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L’albero di Natale arricchisce il valore simbolico del presepe, che è un messaggio di fraternità ed amicizia; un invito all’unità e alla pace, a far posto, nella nostra vita e nella società, a Dio, il quale ci offre il suo amore onnipotente attraverso la fragile figura di un Bimbo, perché vuole che al suo amore rispondiamo liberamente con il nostro amore.

Ecco perché ogni ano a dicembre, ne tempo di Avvento, in piazza S. Pietro viene impiantato un monumentale abete: un’occasione per riflettere su cosa significhino, accanto all’icona di Betlemme, le luci e le decorazioni che svettano sul presepe. Esse sono il segno della luce che Cristo, con la sua nascita, ha recato all’umanità per dissipare tra gli uomini le tenebre dell’errore, della tristezza e del peccato. L’albero assieme al presepe aiuta a creare il clima propizio per vivere nella giusta dimensione spirituale e religiosa il mistero della nascita del Redentore.

 La diffusione dell’albero di Natale, anche se è entrato nelle chiese e nelle famiglie, è percepito dai più come un simbolo “pagano” delle “festività di fine anno”, in alternativa alla tradizione del presepio. Si tratta, invece, di un segno prettamente cristiano perché ricorda che Gesù Cristo, nato dalla Vergine Maria in Betlemme, è l’Albero della vita come precisa l’Apocalisse.

Desta persino meraviglia apprendere che l’albero ha un preciso significato religioso, legato a s. Bonifacio, l’evangelizzatore dei popoli nordici, che nel 724 abbatté la venerata quercia di Geismer consacrata al dio Donar. Il santo vescovo con quella legna fece costruire una cappella intitolata a s. Pietro e al suo posto piantò un abete in onore di Cristo. L’ornamento dell’albero con luci s’inserì nei riti di generazione della luce, a motivo del suo graduale aumento dopo il solstizio d’inverno. Ne scaturì una catechesi compresa dai popoli del Medioevo: l’abete sempreverde è il segno di Cristo, il Vivente, la luce del mondo che, come afferma s. Paolo, con la sua nascita conduce a Dio che abita in una luce inaccessibile.

 Il significato cristiano dell’albero è penetrato anche nel mondo orientale: in ricordo dell’albero del Paradiso viene decorato un albero con mele o palline rosse, ad indicare il peccato del primo Adamo riscattato da Gesù nuovo Adamo: l’albero del bene e del male si tramuta in albero della vita.

 Le leggende popolari fiorite attorno al simbolo universale dell’albero della vita ne hanno arricchito la tradizione: da un suo seme nacque l’albero che servì come patibolo della Croce; l’abete per esprimere la letizia del creato per la nascita  del Salvatore fu rivestito dal Signore di un grappolo di stelle; sull’albero vicino alla grotta della Natività si posò la cometa che aveva guidato i Magi; l’albero apre i rami formando la croce per indicare come la Redenzione si sarebbe attuata con la Pasqua.

Questi due simboli fondamentali del Natale con la Riforma cessarono di coesistere: nell’Europa protestante mentre scomparve la raffigurazione della Natività si rafforzò l’usanza dell’<albero della Vita>, simbolo di Cristo, con l’aggiunta di piccoli segni “ornamentali”: alla base si collocarono dolci di latte e miele evocanti la Terra Santa e sostituenti il pane benedetto, memoria dell’Eucaristìa. Dall’Europa l’albero è arrivato in America e da qui è ritornato, diffondendosi nei paesi cattolici.

L’albero di Natale torna così a rivestirsi dei significati religiosi che ha sempre avuto: ricordo degli alberi del Paradiso, la vera patria degli uomini, e della Croce, simbolo pasquale per antonomasia (basti pensare alla liturgia del venerdì santo: “ecco il legno della Croce su cui fu appeso il Redentore del mondo”).

L’addobbo dell’albero rimanda al versetto del salmo 95: “si rallegrano gli alberi della foresta di fronte al Signore che viene”. La decorazione con mele e palline rosse simboleggia il peccato; l’uso di porre forme di pane rimanda all’ostia della pace e ha originato i dolci natalizi.

Questi segni non sono del tutto scomparsi ma soprattutto in Italia l’albero viene percepito come segno “laico”, nonostante la buona usanza di procedere all’inizio della Novena di Natale in chiesa alla sua benedizione con preghiere e canti.

Antonino Blandini

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