Catania News

Riceviamo, in merito alle ultime operazioni effettuate da forze dell’Ordine e dai magistrati catanesi, e pubblichiamo, la nota a firma del dott. Claudio Risicato, imprenditore e presidente dell’Associazione Antiracket Rocco Chinnici – Catania.

“Le brillanti operazioni degli ultimi mesi delle forze di Polizia e dei Magistrati catanesi – si legge nella nota – hanno portato alla ribalta la pervicace azione dei clan mafiosi presenti nella nostra provincia che condizionano pesantemente l’attività economica e sociale. Come dimostrato, non si tratta di indiscrezioni giornalistiche, ma di accurate indagini condotte con estrema professionalità che mettono in evidenza in qualche caso non solo aspetti di marcata corruzione che hanno coinvolto anche pezzi delle Istituzioni, ma sopratutto la capacità delle organizzazioni mafiose di penetrare e condizionare gran parte del tessuto economico alterando le regole del libero mercato.

Saranno i magistrati giudicanti a stabilire le responsabilità personali, ma il fatto inquietante accertato è che in Sicilia, spesso i lupi si travestono da agnelli e in nome di una generica lotta alla mafia scalano posizioni politiche, sociali, imprenditoriali, venendo riveriti dagli orgarni di governo, dalla stampa, dalle gerarchie ecclesiastiche, etc…
Spesso girano l’Italia con auto blu superscortati quando ritirano onoreficenze e premi, quando firmano inutili protocolli della legalità nelle prefetture a dimostrazione che “il sistema” è privo (o fa finta di esserlo) di anticorpi deputati al controllo. Sono anni, ad esempio, che denuncio, spesso isolato, che il mondo dell’Antiracket è ricco di luci, ma anche di tante ombre e purtroppo i fatti mi stanno dando ragione. Tali avvenimenti contribuiscono oggettivamente ad aumentare la sfiducia dei cittadini nei confronti di alcune Istituzioni dello Stato”.

“Di recente, un’indagine condotta a Palermo nei confronti di studenti delle scuole superiori indica clamorosamente che nel 40% degli intervistati si è diffusa l’idea che la mafia sia più forte dello Stato e nel 30% dei casi la mafia e la politica siano la stessa cosa. Bisogna, quindi andare oltre gli elogi alle forze di Polizia ed alla Magistratura ed approfondire il fenomeno, analizzando ad esempio la mancata denuncia di molti imprenditori nei confronti delle organizzazioni mafiose che impongono il pizzo. Per fare ciò bisogna analizzare le politiche sulla sicurezza posta in essere negli ultimi 20 anni in Italia, chiedere conto dei continui tagli alla giustizia ed alle forze dell’ordine, delle ripetute leggi emanate contro la certezza della pena che i magistrati devono applicare, della mancata inaugurazione degli istituti di pena già pronti e della mancata costruzione di quelli previsti nel piano carceri già approvato e finanziato molti anni orsono.

Nella foto il dott. Claudio Risicato

Nella foto il dott. Claudio Risicato

Personalmente ricordo che nel giorno della nostra costituzione di parte civile nel processo Iblis contro esponenti di cosa nostra collusi con politici catanesi, la Camera dei Deputati (nella cui aula sedevano numerosi inquisiti e condannati) negava scandalosamente l’arresto per fatti di camorra dell’ex sottosegretario all’economia Cosentino, inteso Nick l’Americano, richiesto da ben 5 Procure della Repubblica Italiana.

Scrissi all’allora Presidente Giorgio Napolitano senza ricevere alcuna risposta. Se la politica manda ai cittadini segnali di questo tipo non ci si deve meravigliare della crescente sfiducia nei confronti delle Istituzioni governative, delle risposte date dagli studenti di Palermo e della mancanza di denuncie degli operatori economici vessati dal racket. In siffatto scenario le associazioni antiracket non hanno motivo di esistere”.

Diceva il compianto giudice Borsellino: “La mafia e lo Stato operando nello stesso territorio o si fanno la guerra o scendono a patti”. – conclude la nota del dott. Risicato –Partendo da questa famosa dichiarazione non vedo da molto tempo da parte dei vari governi succedutisi una precisa e seria volontà di lotta alla mafia al di là di generiche dichiarazioni. Intanto la Sicilia ed il Sud Italia, dove purtroppo permangono economie deboli, arretrano clamorosamente rispetto al resto del paese ed i nostri giovani hanno ripreso ad emigrare come accadeva nel primo dopoguerra”.

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