Intervista con...Rubriche

Ci siamo incontrati quasi per caso, così come accade spesso, pur vivendo nella stessa città. Ci siamo parlati prima attraverso messenger e poi abbiamo chiacchierato piacevolmente, di presenza, nel centro storico di Catania, davanti ad un buon caffè, quasi come dei vecchi amici. Ed in pochi secondi ci siamo raccontati, ci siamo scambiate le nostre coordinate di vita e ci siamo ripromessi di rivederci presto. La mia intelocutrice stavolta – ospite dei questa mia amata rubrica – è Barbara Mileto, catanese, scrittrice, fotografa, nuotatrice e allenatrice di nuoto sincronizzato, avvocato, mediatore giuridico, organizzatrice di laboratori esperienziali per bambini, con una esperienza ventennale nel settore dei servizi letterari, arti visive e comunicazione. Empatica ed affabulatrice, ormai da due anni, con la sua “Progettart”, in coorganizzazione con l’Assessorato comunale alla Cultura e con la Biblioteca comunale Vincenzo Bellini (ingresso in via Spagnolo – via Etnea – altezza civico 529) e con la preziosa collaborazione di Francesca Bonaccorsi, confeziona con cura, regala alla città, la Rassegna Letteraria “Parole oltre. Oltre le parole”.

Barbara Mileto

L’incontro con Barbara Mileto è stato molto piacevole e stimolante, si è parlato di noi, della città, delle nostre passioni, dei nostri sogni e da innamorato dei racconti, delle storie e del raccontarsi – in modo lineare, senza filtri o schermi protettivi – ho sposato in pieno il suo motto preferito: “Non sei fregato veramente finchè hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla” (Alessandro Baricco). Le ho, quindi, ho voluto – come avevo promesso – dare uno spazio adeguato per farsi conoscere meglio e per raccontarsi. Le ho posto alcuni quesiti sulla sua vita, sulle sue passioni, sui suoi sogni, partendo proprio dalla seconda edizione della rassegna “Parole oltre. Oltre le parole” svoltasi di recente, dal 23 al 26 agosto.

Sono molto soddisfatta della seconda edizione della mia Rassegna, – spiega Barbara Mileto questa creatura è mia, ma non sarebbe nata e cresciuta così in fretta e in modo così entusiasmante se non fosse stato per il contributo di anime, oltre le persone – leit motiv della Rassegna di quest’anno -, che hanno messo a disposizione la loro opera, la loro passione e il desiderio di condividere questa esperienza tutta catanese. Prima fra tutte l’amica di una vita Francesca Bonaccorsi, docente di italiano e latino in uno dei più rinomati licei classici di Catania, a cui è affidata la parte squisitamente letteraria della manifestazione, che la arricchisce in termini di qualità umane e professionali profuse; Sabina Murabito la direttrice della biblioteca che ospita la Rassegna e Paolo Di Caro, direttore del Palazzo della Cultura che insieme all’Assessorato alla Cultura hanno fin da subito sposato il mio progetto. L’afflusso di pubblico agli eventi  – che quest’anno hanno avuto temi come la cinematografia delle Anime e il simbolismo giapponese, l’inclusione sociale delle disabilità attraverso l’uso corretto delle parole e il blocco della comunicazione interno ed esterno dovuto all’ombra che vive in ognuno di noi – è stato oltre ogni previsione”.

Da sinistra: Barbara Mileto, Emanuela Canepa e Francesca Bonaccorsi

“Ed è subito sera..”. Dove finisce, per Barbara, la scrittura, la parola, l’estro, l’immaginazione e dove inizia la realtà, la vita, il giorno vissuto?

”Non c’è un inizio e una fine, in ogni momento della giornata sono tutte le cose che amo, non c’è una distinzione tra realtà e immaginazione, il che a volte mi rende un essere che vive nell’iperuranio. Ho lasciato un mestiere in cui dovevo mettere una maschera ogni giorno, a seconda degli interlocutori, per l’unico obiettivo di portare a casa il risultato e di quello, materialmente, vivere. Quando la mia natura è andata in contrasto con quel sistema il corpo si è ribellato e sono arrivati gli attacchi di panico. Da allora ho deciso di essere a 360 gradi, senza compromessi, senza finzioni, barcamenandomi per sopravvivere economicamente, ma con la serenità d’animo di poter mettere nella mia vita solo ciò che amo e svegliarmi senza pesi ogni mattina. La scrittura, l’immaginazione l’estro ne ho fatto una professione, non redditizia come fare l’avvocato ma sicuramente più coerente e autentica rispetto all’esistenza che voglio condurre”.

