Cultura

L’Ascensione di Gesù
Particolare della porta lignea della basilica di Santa Sabina in Roma – inizio V sec.

L’Ascensione del Signore al Cielo, celebrata il quarantesimo giorno dopo la Risurrezione, è una delle grandi feste comuni a tutte le Chiese cristiane. La prima menzione dell’Ascensione la troviamo attorno al 325 in Eusebio di Cesarea (De solemnitate paschali, 5: PG 25, 697C.), che la chiama solennissima. Romano il Melode, nato verso il 490 a Emesa (oggi Homs) in Siria, nel lungo kontakion (kontàkion), dal titolo “Ascensione del Signore e Dio e salvatore nostro Gesù Cristo”, illustra i diversi aspetti teologici della celebrazione (il kontàkion è una omelia lirico-drammatica con la struttura di un inno diviso in stanze e accompagnato dalla melodia, su temi tratti dalla Sacra Scrittura e dalle vite dei martiri).

Il santo Diacono di Emesa parte dalla narrazione biblica dell’Ascensione nel vangelo di Luca (24,50) e negli Atti degli Apostoli (1,9-11), e la sviluppa lungo le 18 strofe dell’inno, ognuna delle quali si conclude sempre con lo stesso versetto: «Non mi separo da voi. Io sono con voi e nessuno sarà contro di voi», che riprende tre testi biblici del profeta Aggeo 1,8: <<Salite sul monte, portate legname, ricostruite la mia casa. In essa mi compiacerò e manifesterò la mia gloria>>, dell’evangelista Matteo, 28,20: <<Sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo>> e della lettera di Paolo ai Romani 8,31: <<Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?>>. Tutta l’economia della salvezza, portata a termine da Cristo, è vista da Romano come la restaurazione della piena comunione tra il cielo e la terra, di cui l’Ascensione diventa il sigillo: «Compiuta l’economia a nostro favore, e congiunte a quelle celesti le realtà terrestri, sei asceso nella gloria, o Cristo Dio nostro, senza tuttavia separarti in alcun modo da quelli che ti amano; ma rimanendo inseparabile da loro, dichiari: Io sono con voi, e nessuno è contro di voi».

Ascensione, mosaico di anonimo del sec. X – cupola della Basilica di santa Sofia – Tessalonica

L’Ascensione del Signore, inoltre, non è un allontanarsi dagli uomini, un lasciarli soli, bensì un pegno del suo amore, della sua consolazione: «Eleviamoci, leviamo in alto occhi e mente, alziamo lo sguardo e i sensi verso le porte celesti, pur essendo mortali; immaginiamo di andare al monte degli Ulivi e di vedere il Redentore portato da una nube: di là, lui che ama donare, ha distribuito doni ai suoi apostoli, consolandoli come un padre, guidandoli come figli e dicendo loro: Non mi separo da voi: io sono con voi e nessuno è contro di voi». Il diacono Romano si sofferma poi sulla protezione e la cura che il Signore ha avuto ed ha dei discepoli e della Chiesa. Con un’immagine presa dal Deuteronomio (32,11), Cristo, sul monte dell’ascensione, è paragonato all’aquila che dall’alto sorveglia e protegge la sua nidiata, immagine che la tradizione bizantina poi applica anche alla cura del vescovo verso la sua chiesa: «I discepoli, condotti sul monte degli Ulivi, circondavano il loro benefattore, e lui stendendo le mani come ali, coprì come un’aquila il nido affidato alle sue cure e disse ai suoi uccellini: Vi ho protetti da ogni male: amatevi dunque come io vi ho amati. Non mi separo da voi: io sono con voi e nessuno sarà contro di voi. Come Dio e Creatore dell’universo io stendo sopra di voi le mie mani, quelle legate e inchiodate sul legno. Nel chinare il vostro capo sotto queste mani voi riconoscete quel che faccio: io impongo su voi le mie mani come battezzandovi e vi mando pieni di luce e di saggezza».

Ascensione del Signore – Incontro tra cielo e terra Giotto – Cappella degli Scrovegni – 1303-1305 – Padova

L’Ascensione di Gesù provoca la tristezza e il lamento degli apostoli che presentano a Cristo l’elenco di ciò che ognuno di essi ha fatto e lasciato, quasi un modello delle condizioni richieste al cristiano: «Abbiamo rinunciato a tutta la nostra vita, siamo diventati stranieri e pellegrini sulla terra. Pietro, il primo tra di noi a farsi tuo seguace, si privò di tutti i suoi averi. Andrea suo fratello abbandonò i suoi beni terreni e si caricò sulle spalle la tua croce. Tu vuoi trascurare e disdegnare l’amore dei figli di Zebedeo? Essi ti anteposero perfino il loro padre. Noi amiamo te più di ogni altro». Romano descrive ancora l’Ascensione di Cristo con profusione di dettagli, servendosi di versetti dei Salmi letti in chiave cristologica: «Dio fece segno ai santi angeli che preparassero per i suoi santi piedi la salita, ed essi gridarono a tutti i principati celesti: Sollevate i cancelli e spalancate le gloriose porte celesti per il Signore della gloria! O nubi, distendetevi sotto colui che avanza. Signore, il tuo trono è pronto. Innalzati, vola sulle ali del vento». È da notare ancora il collegamento tra la nube che copre e nasconde Cristo allo sguardo degli apostoli e Maria sua madre: «La nuvola discese ad accogliere colui che è il condottiero delle nubi, lo prese e lo sorresse: o piuttosto fu sorretta, poiché quello stesso che era portato portava colei che lo reggeva, come una volta Maria. La Scrittura allude a Maria chiamandola nuvola [cfr. Is 19,1], ella che fu custodita da lui mentre dimorava in lei».

Il diacono Romano, che «appartiene alla grande schiera dei teologi che hanno trasformato la teologia in poesia» (Benedetto XVI), per la sua sublime arte nel comporre inni sacri in onore del Signore e dei santi meritò il soprannome di Melode. Morì a Costantinopoli nel 556 circa. La Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse lo venerano come santo e ne celebrano la memoria l’1º ottobre.

Diac. Sebastiano Mangano

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenti sul post