SpettacoloTeatro

Uno spettacolo corale, surreale, un inno alla fantasia, alla magia ed alla poesia del teatro dove tutto è possibile, tutto può rinascere, può materializzarsi solamente pronunciando il suo nome. Una metafora del teatro in difficoltà, in crisi, in bilico, una rappresentazione onirica, attraversata – dall’inizio alla fine – da una presenza di morte e concentrata sui primi due atti, tralasciando il terzo incompiuto e raccontato da Pirandello al figlio Stefano quand’era già malato e tre anni prima della sua morte nel 1936.

Questo e tanto altro è “I Giganti della Montagna”, ultimo testo incompiuto di Luigi Pirandello, diretto e interpretato da Gabriele Lavia, (nuova produzione della Fondazione Teatro della Toscana, in co-produzione con lo Stabile di Torino e il Teatro Biondo di Palermo), in scena al Teatro Massimo Bellini di Catania, per la stagione di prosa dello “Stabile” etneo, dall’8 al 12 Febbraio. Due tempi di grande suggestione con ventitré attori sul palco, i fantasiosi costumi di Andrea Viotti, le musiche di Antonio Di Pofi con una colossale scenografia di Alessandro Camera che immerge lo spettatore in un teatro distrutto. E l’ultimo testo scritto dal premio Nobel siciliano prima di morire trasporta il pubblico, per due ore e 15 minuti, nel mondo dell’oltre, dove si vedono gli spiriti, con il regista Gabriele Lavia sul palco nel ruolo del Mago Cotrone, rifugiato o emarginato nella propria illusione che il Teatro possa essere il Luogo assoluto, fuori da ogni contaminazione. Cotrone è un mezzo turco con tanto di fez rosso in testa, calzoni gialli su scarpe verdi ed un giaccone blu che guida il gruppo degli Scalognati, esseri liberi che si sono staccati dalla società, si sono liberati da tutte le incombenze e vivono in un Teatro che va a pezzi, con una passerella pericolosa di legno che s’affaccia sugli spettatori della prima fila.

Gabriele Lavia (Foto Tommaso Le Pera)

Tra le rovine di un teatro antico ormai distrutto e tendaggi lunghissimi, sullo sfondo di una luna piena che veglia sulla follia degli esseri umani, il mago Cotrone accoglie nella sua villa – che rappresenta il mondo dell’immaginazione – la Compagnia della Contessa, ovvero un gruppo d’attori smarriti guidati da Ilse che cercano il luogo adatto dove poter rappresentare “La favola del figlio cambiato“, la penultima opera teatrale di Luigi Pirandello. Cotrone invita la rossa, ambigua e bellissima Contessa Ilse, donna affranta e disperata – che si ostina a voler rappresentare l’opera del poeta in mezzo agli uomini – a recitare la novella nella villa oppure tra i Giganti della montagna, potenti signori che Pirandello identifica negli uomini abbruttiti e involgariti, uomini che hanno dimenticato la coscienza della loro origine.

Il capolavoro incompiuto di Pirandello, tra luci colorate, attori vestiti da fantocci e Scalognati, fantasmi ed apparizioni, suoni ed effetti speciali, è illuminato da un mago Cotrone che induce all’incanto delle parole e dei sogni ed alla concezione che, nella complessità, nella trappola della vita, ci tocca incontrare tantissime maschere e pochi volti.

Luigi Pirandello

Il secondo atto si chiude all’insegna della magia, della speranza e soprattutto della paura dell’imminente fine, infatti vita e morte s’incontrano tra verità e finzione, in un dramma – testamento dell’autore e che conclude la trilogia pirandelliana di Gabriele Lavia, interprete e regista di notevole spessore che, durante la pièce, si lascia andare a movenze, espressioni o canzoni sicule da vero e proprio capocomico e sottolinea la poesia del Teatro che si respira in ogni istante oppure il talento prodigioso dei bambini, capaci d’inventare storie a cui credono, magia che l’umanità ha ormai smarrito.

Lavia in una scena (Ph. Filippo Manzini)

Nella sacralità spettacolare della Villa-teatro, alla fine dello spettacolo, ecco le ultime cinque parole scritte da Pirandello e pronunciate dalla seconda donna della Compagnia della Contessa: “Io ho paura, ho paura”, cinque parole che lasciano sgomenti e sospesi, nella paura di chissà cosa, all’interno di un teatro frantumato, semidistrutto, dove attori dispersi, scalognati e Cotrone si sono rifugiati, perché la vita, la società, il mondo, non è più quello adatto a loro. Tutto mentre si ascolta l’assordante calpestio di eserciti di cavalli al galoppo, i rumori sinistri dei Giganti che avanzano senza mostrare i loro volti subdoli ed aggressivi.