I protagonisti della seconda edizione della rassegna

Quando hai capito che amavi la scrittura? Parlaci del tuo percorso, dei tuoi primi passi, dei maestri incontrati e delle tue passioni.

”Io scrivo da quando ho 10 anni. I miei maestri sono stati i libri. Ho iniziato presto a divorarli. Alle medie la professoressa di italiano aveva la bella abitudine, il sabato, di portare a scuola i libri della biblioteca, li spargeva sulla cattedra e ce li faceva scegliere in ordine alfabetico. Io ero a metà dell’ordine e quindi capitava che i libri che volevo venissero scelti prima che arrivasse il mio turno. Escogitai quindi un metodo che tuttora mi accompagna. Una capacità di apprendimento veloce. Non era più lettura come attività di relax, tipo vedere un cartone animato, o fare una passeggiata, riducevo il tempo di lettura e ampliavo contemporaneamente la mia capacità di assorbimento, perché avevo fame di libri, di parole, di storie. Così, il sabato successivo, io avevo finito il mio libro e i miei compagni invece no e avevo a disposizione tutti i titoli. Potevo scegliere. Da lì nacque il mio modo di vivere le cose, forse sbagliato, ma è il mio: calcolo, pondero, silenziosamente, senza farmene accorgere spesso anche da me stessa, ma poi concentro le mie forze e punto l’obiettivo da raggiungere in un rush finale. Se non ho l’adrenalina dell’ultimo minuto non creo. Così sono anche quando organizzo un evento o quando scrivo. Il massimo risultato nel più breve tempo possibile. Le mie passioni sono tutte alla luce del sole, non ho segreti. Tutto ciò che abbia a che fare con la bellezza trasmessa attraverso l’arte e la cultura diventa fonte di godimento e al tempo stesso di ispirazione. Se poi è incastrata in un contesto ambientale nascosto, dimenticato o abbandonato e da rivalutare, ho fatto tombola”.

Barbara Mileto nella prima edizione della rassegna

Quali sono i testi che preferisci leggere, assimilare e magari raccontare?

”Leggo di tutto, ma amo i testi che appartengono al filone del realismo magico, sono stata allevata da maestri come Calvino, Buzzati, Marquez, il Baricco degli esordi e quindi questo stile mi appartiene, mi ha forgiato, lo ricerco e lo ritrovo nei contemporanei, Benni, Pennac, Murakami tra tutti. Ai bambini preferisco raccontare le leggende, sicuramente, soprattutto quelle di casa nostra. Agli adulti ho imparato a raccontare le cose attraverso le mie emozioni. Credo che sia questo che un pò manchi alla gente, l’autenticità del vissuto. Cioè rendere la storia di una persona, anche importante, anche famosa, alla portata di tutti. Questo lo si può fare soltanto attraverso le emozioni umane che sono uguali: rabbia, dolore, sofferenza, gioia, ognuno le vive a modo suo e nei suoi tempi, ma non c’è dubbio che siano emozioni umane, che appartengano a tutti e non sono da nascondere, ma da mostrare. Le emozioni oggi vengono viste invece come fragilità da celare, dobbiamo dare agli altri l’immagine di esseri perfetti fuori e invincibili dentro. Così facendo creiamo sistemi di comunicazione falsati e rapporti liquidi. Raccontare attraverso il raccontarsi, mettendosi a nudo, trasmettendo la propria identità senza paura dell’occhio del giudizio ci tira fuori dai meccanismi diabolici dell’apparenza, pone l’altro a suo agio, lo accoglie e gli permette di aprirsi a sua volta. È sorprendente, per esempio, come l’ironizzare sui propri difetti davanti al pubblico riesca ad abbattere le barriere della diffidenza. Una risata ci salverà, dice proprio Pennac”.  

Barbara e i Pokemon….

Quanti dei sogni di bambina o di adolescente hai potuto realizzare negli anni e come reputi oggi il tuo rapporto con un mondo troppo disumanizzato e che ha virato verso l’indifferenza, l’egoismo e l’ipocrisia?

