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Tutto pronto per il nuovo debutto di “Sfracelli d’Italia”, scritto e diretto da Nicola Costa, sintesi e fotogramma di un sistema la cui condizione politica, culturale e mediatica innesca la conseguente necessità di rivendicare una dignità stordita ed umiliata.

Stavolta non è solo uno spettacolo, ma una denuncia che serve”. Con queste parole enigmatiche, insolite ed al tempo stesso fortemente indicative della propria teatralità, Nicola Costa presenta la sua nuova pièce il cui titolo rappresenta il proprio punto di vista sulla dimensione non solo artistica ma attuale, sociale, antropologica che riguarda un intero paese; un testo accompagnato a sua volta da un inedito sottotitolo “L’Italia s’è desta?” con il quale enfatizza il senso di responsabilità che manca agli italiani e che un po’ tutti dovremmo imparare a riacquisire. A chi gli domanda se il suo modo di far teatro è un modo per far politica, Costa risponde con la sua solita schiettezza e senza necessità di indugio: “Il mio teatro non è mai il fine, ma il mezzo attraverso cui urlare, denunciare, emozionare, condividere. Il teatro è da sempre politica, ma dovrebbe esserlo in modo apartitico e dunque neutrale, oggettivo. Il mio teatro è un’esigenza”.

Locandina Sfracelli d’Italia

Un curriculum di tutto rispetto quello dell’attore, drammaturgo e regista catanese, che vanta una quindicina di testi scritti per il teatro e rappresentati in giro per l’Italia tra teatri, anfiteatri, scuole, istituti penitenziari. Il suo “Sfracelli d’Italia” è un lavoro allestito per il gruppo interpreti del Laboratorio Accademico di Drammatizzazione Permanente nell’ambito del progetto artistico-culturale denominato Centro Studi Teatro e Legalità di Catania, artisticamente diretto dallo stesso Costa (gli interessati alle nuove ammissioni possono contattare la segreteria al numero 3473554340 per prenotare il proprio colloquio, oppure scrivere un messaggio privato sulla pagina o inoltrare una E-mail all’indirizzo nicolacostateatro@gmail.com). Quello ideato da Costa è senza dubbio un percorso progettuale, filosofico ed artisticamente orientato che non risparmia pugni allo stomaco ed emozioni forti, a volte anche poeticamente crudeli, che coinvolge lo spettatore per i contenuti trattati e che abbatte letteralmente e radicalmente la quarta parete per effetto di una regia attenta ai dettagli, matura e quasi matematica messa a servizio di un gruppo di interpreti affiatati e consolidati da altri allestimenti convincenti (come non ricordare “Ritratto di un’Isola” o “Il viaggio – Storie di migranti di ieri e di oggi”) e dalla grande fiducia che questi ultimi, a loro volta, riversano e rinnovano nei confronti del loro maestro, direttore, regista e amico.

Penso ad un teatro vero, orientato, contributivo – aggiunge Costa- che sappia dare senza nulla pretendere. L’unico progetto che seguo e di cui mi interessa discutere è quello del lavoro personale e di squadra, all’insegna del sacrificio, della collaborazione, della disciplina, del risultato. Da tutto il resto mi dissocio con naturalezza e senza troppo dispiacere. Ai miei ragazzi chiedo di non recitare, ma di essere. Recitare non serve. Questa cosa lasciamola fare ai politicanti, ai meschini, agli infami. Gli artisti devono saper far altro: devono essere autentici, nudi, credibili. Questo paese, in questo tempo sbandato, ha bisogno di credibilità”. Parole chiare, forti, coraggiose e mai retoriche, esattamente come il suo modo di far teatro che non lascia mai nulla al caso e che giustifica un’attesa più che motivata per uno spettacolo su cui c’è tanta curiosità.

In scena: Orazio Calì Daniele Caruso, Tiziana Cosentino, Tiziana D’agosta, Daniele Di Martino, Filippo Giurbino, Alfio Mazzaglia, Leonardo Nicolosi, Marco Sambasile e Lavinia Scalzo con l’assistenza alla regia di Irene Galvagno, reciteranno tematiche di democrazia, di informazione manipolata, di subordinazione, di condanna per quanto sta accadendo nella striscia di Gaza, di violazione della Costituzione e di mancate iniziative che rischiano di far sprofondare il nostro belpaese in una palude. Nella speranza, ovviamente, che i versi dell’autore catanese, insieme alle numerose citazioni di Pertini, Calamandrei, Hugò, Sordi, siano soprattutto forieri di sani cambiamenti e non soltanto di amarezza senza via di fuga.

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