Catania News

Dopo le dichiarazioni dell’arcivescovo di Catania, Luigi Rennna che durante la messa dell’Aurora in onore di Sant’Agata aveva ribadito il suo monito contro la presenza delle ‘Ntuppatedde durante i festeggiamenti del 3 febbraio, non si è fatta attendere la risposta di Elena Rosa, portavoce del gruppo delle ‘Ntuppatedde.

L’Arcivescovo Renna in riferimento alla partecipazione delle “Ntuppatedde” aveva detto: “Mi è dispiaciuto, ieri, vedere ancora una volta dietro le candelore quelle ragazze vestite di bianco. Già in passato un mio predecessore aveva vietato la loro partecipazione. Ci sono tradizioni da tramandare ed altre che sanno di paganesimo e vanno sradicate. Sant’Agata è morta, non è andata a fare un ballo in discoteca. Per onorarla è meglio indossare il sacco e recitare la preghiera semplice del santo Rosario”.

Questa la nota di Elena Rosa per le ‘Ntuppatedde: “La nostra apparizione, la mattina del 3 febbraio, rivendica la presenza del femminile nella festa, siamo devote alla santa, alla donna e alla libertà. Sant’Agata ricordiamo è morta non di morte naturale ma per mano di uomo. Non abbiamo mai mancato di rispetto alla religiosità della festa e la nostra non è una ‘esibizione individualistica’, ma è relazione, comunità e aggregazione gioiosa. Consideriamo la danza una manifestazione del sacro. Perché la danza è preghiera, è comunità, è liberazione. La profetessa Miriam, sorella d’Aronne, esterna la sua esultanza e ringrazia Dio, dopo il passaggio del Mar Rosso, ‘formando cori di danze’ con le altre donne, suonando i timpani e cantando (Cf Es 15,20). Non smentiamo gli aspetti pagani della nostra presenza semplicemente perché fa parte della storia, ricordando anche il lontano culto di Iside. Non vogliamo cancellare le tracce del passato perché quello che siamo è una stratificazione di memoria e diversità. Nel 2013 siamo ritornate omaggiando le ultime ‘Ntuppatedde apparse nel 1868 quando furono insultate, fischiate e cacciate via in quanto donne che rivendicavano la propria libertà. Il passato persiste nel presente e qui si pone di nuovo una negazione che riguarda sempre la donna, vogliamo ritornare a negarle come nei secoli passati perché adesso danzano con un velo e un fiore in mano?”.

Lo spettacolo a Palazzo Biscari

“Il nostro passo è così pericoloso? È necessario confrontarsi – ha continuato Elena Rosa –  dialogare e capire le motivazioni antropologiche e sociali che sottendono ad un movimento che perdura da più di dieci anni e che la gente ormai aspetta. Che piaccia o no ‘la festa è un pullulare di più realtà che in quei giorni si ritrovano insieme a convivere nella pluralità del loro linguaggio’. D’altronde la Festa di S.Agata perché si chiama festa e non Funerale di S.Agata? Perché le candelore si annacano e dunque danzano circondate dalle bande con il reportorio dei più disparati brani popolari? Perché i fuochi d’artificio? Perché un proliferare di fumi, banchetti e bancarelle festose? Perché è festa e la festa è dei cittadini e delle cittadine, e della devozione che assume le forme della gioia come quelle della preghiera. Non siamo affatto noi il problema e lo scandalo della festa di S.Agata. Queste affermazioni che ci vogliono sradicare ci sembrano provenienti da un oscuro e triste passato di repressioni oltre che anacronistiche in questo momento storico, e ciò non fa che sottolineare l’importanza e la necessità sociale della nostra presenza”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenti sul post