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Il progressivo aumento del tasso di inflazione, in atto già dalla seconda metà del 2021, pone un problema redistributivo che gli economisti di Allianz Trade, leader mondiale nell’assicurazione del credito commerciale, registrano nell’ultimo rapporto sui consumi.

L’aumento dei prezzi è, infatti, più accentuato per le famiglie a basso reddito, poiché solitamente devolvono una quota di spesa maggiore per alcune categorie di beni e servizi per i quali i prezzi sono cresciuti di più, come i consumi alimentari ed energetici.

Le famiglie a basso reddito hanno minori possibilità di difendersi dall’inflazione elevata: per loro è più difficile comprimere il tasso di risparmio (già contenuto), liquidare attività finanziarie (poche o nulle) oppure ridurre la qualità dei beni e servizi consumati (già bassa).

Fig: Consumi delle famiglie in volume (Q1 2019=100)

Fonti: Eurostat, Allianz Research

 

Il confronto in Europa sull’aumento dei prezzi

È il paradosso dell’acquisto: a differenza delle passate recessioni la spesa per i beni non durevoli (prevalentemente alimentari ma anche elettricità e carburanti per auto) ha raggiunto una riduzione importante (dal -2% in Italia, fino al -7% in Germania). Al contrario i volumi di acquisto di beni durevoli (come le automobili, elettronica di consumo, mobili, elettrodomestici) o semi-durevoli (abbigliamento, giocattoli, beni culturali) hanno continuato a crescere nonostante l’impennata del costo della vita e dei servizi. Tra questi ultimi annoveriamo il trasporto aereo (+42% in valore su base annua, corretto per l’inflazione), i servizi di ristorazione (+13%) e gli alloggi (+30%).

I calcoli di Allianz Trade mostrano che nel primo semestre 2023 una famiglia ha speso in media 132 euro in più per lo stesso paniere di beni e servizi in Spagna; 244 euro in più in Francia; 290 euro in più Germania e 301 euro in più in Italia.

Le famiglie più povere sono esposte in modo sproporzionato, in particolare, al cibo (+17% su base annua) e alle utenze (affitti, acqua, luce) che ha registrato un aumento del 9%. Al contrario, ristoranti, beni ricreativi, abbigliamento e trasporti, che hanno un peso maggiore nei consumi delle famiglie più ricche, hanno visto comparativamente minori aumenti dei prezzi. In altre parole, l’attuale shock inflazionistico lascia i più poveri ancor più in difficoltà, perché non hanno altra scelta che ridurre tutto, comprese le spese essenziali.

In Italia, – ha spiegato Maddalena Martini, Senior Economist per l’Italia e la Grecia di Allianz – la crescita dei prezzi sta rallentando dal picco di inflazione dell’11,8% raggiunto lo scorso ottobre. Ci aspettiamo però che l’inflazione si attesti attorno al target della BCE del 2% solo gradualmente, verso la fine del 2024. Se da un lato la discesa dei prezzi dovrebbe dare un po’ di sollievo alle famiglie, l’aumento dei tassi di interesse, a seguito dei rialzi della BCE, dovrebbe limitare la domanda di credito nel biennio 2023-2024”.

L’aumento dei salari ha assorbito l’impatto solo in Francia e Germania

La crescita del reddito ha parzialmente attutito lo shock inflazionistico. In particolare, si sono registrati forti aumenti del reddito da lavoro, principalmente grazie alla creazione di nuovi posti in Francia e a stipendi più alti in Germania, Italia e Spagna, che hanno sostenuto gli acquisti delle famiglie per le spese relative all’energia. Nel complesso i risparmi accumulati durante la pandemia hanno sostenuto la spesa per consumi. Nel caso della Francia la forte ripresa del reddito ha sostenuto i consumi in un contesto di elevata inflazione. La crescita dei salari ha superato l’inflazione di 1,7 punti percentuali in Germania e di 2,9 punti in Francia tra la fine del 2019 e la fine del 2022. L’inverso è avvenuto in Spagna e in Italia: l’inflazione ha superato il reddito medio di 2 punti percentuali in Spagna e di 4,3 punti percentuali in Italia. Solo in Italia ciò ha determinato un’importante erosione dei risparmi: le famiglie hanno risparmiato meno dalla fine del 2022 per contribuire a mantenere il proprio stile di vita.

Una serie di fattori strutturali come l’adeguamento lento dei salari e le lunghe contrattazioni collettive hanno fatto sì che in Italia sia stata più accentuata la perdita di potere di acquisto, a fronte del rapido aumento dei prezzi. Nel 2021-2022, le famiglie italiane hanno sostenuto i consumi privati con parte dei risparmi accumulati durante la pandemia, fino a che il tasso di risparmio è sceso sotto i livelli pre-pandemici a conclusione del 2022” – ha concluso Martini.

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