”Ho realizzato il mio sogno quattro anni fa con la pubblicazione del mio primo libro, ho ricominciato a scrivere dopo trent’anni e mi piacerebbe farlo per lavoro. Al momento un sogno grosso ce l’ho: trovare un intero stabile al centro di Catania da dedicare ad attività creative (non ricreative…) dove portare i più piccoli a realizzare di avere le capacità e di sentire di essere capaci (che sono due cose differenti) di fare tutto ciò che desiderano. Laboratori di scrittura, disegno, falegnameria, scultura, cartapesta. Un’oasi felice in città. Un progetto utopistico, ma ci riuscirò. In realtà forse io sono una illusa, credo ancora nella bontà del genere umano. Sono innamorata delle persone. Il mo approccio all’altro è nell’ascolto, non sai mai quanta bellezza si può nascondere dietro uno sguardo, dietro a un silenzio. Parlo sempre di chiavi di accesso per accedere all’anima, ognuno di noi ha la sua. Imporre la propria crea muri, barriere e preclude la scoperta di altri “mondi” e così, chissà, anche la riscoperta dei propri, nascosti e /o dimenticati”.

Le tue esperienze di scrittrice e di avvocato. Cosa ti hanno dato, cosa ti hanno fatto capire, cosa ti hanno lasciato dentro?

”Ecco hai colto il segno. Dopo anni di tribolazioni, di conflitti, ho imparato che in me coesistono entrambe queste “personalità”, io sono entrambe. La mia parte immaginifica, creatrice, affabulatrice, che è genetica e che alla fine ha avuto il sopravvento nella mia scelta di vita è però sempre protetta da quella analitica, lucida e calcolatrice data dall’esperienza di venti anni di avvocatura. Insomma mi muovo nel mondo vestendo i panni di un’Alice nel Paese delle Meraviglie, ma con la silenziosa scorta armata di Voldemort…per restare in tema fantastico. Ho imparato così che bisogna stare nel flusso della vita essendo sé stessi e facendo ciò che ognuno di noi sente. “Perché ciò che senti è sempre giusto”, mi ricorda una persona a cui voglio molto bene. La propria anima non può essere repressa troppo a lungo, ci si ammala…”.

Momenti della seconda edizione di Parole oltre. Oltre le parole”

Potendo tornare indietro cosa rifaresti e cosa no? Cosa ami e cosa non apprezzi della tua città, di Catania e dei siciliani?

Rifarei ogni cosa. Tutto serve nella vita, soprattutto le esperienze negative, le scelte sbagliate, le illusioni e le conseguenti delusioni. Servono a testare la propria forza, a costruire la propria casa con punti di riferimento certi e su basi solide, e a smettere di sognare quando non ci sono i presupposti per farlo. Rifarei ogni scelta fatta, forse perderei meno tempo in quella fondamentale di cambiare vita, mettendo al primo posto la mia libertà piuttosto che ancora i desideri altrui. Soffro nel vedere Catania, la mia città così sporca, buia e abbandonata. Senza necessità di muovere critiche su ciò che è stata la gestione della città, da anni a questa parte, basta scendere sotto casa, nel mio quartiere popolare ed ascoltare la voce dei “bassi”. Non è di certo accomodante…Si spera, quello sempre, che chi verrà dopo veda e ascolti di più. Sono siciliana fino al midollo e quindi se devo muovere critiche ai siciliani le faccio a me, e mi confesso, sono presuntuosa (ma anche su questo ci sto lavorando) e come si dice a Catania “faccio polpette” ovvero ingigantisco le cose, ma è anche deformazione professionale”.

La conclusione della seconda edizione della rassegna

Quali sono stati gli incontri importanti nella tua carriera artistica o nella tua vita?

Io credo che ogni incontro sia importante nella vita e che le persone arrivino in un determinato momento, personale e/o lavorativo, che risulta poi necessario alla propria crescita. Che poi rimangano o ti lascino un insegnamento e vadano via è solo questione di temporalità della lezione e/o del “dono”. Se mi volto indietro, vedo tante me in cui non mi riconosco più e le ricollego a compagnie, amori, amicizie, diversi che hanno segnato le tappe del percorso che mi ha portato oggi, a cinquant’anni, a ricostruirmi. Con una nuova casa, nuove radici, un nuovo lavoro e un nuovo modo di essere.  Ma tra tutti il mio pensiero va a un uomo, che posso considerare un maestro di vita, personale e professionale, che purtroppo è mancato prematuramente due anni fa, un avvocato, un collega, più che un amico, persona unica dotata di un’ironia fuori dal comune che nei miei momenti di massimo sconforto, quando in lacrime lo chiamavo o gli spuntavo a casa, mi guardava, scuoteva la testa e tirava fuori la sua massima infallibile: “…tecnicamente tinn’avissi a futtiri” (chi lo conosce sa a chi mi riferisco). E mi strappava quel sorriso che alleggerisce e che rende la vita un passaggio e non un peso. Nei momenti troppo duri è la sua voce che mi viene in soccorso e, quanto meno, con quel sorriso riesco a prendermi meno sul serio, io e ciò che mi accade”.

