Linguaggio, crudo storia intensa e tratta dalla cronaca dei nostri giorni, rappresentazione asciutta e di grande impatto che trasporta il pubblico in una dimensione che, apparentemente, è lontana da tutti noi. Parla di assenza e di amore smisurato il nuovo spettacolo “Cirasedda non abita più qui”, scritto a quattro mani da Roberta Amato e Alice Sgroi, in scena lo scorso fine settimana (repliche il 29 e 30 aprile – ore 21.00 e 18.00) al Teatro del Canovaccio di Catania (in via Gulli 12), diretto ed orchestrato – con la solita mano esperta – da Nicola Alberto Orofino e con la poderosa e vissuta interpretazione di Vincenzo Ricca.
Il monologo, in circa 60 minuti, su una scena volutamente vuota (c’è solo una tendina e pochi oggetti), come molte delle nostre vite o giornate, racconta la storia amara, cruda, commovente, del protagonista che ritorna dopo anni nel luogo dove è cresciuto e da dove è stato strappato per avere un futuro, per conseguire una laurea, per sfuggire ad un destino già scritto, dall’amore smisurato di una madre assente, ma sempre lì, a casa, vicino a lui..
In questa strana vita capita, a volte, di amare anche l’assenza, il luogo complesso, alienante, dove cresci e vivi la tua vita, gli amici ed i conoscenti che lo popolano, il volto, l’essenza, la dolcezza e la tristezza di chi ti ha messo al mondo e che per un destino immutabile ti deve, prima o poi, lasciare andare via. Tutto ciò succede a Natale, un dodicenne, soprannominato dalla mamma, per i suoi occhi dolci, “Cirasedda” che cresce accogliendo, salutando, congedando, in uno dei tanti quartieri dimenticati della periferia, i clienti della sua mamma, bella e dalla carnagione chiara, che in una stanza esercita il mestiere più antico del mondo. E lui, “Cirasedda”, sul “pisolo” di casa, in attesa davanti ad una tendina, con la sua solita filastrocca, racconta la sua vita, parla dei suoi amici, di “Sorpresina”, del cinese e di tanti altri che partecipano al suo quotidiano fatto dei clienti di mamma Carmela, dei pranzi e delle cene, del polpettone mangiato da solo, delle lenzuola cambiate, della raccolta delle figurine panini, dei suoi calciatori preferiti e dei suoi turbamenti, delle sue mancanze.
Il testo delle due attrici/autrici Roberta Amato e Alice Sgroi che prende in esame personaggi, storie, misfatti e destini segnati di certi quartieri di qualunque periferia urbana, oltre a soffermarsi sulla solitudine, sulla vitalità, sulla voglia di vivere di “Cirasedda”, inquadra anche il carattere segnato dal destino di mamma Carmela e la varietà di un mondo di quartiere brulicante di situazioni e tipi dalle svariate caratteristiche, usi e abitudini che il tempo trascina via con se. Intensa, passionale, commovente, faticosa l’interpretazioni di un vigoroso Vincenzo Ricca che dosa ottimamente espressioni, gesti, esprimendosi con un crudo dialetto catanese e con un colorito ed approssimativo italiano e che, alla fine, è lungamente osannato dal pubblico presente in sala.
Essenziale e come al solito ricercata, ricca di spunti preziosi, la regia di Nicola Alberto Orfino (non nuovo a lavori sui quartieri, come “Glam City” e “I Moschettieri”) che impreziosisce lo spettacolo accostando con cura brani di Chopin, rap e l’indimenticabile brano “Sailing” del mitico Rod Stewart, del ’75, che nelle prime note recita “Sto navigando, sto navigando. Di nuovo a casa. Attraversare il mare, sto navigando. Acque tempestose per starti vicino. Essere libero”.
Alla riuscita dello spettacolo, prodotto da Invento, contribuiscono anche Vincenzo La Mendola e Gabriella Caltabiano, assistente alla regia. Uno spettacolo dedicato dal regista Orofino a tutti i bambini che amano senza misura e anche ai grandi che riescono a ricordarselo, un lavoro da vedere, ascoltare e metabolizzare con calma, un testo forte come un pugno nello stomaco e che concentra lo sguardo su mondi paralleli, su esistenze già segnate dalla nascita, su situazioni e universi che spesso si preferisce ignorare o tenere lontani da un certo perbenismo e magari da applaudire o da condividere solo per l’occasione. Tanto fuori ci aspetta il nostro mondo tutto luci e sorrisi: il fuoristrada, il nostro rispettabile lavoro, la nostra casetta ed i nostri affetti protetti e amati. Come in una favola con il suo lieto fine. Ma in certi quartieri non è così e “Cirasedda” lo sa bene..