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Prodotta da “La Bilancia” è in scena al Teatro Brancati di Catania, per la stagione 2016-2017, con repliche fino al 9 Aprile, la commedia “Minchia signor tenente” di Antonio Grosso, lavoro in due atti che si avvale di un testo dal forte impegno civile ma che mantiene un tono ed un linguaggio comico nel rappresentare la vita in una stazione dei Carabinieri di un piccolo paese di provincia, in una Sicilia dove, nel 1992, è presente la forza del male rappresentata dalla mafia.

Il titolo dello spettacolo prende origine dalla canzone di Giorgio Faletti che nel ’94 si piazzò seconda al Festival di Sanremo, ma viene anche fuori dalla biografia dell’autore del testo, figlio di un carabiniere. Ascoltando infatti la canzone “Signor Tenente”al Festival di Sanremo nel 1994, il padre di Antonio Grosso commentò “Se quest’anno vince Faletti, l’Italia cambia”. Quell’espressione, detta tra i denti, senza farsi udire, rappresenta l’ultima possibilità di non arrendersi alla legge del più forte, alle gerarchie che schiacciano, al male del mondo.

Nella foto Antonio Grosso e Antonello Pascale

La storia narrata nello spettacolo, ambientata negli Anni ’90, risente delle stragi mafiose, anche se all’interno di una stazione di Carabinieri, in provincia, dove la vita scorre senza particolari scossoni. Nella piccola stazione dei Carabinieri della bella e contraddittoria Sicilia alcuni giovani carabinieri, semplici e senza pretese, provenienti da varie parti della Penisola, trascorrono una grigia e all’apparenza tranquilla, se non ordinaria quotidianità, salvo la giornaliera, ossessiva e familiare presenza di un povero smemorato, forse emblema sottile della persistenza occulta del problema mafioso. Tra sfottò, paradossi, situazioni personali (uno dei militari è fidanzato con una ragazza del posto e la legge dell’Arma lo vieta!!), i ragazzi si sentono parte di un’unica famiglia, ma l’arrivo di un tenente autoritario ed intransigente destabilizza l’unione dei cinque carabinieri.

Ad un primo tempo sicuramente da sfoltire, con troppi luoghi comuni sui carabinieri, segue la seconda parte in cui si sviluppa la vicenda e si consuma il dramma dei due carabinieri, Moroni e Merilli,  che per ordine del loro tenente Prisco sono chiamati a scortare un magistrato e che vengono uccisi senza pietà da parte delle cosche mafiose. Si ode quindi la voce inconfondibile di Rosa Balistreri, mentre nel buio, fuori campo, si ascoltano le voci di mafiosi che parlano al telefono.

La scena di Fabiana Di Marco è rappresentata da  scrivanie, sedie, armadietti, posti su fondali e quinte nere del teatro, mentre i costumi di Maria Marinaro ricalcano fedelmente quelli dell’Arma (i maglioni con riga rossa trasversale a livello dei pettorali), le luci di Luigi Ascione ben illuminano lo spazio scenico. La regia di Nicola Pistoia è incentrata sulla capacità degli attori e cerca di raccontare, con tempi scenici vivaci, una storia tragica con il linguaggio della commedia degli Anni Sessanta.

La pièce, nonostante la tragedia finale, mantiene la leggerezza di un linguaggio che proprio nella semplicità, nell’ironia, nell’uso del dialetto, trova i toni e il ritmo  per ridere dei nostri difetti. Spettacolo, quindi, piacevole anche se un pò dilatato – soprattutto nella prima parte – nei dialoghi e nella durata complessiva (oltre due ore e un quarto) e che comunque induce il pubblico alla riflessione e che si conclude con la canzone “Fango” di Jovanotti, mostrando i volti (da Peppino Impastato a Giovanni Falcone) delle tante vittime di mafia che provocano gli applausi spontanei e commossi del pubblico.

Applauditi sulla scena l’autore, Antonio Grosso (nei panni del brigadiere Vincenzo D’Onofrio con il suo slang napoletano), Antonello Pascale (il logorroico maresciallo Antonino Chichierchia), Giole Rottini (il carabinere Moroni), Francesco Nannarelli (il tenente Prisco, troppo ligio alle regole), Francesco Siggillino (il carabiniere Merilli), Gaspare Di Stefano (l’appuntato Milito), Federica Carruba Toscano (l’impetuosa Sara, fidanzata di Moroni) e Adriano Aiello (Parerella, il simpatico matto che, tra amnesie ed accentuata gestualità, denuncia furti inesistenti).

Pubblico attento che, ripetiamo, ha gradito, applaudito e riso per la rappresentazione e soprattutto ha apprezzato il forte impegno civile della pièce e la bravura della compagnia all’ottavo anno di repliche.

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