Nelle tue foto spesso sei libera, informale e sorridente. Ma chi è nella vita di tutti giorni Barbara Mileto, come concilia le sue passioni, il suo lavoro, la famiglia, gli amici, il tempo libero ed i propri spazi segreti?

”Sono un animale sociale, come ho detto amo le persone, amo ascoltare e tanto raccontare. Ma non rinuncio ai miei spazi solitari, li pretendo e spesso mi allontano violentemente, sparisco. Chi mi ama lo sa e non si preoccupa. Le esperienze più belle ed emozionanti le ho fatte da sola. Come il viaggio in Giappone, 15 giorni senza conoscere nessuna lingua, libera di perdermi e di ritrovarmi. La cosa bella della mia vita è che non è a comparti, mi sono scelta un lavoro che è l’insieme delle mie passioni, quindi non ho ferie perché mi diverto lavorando. Sono Barbara sempre e nelle foto non “appaio” mai, così come non appaio nella vita. Se mi vedi sorridente è perché lo sono, non riesco a mentire. Forse per questo a un certo punto ho smesso di fare l’avvocato“.

Una foto del nuovo progetto

Dopo pandemia, lockdown e sosta forzata, quali sono oggi i sogni, le parole, le speranze ed progetti di Barbara Mileto?

”Al momento ho in cantiere un importante progetto fotografico/letterario che è nato proprio in questi giorni, sulla sensibilizzazione verso le malattie della pelle e dell’anima (i disturbi alimentari) di cui io soffro in modo, rispettivamente, cronico per le prime e saltuario per le seconde. Una mostra artistica in cui, per la prima volta ho rotto un mio tabù in modo drastico (come faccio di solito) non solo posando io personalmente, ma facendomi ritrarre in nudo integrale. La bravura del fotografo, Enzo Truppo, amico fidato e professionista unico nel suo stile, è stata incentrare l’attenzione sulle mie macchie bianche, la luce, che sono simbolo di unicità, oscurando il mio corpo, il buio, che al momento è leggermente sottopeso e che rappresenta il campanello d’allarme di un disagio interiore dell’anima. La mostra ruota attorno al concetto di perfezione/imperfezione e di accettazione della propria identità, intesa come essere completo, al di là e contro lo stereotipo della bellezza come immagine esteriore e puramente fisica. Abbiamo finito in questi giorni la scelta degli scatti e al momento stiamo cercando investitori che credano in questo progetto, che io ed Enzo vogliamo itinerante, interessando anche organizzazioni e associazioni specializzate, che trattino le malattie della pelle, soprattutto dal punto di vista psicologico. Non hai idea di quante persone non accettino questa che, a parte qualche disturbo fisico evitabile con degli accorgimenti, è in fondo solo una malattia estetica, una malattia dell’immagine. Anche io ero così fino a una decina di anni fa. Il percorso di scoperta e di accettazione delle proprie parti “scure” dell’anima, di riscatto e di crescita in termini di autostima è fondamentale. La mostra, che non è solo fotografica, ma sarà accompagnata da testimonianze e scritti a tema, anche di personalità in ambito letterario catanese, ha come obiettivo la condivisione di un disagio che non deve diventare limitante della propria esistenza e della espressione della propria personalità, ma può diventare un punto di forza, di sfida agli stereotipi e, per questo, di bellezza. Non è escluso che faccia partire una campagna crowfonding per cercare le somme necessarie. A parte questo, ho deciso di dedicarmi nei prossimi mesi alla scrittura, come priorità assoluta. Sono 4 anni che metto avanti le esigenze, i desideri, i sogni degli altri, sposandoli in pieno, ovviamente, però utilizzandoli un pò come scusa per non rimettermi in discussione. L’ultimo mio libro, “Imperial 290”, è uscito nel 2018 e scrivere è la mia aria. Adesso è arrivato il momento di tornare a respirare”.

Bella chiacchierata davvero, bell’incontro, magari da ripetersi nelle prossime occasioni. Buon lavoro infaticabile Barbara. E continua ad ascoltare ed a raccontare storie…

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