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“Mi auguro che la verità sulla storia di Attilio Manca venga fuori, ma intanto non si può restare indifferenti davanti ad una vicenda simile”. Con queste parole dai microfoni della gremita aula magna dell’Accademia di Belle Arti di Catania il giornalista e scrittore Luciano Mirone autore del libro d’inchiesta “Suicidio di mafia. La strana morte di Attilio Manca”, Castelvecchi editore, dà inizio alla presentazione che analizza sotto l’aspetto medico legale e criminologico la morte dell’urologo di Barcellona Pozzo di Gotto scomparso il 12 febbraio del 2004 nella sua casa di Viterbo.  L’incontro, coordinato dalla giornalista Elisa Guccione organizzatrice della conferenza insieme alla professoressa Liliana Nigro, è stato animato dal medico legale Cataldo Raffino, dal criminologo Giuseppe Fiorito, dal direttore dell’Ente etneo Virgilio Piccari e dal giornalista belpassese Luciano Mirone.

Tutto inizia con la scoperta del cadavere del giovane medico in una pozza di sangue, il primo in Italia ad operare il cancro alla prostata con il sistema laparoscopico, con al braccio sinistro due buchi e a distanza dal corpo due siringhe perfettamente chiuse. “Tante, troppe le incongruenze– spiega la giornalista Elisa Guccione-, poiché Attilio Manca era un mancino puro e non poteva iniettarsi una dose letale di eroina con la destra in quanto come affermano i suoi colleghi e amici viterbesi utilizzava sempre e solo la sinistra”.  Ed ancora continua: “A distanza di tredici anni da quest’omicidio camuffato da suicidio rimangono senza risposta troppe domande: come mai i magistrati di Viterbo portano avanti la tesi di overdose e come mai Sonia Alfano, ex presidente della commissione antimafia europea, non è stata mai ascoltata dai giudici nonostante abbia dichiarato di essere sicura che Attilio Manca è stato ucciso, e che dietro questo assassinio mascherato da “inoculazione volontaria” di eroina c’è l’operazione di cancro alla prostata alla quale nel 2003 era stato sottoposto a Marsiglia il boss corleonese Bernardo Provenzano, l’uomo della Trattativa Stato-mafia, in quel periodo latitante?”.

Non una semplice presentazione di un libro ma un alto momento formativo dedito a diffondere la cultura della legalità- come spiegato dalla professoressa Liliana Nigro– dove desiderio di giustizia e dignità rubata ad un giovane uomo, con una vita familiare e professionale limpida e dalle grandi speranze, che non aveva nessun motivo per interrompere la propria esistenza si fanno prepotentemente spazio tra gli allievi dell’Accademia di Belle Arti accorsi in massa per fare in modo che Attilio Manca non venga dimenticato e che la sua terribile sorte possa essere risolta legalmente senza sotterfugi e giochi di potere strani, facendo emergere la verità dei fatti. “L’autopsia eseguita sul corpo– dichiara Cataldo Raffinopresenta troppe imprecisioni e incongruenze ed è davvero assurdo che la famiglia, nella più totale buona fede, all’inizio tutto era stato presentato come una morte naturale, non abbia avuto la possibilità di chiedere il parere di un proprio tecnico sottolineando che la madre e il fratello durante il processo sono stati estromessi addirittura come parte civile”.  Un momento di riflessione importante che attesta, senza sostituirsi ad un’aula di tribunale, la tragedia vissuta dalla famiglia Manca coinvolta senza avere nessuna colpa e intenzione nella trattativa Stato mafia puntando l’obiettivo a stimolare nei giovani il bisogno della cultura della legalità facendo in modo che non prevalga la legge del più forte.

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