Cultura

Francesco Faà di Bruno, nato ad Alessandria il 29 marzo 1825, fu il dodicesimo ed ultimo figlio del nobile marchese piemontese Luigi di Bruno e di Carolina Sappa dei Milanesi. Fratello minore del capitano di vascello Emilio Faà di Bruno, che prese parte alla battaglia di Lissa (20 luglio 1866) al comando della corazzata Re d’Italia, la quale fu speronata dalla corazzata austriaca Ferdinand Max. Il comandante Emilio Faà di Bruno perì con la sua nave. In seguito a questo eroico gesto gli fu attribuita la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Il nome completo del futuro beato è Francesco di Paola, Virginio, Secondo, Maria.

Nel 1834, a 9 anni, perse la madre. Nel 1836 entrò nel collegio dei Padri Somaschi a Novi Ligure e successivamente,  nel 1840, nell’Accademia Militare di Torino. Divenuto ufficiale, fu assegnato agli studi geografici e alla realizzazione della cartografia. Nel 184849 partecipò alla prima Guerra di Indipendenza italiana combattendo a Peschiera. Egli, durante i suoi spostamenti con le truppe piemontesi, prese i rilievi topografici del territorio lombardo che gli permise di realizzare la Gran carta del Mincio, che poi fu molto utile ai piemontesi durante la seconda guerra di indipendenza nel 1859, contribuendo così alla vittoria nelle battaglie di Solferino e San Martino. Francesco, che nel 1849 fu promosso Capitano di Stato Maggiore, fu ferito in combattimento a Novara.

Per il suo comportamento in battaglia, ricevette, una decorazione al valore. Il giovane ufficiale, che aveva già quel profondo senso del dovere e di pietà, che lo contraddistinse e lo guidò per tutto il resto della vita, scrisse al fratello Alessandro, console generale a Londra fra il 1900 ed il 1915, medaglia d’argento al valore civile e comandante dei granatieri: <<Non ho fatto niente di più straordinario del mio dovere>>. Scelto da Vittorio Emanuele II quale precettore dei figli, si recò a Parigi, all’università della Sorbona, per approfondire gli studi di matematica e di astronomia ed essere così sufficientemente preparato al compito assegnatogli. Nel 1851 conseguì la licenza in scienze matematiche. Anche se offeso da un ufficiale, che asseriva di non essere stato in grado di conseguire la laurea, rifiutò di battersi a duello. Ritornato a Torino, nel 1851 trovò che l’incarico di precettore dei figli del re gli era stato revocato perché era un cattolico “fervente” ed impegnato e ciò infastidiva la corrente anticlericale a cui il sovrano doveva sottostare per ragioni d’equilibrio politico. Deluso per le opposizioni dei potenti, memore delle scene terribili vissute sui campi di battaglia, si dimise dall’esercito nel 1853.

Dopo il congedo si recò nuovamente alla Sorbona, conseguendo la laurea in scienze matematiche ed astronomiche, vincendo così il suo sfidante a duello. Nel 1853, mentre era ancora militare scrisse un Manuale del soldato cristiano e, partendo nuovamente per Parigi, passò all’amico don Giovanni Bosco la cura de Il Galantuomo, un calendario che aveva scritto per i contadini con consigli e massime religiose. Durante il suo corso di studi alla Sorbona ebbe come docente e poi relatore della tesi Agostino Cauchy, illustre esponente del mondo cattolico parigino. La formazione di quegli anni sarà fondamentale per il suo futuro impegno a servizio della Chiesa. Conobbe l’eccezionale realtà delle Conferenze di San Vincenzo ed il loro fondatore Federico Ozanam. Si aggregò alla sua conferenza a St. Germain des Prés dove ebbe modo di conoscere numerose iniziative che i cattolici francesi conducevano in favore dei poveri. Nel 1857 Francesco pubblicò la “Formula di Bruno”, ancora oggi impiegata nei calcoli informatici, e iniziò a impartire lezioni universitarie, libere e non retribuite, di analisi e astronomia fisica. Nello stesso anno, Francesco iniziò ad insegnare Matematica ed Astronomia nell’Università di Torino. Da allora non cessò mai di insegnare, soprattutto nell’Accademia Militare e nel Liceo Faà di Bruno.

Per le controversie fra il mondo cattolico e lo stato italiano, in quel periodo di dominante anticlericalismo, non fu mai nominato professore ordinario, divenendo professore straordinario solo nel 1876. Nel 1859 pubblicò a Parigi, in lingua francese, la Théorie générale de l’élimination, in cui viene fornita la formula, che da lui prende il nome. Il suo nome in matematica è però legato soprattutto al trattato sulla teoria delle forme binarie. Il contenuto dei suoi corsi spaziava in ambiti inusuali: ad esempio la teoria dell’eliminazione, la teoria degli invarianti e le funzioni ellittiche.