Davvero uno spettacolo da vedere, da gustare sino all’ultima scena, un autentico successo di pubblico e di critica per Catania, per il “Bellini” e per lo “Stabile” etneo, grazie ad un allestimento grandioso, ad una regia ricca di fantasia, pathos e poesia ed ad un cast di altissimo livello nel quale vogliamo ricordare, oltre al già citato Lavia, la sensuale, misteriosa ed eterea Federica Di Martino nei panni della contessa Ilse, Marìka Pugliatti, in veste da clown con l’ombrellino che rotea, della compagnia degli Scalognati o la dolce Sgricia di Matilde Piana che ha dovuto sostituire Nellina Laganà, scomparsa di recente e che racconta, emozionando, il miracolo che le ha fatto l’Angelo Centuno.

I Fantocci (Ph. Tommaso Le Pera)

Di grande impatto ed effetto, ad inizio del secondo atto, il gruppo degli otto Fantocci (Luca Pedron, Laura Pinato, Francesco Gross, Davide Diamanti, Debora Rita Iannotta, Sara Pallini, Roberta Catanese, Eleonora Tiberia), con le maschere realizzate da Elena Bianchini, come un opera dal vivo, capaci appena toccati di scomporsi e ricomporsi. Un plauso poi, nei vari ruoli, anche ai componenti della Compagnia della Contessa (Clemente Pernarella, Giovanna Guida, Mauro Mandolini, Lorenzo Terenzi, Gianni De Lellis, Federico Le Pera, Luca Massaro) ed agli Scalognati (Ludovica Apollonj Ghetti, Michele Demaria, Simone Toni, Marìka Pugliatti, Beatrice Ceccherini). Da non dimenticare infine il delizioso lavoro coreografico di Adriana Borriello ed il magico e prezioso gioco luci di Michelangelo Vitullo. Insomma una macchina perfetta, un colossal da non perdere orchestrato da un maestro qual è Gabriele Lavia che anche a Catania con la sua affiatata squadra ha riscosso applausi e consensi in tutte le cinque serate in programma.

I saluti finali

Applausi, applausi ed ancora applausi per una rappresentazione davvero esempio di teatro autentico, alla maniera straordinaria di Gabriele Lavia e soprattutto applausi commossi e reiterati, che hanno infiammato il “Bellini”, quando Lavia ha ricordato Nellina Laganà che ricopriva il ruolo della Sgricia (ora ricoperto da Matilde Piana) e fortissimamente voluta dallo stesso regista e che, per un beffardo destino, ci ha lasciati quasi un mese fa e non ha potuto esibirsi nel suo teatro. Una Nellina che, comunque, era presente, aleggiava nella stupenda sala del Teatro Bellini e sorrideva, fumava e si commuoveva, ascoltando ed applaudendo – dalla sua dimensione parallela, oltre la nostra percezione – la parola del grande Pirandello.

Scheda dello spettacolo

I Giganti della Montagna” di Luigi Pirandello

Regia: Gabriele Lavia nel ruolo del mago Cotrone

La Compagnia della Contessa: Federica Di Martino, Clemente Pernarella,
Giovanna Guida, Mauro Mandolini, Lorenzo Terenzi, Gianni De Lellis,
Federico Le Pera, Luca Massaro.

Gli Scalognati: Matilde Piana, Ludovica Apollonj Ghetti, Michele Demaria, Simone Toni, Marìka Pugliatti, Beatrice Ceccherini.

I Fantocci (personaggi della Favola del figlio cambiato): Luca Pedron, Laura Pinato, Francesco Gross, Davide Diamanti, Debora Rita Iannotta, Sara Pallini, Roberta Catanese, Eleonora Tiberia.

Scene: Alessandro Camera

Costumi: Andrea Viotti

Musiche: Antonio Di Pofi

Luci: Michelangelo Vitullo

Maschere: Elena Bianchini

Coreografie: Adriana Borriello

Produzione: Fondazione Teatro della Toscana, in coproduzione con Teatro Stabile di Torino, Teatro Biondo di Palermo con il contributo di Regione Sicilia e con il sostegno di ATCL – Associazione Teatrale fra i Comuni del Lazio, Comune di Montalto di Castro, Comune di Viterbo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenti sul post