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“Dai corsari ai viceré – Acireale nel cinema dalle origini ad oggi”, il nuovo libro dello storico del cinema e critico cinematografico catanese Franco La Magna (Algra Editore, Viagrande-CT, 2019, € 15,00) sarà presentato domani, 22 Novembre, alle ore 17,30 nell’antisala del Comune di Acireale, alla presenza del sindaco di Stefano Alì e dell’Assessore alla cultura Fabio Manciagli. Sarà presente l’autore e l’editore Alfio Grasso. Seguirà la proiezione del film “La Sposa bella” (1960) di Nunnally Johnson e Mario Russo, una produzione hollywodiana, interamente girato tra Catania ed Acireale. Interpreti Ava Gardner, Dirk Bogarde, Joseph Cotten, Vittorio De Sica, Enrico Maria Salerno, Aldo Fabrizi, Arnoldo Foà. A seguire un ampio stralcio dell’introduzione al libro di Mino Argentieri.

La copertina del libro

Dall’introduzione di Mino Argentieri

“Vi sono svariati modi di leggere e interpretare la storia del cinema, a se stanti ma integrabili purché siano improntati alla precisione dei dati e al rigore dell’analisi e della visione prospettica. La molteplicità delle angolazioni presuppone un concetto di globalità e interazione che aumenti e moltiplichi i punti di partenza dei singoli approcci che possono essere estetici, culturali, filosofici, ideologici, sociologici, politici, psicologi, psicanalitici, religiosi, semiologici, antropologici e di altra specie, nessuno avendo la presunzione di detenere primati, assolutezza ed esclusività (…) E’ a queste direttrici di marcia che più volte si è ricongiunto Franco La Magna, puntando l’obiettivo sulla Sicilia, nella letteratura e sul teatro che hanno preso vita nell’isola e sono approdati allo schermo, sull’apporto dei talenti locali alla maturazione artistica del cinema, sulla intelaiatura di un apparato comunicativo fin dalle più lontane origini e alla fase pionieristica. A uno dei suoi temi più cari, l’autore torna in questo libro fitto, incalzante, agile e preciso che circoscrive la materia da trattare a una città, Acireale, a un luogo che spesso ha fornito i suoi scenari naturali a film di vario tipo in epoche diverse e a uomini e donne che, a vario titolo, in veste di registi, attori, imprenditori, tecnici, fotografi, documentaristi, teorici, hanno svolto un ruolo spesso eminente (si pensi alla figura di Umberto Barbaro, scrittore d’avanguardia, drammaturgo, traduttore, sceneggiatore, critico e regista), abitualmente di sicuro pregio e degno di non essere cancellato da una memoria che non di rado anche nel cinema è di breve durata e commette ingiustizie imperdonabili e preliminari a un peccato di rimozione (…). Conscio di questo vizio, come un serio indagatore, La Magna si avvale dello strumento primario che consiste nel tracciare mappe tramite le quali ricomporre il passato remoto e prossimo in un quadro d’insieme in cui ogni segmento lascia intravedere processi che lo incorporano e lo trascendono (…) C’è una geografia del cinema da scoprire e scandagliare (…) Il cinema, nelle sue punte più alte e più basse, è un’arte che si presta meravigliosamente a queste introspezioni, a patto che si approfitti di una delle sue specificità: essere un prisma ideale per l’osservazione, a tutto tondo e minuziosa e parcellare, ovvero l’opposto di quella angustia in cui si vorrebbe imprigionarlo, l’autoreferenzialità, il gioco fine a se stesso. La geografia, di cui si parla, certamente occorre essere in molti a tesserla, non soltanto il ricercatore paziente, solitario e ostinato o il collezionista tutto curiosità (…) E’ apprezzabile che La Magna, nell’opera sua che ha per epicentro Acireale e la terra siciliana, abbia l’avvedutezza di richiamarci a distinguere sul piano critico quanto di autentico, interessante e nuovo traspare dalle rivisitazioni e dalle esplorazioni cinematografiche e, per contro, a discernere la subordinazione alle convenzionalità, al banale cliché, agli stereotipi (son pensiero cristallizzato, inerte e ripetitivo), all’esteriorità, al pittoresco, alla schizofrenia che si determina tra la verità degli sfondi appiccicati e racconti che replicano vecchi e stanchi schemi narrativi collaudati dal successo commerciale e da consensi provenienti da una platea in cui prevalgono bisogni elementari di fantasticare, acerbi e intellettualmente infantili. Bastino gli esempi del culto innalzato alla foia sessuale dei meridionali in numerosissime farsette strapaesane, l’insistenza sulla passionalità rusticana e l’iconografia di una mafia, che esiste e prospera, ma è identificata prevalentemente nel braccio armato e nelle pratiche violente della sua manovalanza mentre se ne nasconde il volto “rispettabile” e non sanguinolente, la capacità di penetrare nei nuclei decisivi dell’economia e di manovrare, negli intrecci con la politica, il voto di scambio, l’intenzione degli elettori, la corruzione per procurarsi favori e affari, evadere obblighi. L’invito di La Magna, netto e inequivocabile nelle conclusioni, è pertinente e quanto mai attuale, dettato dalla consapevolezza che il cinema è stato, e continua ad essere, in ritardo sull’evoluzione dei tempi, dei fenomeni, delle psicologie e dei comportamenti, fattore frenante che giova a un senso comune conservatore, alle semplificazioni inerti, alle schematizzazioni, a una razionalità claudicante. Esortazione, quella di Franco La Magna, a non smarrire lo spirito critico nel tentativo di storicizzare e di reinquadrare film, poetiche, tendenze, inclinazioni stilistiche, periodi, non confondendo la filologia con l’esattezza delle elencazioni e delle verifiche documentali, anche se queste sono le premesse da cui discende il resto, la sostanza di ogni riprospettazione. C’è da augurarsi che le fatiche sobbarcatesi per condurre a termine una ricognizione non favorita dalle istituzioni e organismi predisposti al mantenimento e all’incremento della memoria storica, non restino relegati nel novero delle eccezioni lodevoli, in quegli atti di generosità che riscattano dall’incedere indolente, dall’ignavia, dalle furberie e trascuratezze, per non dire di peggio. Purtroppo, però, è difficile essere ottimisti in questi quarti di luna”.

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