Pubblicò vari trattati e memorie. Fu costantemente un uomo di fede. Visse con disagio il suo desiderio patriottico di vedere l’Italia unita, di fronte all’ideologia anticlericale che permeò la sua concreta realizzazione. Da scienziato testimoniò sempre di trovare un’assoluta armonia fra la scienza e la fede. Tornato a Torino, nella sua parrocchia di san Massimo, aprì una scuola di canto per le tante serve che la domenica vagavano per la città, abbandonate a loro stesse. Compose canti religiosi che egli stesso accompagnava all’organo e che faceva eseguire nelle varie parrocchie dove andava ad animare la Messa domenicale. Conobbe così i problemi di questa categoria del tutto ignorata. Come amante della musica pubblicò la Lira cattolica. Le sue composizioni di melodie sacre, in gran parte dedicate a quelle donne di servizio, per la loro semplicità e senso di pace furono apprezzata da Franz Liszt. All’epoca, la situazione di queste donne era molto disagiata, per non dire degradata: sfruttamento del lavoro, povertà, emarginazione erano all’ordine del giorno. Era frequente, poi, che una donna di servizio rimanesse incinta e venisse quindi allontanata dalla famiglia. Intraprese una rete di attività in aiuto di queste persone: una delle istituzioni che fondò fu una casa di preservazione per ragazze madri. Il cardine centrale di questa attività fu l’Opera di Santa Zita fondata nel 1859.

Aprì un Collegio professionale con ritiri estivi a Benevello d’Alba. La costruzione della chiesa di Nostra Signora del Suffragio, iniziata nel 1868 nel quartiere di San Donato (il Borgo), fu a servizio di tale opera. Nacque così una congregazione di suore: le Minime di Nostra Signora del Suffragio. La consegna delle mantelline alle prime postulanti avvenne nel 1869, ma le prime professioni solenni poterono avvenire solo nel 1893, dopo la sua morte, perché fu necessario attendere il riconoscimento ufficiale della Chiesa che, nel suo livello gerarchico, espresse inizialmente qualche diffidenza. Il 22 ottobre 1876 venne ordinato sacerdote. Desiderava questa ordinazione anche per seguire meglio la congregazione di suore dove sorsero diverse opere, fra cui – fin dal anno 1868 – un complesso scolastico che esiste tuttora, con una scuola superiore che è il Liceo Faà di Bruno.

Morì improvvisamente a Torino il 27 marzo 1888 per un’infezione intestinale, poco dopo Don Bosco (31 gennaio 1888). Da subito ebbe fama di santità, e per questo è stato beatificato da papa Giovanni Paolo II il 25 settembre 1988, nel centenario della sua morte, stabilendone  la memoria liturgica il 27 marzo. Il museo situato a Torino, nei pressi della chiesa di Nostra Signora del Suffragio, ospita in nove sale una raccolta di strumenti scientifici da lui usati o inventati, una ricca biblioteca scientifica ed una raccolta di paramenti sacri fra i quali spicca un calice donato da papa Pio IX in occasione dell’ordinazione sacerdotale di Francesco Faà di Bruno.

Il Corpo Tecnico dell’Esercito Italiano, che ha ravvisato nella figura luminosa del beato Francesco Faà di Bruno un chiaro ideale riferimento per i valori morali che Egli ha saputo incarnare nella vita, ne ha auspicato il patrocinio. L’Ordinario Militare, mons. Giuseppe Mani, accogliendo l’istanza, con decreto n. A/1806 del 22 maggio 1996 ha eletto il beato Francesco Faà di Bruno celeste Patrono presso Dio del Corpo Tecnico dell’Esercito, fissandone la celebrazione il 25 settembre di ogni anno, giorno in cui il santo padre Giovanni Paolo II ne ha solennemente proclamato l’eroicità della vita e delle virtù. La Congregazione per il Culto Divino e la disciplina dei Sacramenti, con lettera n. 1084/961 del 27 luglio 1996 ha confermato l’istituzione del nuovo Patrono del Corpo degli Ingegneri dell’Esercito Italiano (già Corpo Tecnico).

PREGHIERA DEL SOLDATO

Signore Iddio, che hai costituito di molti popoli l’ umana famiglia, da Te creata e redenta, guarda benigno noi, che abbiamo lasciato le nostre case per servire l’ Italia.

Aiutaci, Signore, affinché, con la forza della Tua fede, siamo capaci di affrontare fatiche e pericoli in generosa fraternità d’ intenti, offrendo alla Patria la nostra pronta obbedienza, la nostra serena dedizione.

Fa che sentiamo ogni giorno, nella voce del dovere che ci guida, l’ eco della Tua voce; fa che siamo d’ esempio a tutti i cittadini nella fedeltà ai Tuoi comandamenti, alla Tua Chiesa e nell’ osservanza delle leggi dello Stato.

Dona, o Signore, il riposo eterno ai nostri morti ed ai caduti di tutte le guerre. Concedi ai popoli la pace nella giustizia e nella libertà e che l’Italia nostra, stimata ed amata nel mondo, meriti la protezione Tua e la materna custodia di Maria anche in virtù della concordia operosa dei suoi figli. Amen. 

Diac. Sebastiano Mangano

 

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