La migrazione, l’approdo, la fuga verso un futuro migliore, la speranza di un domani migliore, diverso dall’attuale, il dramma dei morti in mare, sono gli argomenti trattati dal recital spettacolo “Mare nero” di Gaetano Gullo proposto in due serate (il 10 novembre nel cortile Cgil di via Crociferi 40 ed il 12 novembre nella parrocchia San Michele Arcangelo, in via Sebastiano Catania 201, a Catania) dall’associazione culturale Terre forti dell’attore, regista e autore catanese Alfio Guzzetta, un collettivo artistico nato nel 2007 nel quartiere catanese di Librino per fare da “ponte” fra culture diverse, fra tradizione ed innovazione.
Con l’attenta regia di Alfio Guzzetta, davanti ad un pubblico particolarmente coinvolto, in un momento storico di particolare pochezza culturale, di indifferenza e superficialità, Terre Forti, ha proposto in circa 80’, uno spettacolo – supportato dalla proiezione di foto e diapositive- che coinvolge in toto il pubblico nell’argomento trattato e che intreccia con abilità la parte recitata con quella musicale curata da Gregorio Lui alla chitarra e voce, regalando un autentico, drammatico ed intenso momento di riflessione su un tema molto dibattuto dai media e spesso affrontato, nella vita di tutti i giorni, nella società del qualunquismo e dei sorrisi necessari, con distacco e pregiudizi.
“Le migrazioni – spiega il regista Alfio Guzzetta – sono nate con l’uomo; il popolamento del nostro pianeta è avvenuto con un ininterrotto susseguirsi di migrazioni, accadute in tempi diversi, con modalità e tipologie differenti e svariate motivazioni. L’umanità è stata ed è sempre in movimento. Spesso, dimentichiamo che anche noi siamo stati emigranti: emigrazione che ha visto l’Italia protagonista di questo dramma. Tra l’Ottocento e la prima metà del Novecento, una miriade di italiani sono stati costretti a cercare lontano una condizione di vita un po’ dignitosa. Nel 1870, il 94% dell’emigrazione siciliana era orientata verso la Tunisia. Già nel 1860, nella sola città di Tunisi, su una popolazione di circa centomila abitanti, vi erano fra 3 e 4 mila siciliani. Ma era difficile censirli tutti perché in maggioranza erano clandestini, esattamente come accade oggi in Italia”.
La parte recitata della pièce è affidata allo stesso regista Alfio Guzzetta che, coadiuvato da Letizia Tatiana Di Mauro, Antonietta Attardo e Orazio Domenico Patanè, racconta storie di vita, fa pensare a uomini e situazioni riferite alla migrazione, di ieri e di oggi. Il tutto è condito da proiezioni video con drammatiche notizie storiche sulla migrazione e sulle stragi del mare.
Il recital spettacolo, racconta – nella prima parte – le vicende di chi partiva da Librino per cercare fortuna o andava a lavorare ed a morire nelle miniere del Belgio o in Australia, mentre nella seconda parte prende in esame le attuali e drammatiche migrazioni e parla anche di Tesfalidet un migrante eritreo morto il giorno dopo il suo sbarco a Pozzallo. Le sue braccia magre, il viso scavato e sofferente, gli occhi pieni di dolore, che al momento del suo arrivo pesava appena trenta chili. Dopo aver lottato tra la vita e la morte all’ospedale maggiore di Modica nel suo portafogli è stato ritrovato un foglio con un testo in tigrino, ancora intriso di salsedine, con due poesie. Questo un brano (chiaramente rivolto all’Europa): “Non ti allarmare fratello mio, dimmi, non sono forse tuo fratello? Perché non chiedi notizie di me?È davvero così bello vivere da soli, se dimentichi tuo fratello al momento del bisogno?…”.
I racconti struggenti di Alfio Guzzetta, di Letizia Tatiana Di Mauro, Antonietta Attardo e Orazio Domenico Patanè, il brano “Amara terra mia”, eseguito da Gregorio Lui, che apre e chiude il lavoro, gli altri brani eseguiti, le crude immagini che vengono proposte allo spettatore, pongono l’attenzione su esseri umani, storie di vita, spesso drammatiche, di speranza di chi intraprende un viaggio e che richiama nelle nostre menti, troppo distratte da una dilagante indifferenza, parole quali epoca, mare, lingua, colore della pelle, religione, sogni, sofferenze, lacrime, gioia di esseri umani che, troppo spesso, ai nostri giorni, in cerca di nuova vita, trovano invece l’improvvisa fine della vita terrena. Alla fine del recital tanta commozione ed i convinti applausi del pubblico.
“ll fenomeno della migrazione oggi – ribadisce Guzzetta – ha assunto l’apice delle sua drammaticità, una drammaticità che sembra diventare sempre più grave. Quel mare che dovrebbe essere lo spazio d’unione fra due culture che da sempre si sono integrate tra loro, diventa, purtroppo, spazio dove si compie il rito sacrificale della disperazione e che, spesso, diventa tomba per tanti anonimi numeri”.