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Ricorre oggi, 25 novembre, la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Una violenza che segna quotidianamente il percorso di vita di tutte le donne del mondo, senza tenere conto della loro provenienza, della loro cultura, del loro status sociale e della loro religione.

Sulla stima dei recenti dati pubblicati dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), che si riferiscono ad una ricerca effettuata su 141 casi in 81 Paesi, il 35% delle donne del mondo subisce una forma di violenza. Nel 30% dei casi questa violenza è inflitta loro dai mariti e dai partner. In questa cornice nera  anziché rosa, secondo i dati pubblicati da Istat, anche in Italia 6 milioni 788 mila donne hanno subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Le donne straniere nella loro vita hanno subìto violenza fisica o sessuale in misura simile alle italiane (31,3% e 31,5%). Da un più recente studio Istat, a crescere è anche il fenomeno dello stalking: in Italia il 21,5% delle donne in età compresa tra i 16 e  70 anni subisce comportamenti persecutori da parte di un ex partner, mentre lo stalking subito da altre persone è pari al 10,3% per un totale di 229mila donne.

“La violenza contro le donne non ha colore”, dichiara la coordinatrice del Dipartimento donne delle Comunità del Mondo Arabo in Italia (Co-mai) Badia Rami, mediatrice culturale e operatrice presso uno sportello anti violenza per le donne a Ladispoli – Cerveteri ASL RMF. “C’è bisogno di maggiore assistenza – prosegue –  e soprattutto di maggiore informazione per le donne. Molte vittime in Italia non sanno dove recarsi quando subiscono abusi. Altre si vergognano di ammettere di avere bisogno di assistenza. Dobbiamo unire le forze e le competenze per non lasciarle sole!”.

Se troppo spesso le vittime italiane e straniere sono impotenti dinnanzi agli stupri e alle aggressioni mentali o fisiche che subiscono, uno “scudo di forza” nella prevenzione della violenza è costituito dall’istruzione e dalla conoscenza.

A questo proposito, Maria Amata Garito, Rettore dell’Università Telematica Internazionale UNINETTUNO, da anni impegnata in progetti di formazione e cooperazione internazionale che hanno  permesso a migliaia di donne, grazie a una piattaforma di e-learning unica nel suo genere, in 5 lingue, di alfabetizzarsi, studiare, laurearsi e qualificarsi professionalmente nel Nord e  Sud del mondo, dichiara: “La fragilità dell’uomo odierno è una delle cause delle violenze fisiche e psicologiche sulle donne, che mai come in questo momento iniziano ad emergere come vere forze del cambiamento. Non ci sono delle soluzioni facili a questa fragilità psicologica dell’uomo contemporaneo, ma senz’altro un grande contributo lo forniscono la formazione e l’educazione al rispetto legato ai valori delle differenze di cultura e di genere, già dai primi anni di scolarizzazione”.

Habiba Manaa, coordinatrice del Dipartimento giovani e seconde generazioni delle Co-mai  aggiunge: “Quando parliamo di violenza non dobbiamo pensare solo ad una violenza fisica, ma anche a quella psicologica. Come giovane donna ritengo opportuno parlare di questo tema con altri giovani per sensibilizzarli. In futuro mi impegnerò a farlo anche con i miei figli e con i figli altrui. Mi auguro che le Autorità intensifichino la conoscenza delle leggi a favore dei diritti delle donne migliorandone la tutela”.

L’aiuto alle donne è esteso anche alle immigrate e rifugiate, le quali, come dichiara la Dr.ssa Sohaila Madadifar, ginecologa presso gli Ambulatori dell’Associazione dei Medici di Origine Straniera in Italia (AMSI), necessitano con urgenza di attenzione, cura e assistenza: “La violenza contro le donne non ha religione,  né cultura né civiltà. È necessario intensificare i servizi a disposizione per l’ascolto  e  i servizi sanitari per curare in modo interdisciplinare e inter-professionale la violenza contro le donne immigrate e rifugiate che subiscono tutti i giorni violenza nel viaggio che compiono quando lasciano il loro Paese in maniera irregolare. Purtroppo, spesso visitiamo queste donne –  incluse le prostitute – quando sono alla loro quinta gravidanza  riscontrando che non hanno mai fatto una visita ginecologica o un’ecografia”. 

Da parte sua, la giornalista del Movimento Internazionale “Uniti per Unire”, Martina Oddi, conclude con il messaggio: “La violenza sulle donne è un atto infimo, che viene stigmatizzato dall’opinione pubblica ma, nonostante ciò, è estremamente diffuso. Nel caso delle donne migranti questa violenza è sistematica, incombe durante il loro viaggio della speranza verso una vita migliore. È una violenza perpetuata senza alcuna possibilità di difesa da parte delle donne che arriva sino alle estreme conseguenze”.

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