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«Dopo le battaglie politiche e dopo le guerre in genere c’è sempre un vincitore che si impossessa dell’arma della memoria e scrive una storia in cui tutto gli dà ragione e in cui gli altri sono meritevoli di essere dimenticati, condannati dalla memoria. Penso che le Storie scritte dai vincitori siano sempre piene di buche e siano effimere. Così come lo sono quelle vittorie, perché la Storia è sempre in continuo movimento. Lo storico deve saperlo e chi si presenta con verità assolute è in genere un superficiale, se non addirittura un imbroglione».

Paolo Mieli ha spiegato così la sua visione della Storia e quel metodo per leggere i fatti accaduti nei secoli passati o negli anni più recenti che ha messo nero su bianco nel libro “L’arma della memoria” (Rizzoli) presentato allo Sheraton Catania Hotel, ospite del progetto L’autore per cena. Un progetto – ideato da Ornella Laneri, Carmelo Nicosia, Paolo Lisi, Felicita Platania e Saverio Piazza – che non è semplicemente un salotto letterario che si svolge davanti ai piatti dello chef, ma è l’idea di trovare una modalità nuova di parlare di letteratura e di fare arte e cultura senza barriere e preconcetti, sfruttando l’insolita atmosfera di un grande albergo. Il fil rouge di quest’anno è il tema del viaggio, nello specifico della serata di ieri il viaggio nella Storia.

Davanti a circa duecento persone, Mieli ha dialogato con lo storico Ezio Costanzo e con il pubblico richiamando tutti «all’uso onesto della memoria». Dando prima di tutto una indicazione metodologica. «Lo storico vero – ha spiegato – è uno che si applica al passato, così come il giornalista si applica al presente, da una convinzione di partenza per iniziare un viaggio che avrà successo se quella convinzione iniziale sarà modificata. Se così non fosse, significa che non è stato fatto nessun lavoro di approfondimento. E la sfida si fa tanto più interessante e avvincente quanto più le cose sembrano palesi e pacifiche. Invece, uno storico intellettualmente onesto sa che le cose possono cambiare con poco», riconsiderando fatti sminuiti od omessi dal vincente di turno. Perciò, «usare l’arma della memoria significa non avere un approccio facilone con la Storia».

Per esempio bisogna cercare di comprendere la fase storica in cui viviamo, caratterizzata dal terrorismo di matrice islamica: «Da 15 anni siamo dichiaratamente in guerra contro l’estremismo islamico – ha detto Mieli – e da 27 anni è caduto il muro di Berlino. Sono tempi storici molto lunghi se pensiamo che l’epopea di Hitler, dalla sua ascesa al potere sino alla fine della seconda guerra mondiale, è durata solo 12 anni. Questo significa che oggi abbiamo a che fare con un fenomeno complesso, molto più complicato di quel che sembra in superficie e di cui non ci rendiamo bene conto. Oggi – ha aggiunto il presidente di Rcs Libri – ci troviamo dentro un lungo conflitto interno al mondo mussulmano, tra Sunniti e Sciiti, nel quale l’Occidente si muove come un elefante in una cristalleria. Abbiamo combinato più pasticci che altro, dall’Afghanistan alla Libia abbiamo solo peggiorato le cose. Allora forse è giusto fermarsi a riflettere, prima di insistere».

Per questo Mieli si è detto contrario a «mandare 50-60 mila soldati in Libia, perché l’effetto probabile è quello di ricompattare contro il contingente occidentale forze tra loro divise, come è già successo molte volte nella storia recente e più lontana. Fu, per esempio, l’errore che gli arabi commisero nel tentativo di conquistare l’Europa in cui si consumava uno scontro terribile tra cattolici e protestanti: l’effetto che ottennero fu quello di unificarli contro di loro».

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