, non si spense in mezzo ad esso la fiaccola della continenza, ma risplendeva sempre chiaramente nella <<parte di eredità>>. Ma quando venne a mancare l’olio perché ci si era allontanati dalla fede per darsi all’intemperanza, la fiaccola si spense del tutto. Così, per poter brillare di nuovo dall’alto sul mondo l’incorruttibilità, le vergini sottentrarono le une alle altre con le loro lampade. Bisogna dunque che anche oggi sia provvisto l’olio limpido delle buone opere e della sapienza, filtrato da ogni corruzione di questo mondo che lo appesantisce, affinché anche le nostre lampade non si spengano come quelle, <<se lo sposo tarda a venire>> (Cfr. Mt 25,5).

Busto reliquiario di S. Agata v.m. eseguito a Limoges in Francia dal  senese Giovanni Di Bartolo dal 1373 al 1376.

Tale ritardo infatti è l’intervallo che ci separa dall’ultima venuta di Cristo, l’assopimento è il sonno delle vergini è l’uscita dalla vita, la mezzanotte il regno dell’Anticristo durante il quale l’angelo sterminatore passa sulle case. Inoltre il grado che si leva e dice: <<Ecco lo sposo viene: uscitegli incontro>> (Mt 25,6) è la voce proveniente dai cieli, , la tromba che suonerà quando i santi, dopo la risurrezione dei loro corpi, rapiti sulle nubi, dopo la risurrezione dei loro corpi, rapiti sulle nubi andranno <<incontro al Signore>>(1Ts 4,17). Notiamo infatti come il racconto dice che, in seguito al grido, tutte le vergini si desteranno: ciò significa che dopo il grido lanciato dai cieli i morti risorgeranno. E’ quanto dice san Paolo: <<Il Signore stesso, ad un comando, con voce di arcangelo e con la tromba di Dio scenderà dal cielo e i morti in Cristo risusciteranno per primi>> (1Ts 4,16), cioè i corpi: infatti sono divenuti cadaveri dopo che si sono spogliati delle anime. <<Poi noi viventi verremo insieme con loro rapiti>>(1Ts 4,17); cioè le nostre anime. <<Noi viventi>> siamo propriamente le nostre anime che insieme ai corpi di cui si saranno rivestite andranno sulle nubi incontro a Cristo portando le lampade adorne di nessun altro ornamento estraneo e di questo mondo, ma solo della saggezza e della continenza: simili a stelle che emanano una luce piena di fulgore celeste.

Sant’Agata condotta al martirio, il pregevole dipinto su tavola è firmato da Bernardino Niger Grecus 1588 – Santuario Sant’Agata al Carcere, Catania.

Il Trionfo della verginità

Sono queste, o vergini belle, i sacrifici dei nostri misteri, cerimonie con cui si viene iniziati “lotte pure” (Sap 4,2) per la continenza. Io sono La sposa del Verbo e ricevo in dote l’eterna corona  dell’immortalità. La ricchezza che viene dal Padre ed <<avanzo nei secoli incoronata>>di fiori splendidi e sempre freschi della Sapienza. Appartengono al coro celeste di Cristo che mi assegna il premio, al seguito del re. Sono diventata la portatrice della lampada dalla luce inaccessibile e intorno il canto assolutamente nuovo con l’assemblea degli arcangeli per proclamare la nuova grazia della Chiesa, La Scrittura dice che la schiera delle vergini accompagna sempre il Signore e lo scorta ovunque vada. A ciò allude Giovanni quando quando parla dei centoquarantaquattromila (Cfr. Ap 14,2 ss.).

Martirio di Sant’Agata, tela di Filippo di Benedetto Paladini del 1605, Basilica Cattedrale di Sant’Agata V.M. Catania.

Andate dunque, nuova gioventù dei tempi nuovi, andate a riempire le vostre lampade di giustizia;  è ormai tempo di svegliarvi e di andare incontro allo sposo. Andate, sorpassate velocemente il fascino e gli incantesimi della vita che con il volteggiare intorno all’anima finiscono per sedurla. Otterrete  quanto vi è stato promesso: <<certo, per Colui che ci ha mostrato il cammino della vita.

Ecco, o Virtù, ti presento questa corona che ho adornato di quanto ho raccolto nei pascoli dei profeti>> (Metodio di Olimpo,  La verginità, VI Discorso di Agata, Introduzione e note a cura di Normando Antoniono, Città Nuova Editrice, Roma 2000, pag. 94-101).

Nel Martirologio Romano è scritto: <<Commemorazione di san Metodio, vescovo di Olimpo e martire, che scrisse  opere dello stile elegante  e forbito e sul finire della persecuzione dell’imperatore Diocleziano  ricevette egli stesso la corona del martirio>>.

La Chiesa Cattolica e tutte le Chiese che ammettono il culto dei Santi  celebrano la memoria di san Metodio di Olimpo il 20 giugno.

Diac. Dott. Sebastiano Mangano

Già Cultore di  Letteratura Cristiana Antica 

nella Facoltà di Lettere dell’Università di Catania

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