Intervista con...

L’abbiamo incontrata ed apprezzata questa estate, prima allo Spazio Giardino Pippo Fava di Catania e poi durante il Festival sulle Memorie a Montalbano Elicona dove si è esibita con lo spettacolo “Nel giardino degli incanti” sul recupero della tradizione popolare orale favolistica del cuntastorie, un racconto interattivo ed itinerante. Stiamo parlando di Chiaraluce Fiorito, attrice, regista, danzatrice e specializzata nella tecnica del teatro di narrazione per bambini.

Diplomatasi come attrice all’Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa, Chiaraluce Fiorito ha partecipato a diversi seminari di perfezionamento per attori diretti da Walter Pagliaro, Egisto Marcucci, Marcello Bartoli, Anita Laurenzi, Cosimo Cinieri, Giorgio Praessburger, Armando Bandini, Donato Castellaneta, Paolo Giuranna, Francesco Randazzo, Giovanni Veronesi e seminari di danza con Donatella Capraro, Emma Prioli, Erica Rooda, Leda Lojodice. Ha lavorato con i maggiori interpreti del teatro italiano tra cui Valeria Moriconi, Roberto Herlitzka, Franco Branciaroli, Massimo Popolizio, Lucilla Morlacchi, Alvia Reale, Laura Marinoni, Luca Lazzareschi, Enzo Vetrano, Nello Mascia. Ha diretto  diversi spettacoli per bambini ed attualmente è curatrice ed interprete di fiabe che stanno riscuotendo grande successo tra il pubblico dei più piccini.

Chiaraluce Fiorito in scena

Con Chiaraluce Fiorito abbiamo parlato della sua attività, di drammaturgia contemporanea, di come interagire con il pubblico, dei suoi riferimenti artistici, di progetti e di tanto altro, ammirando la sua voglia di fare, il suo entusiamo e la sua voglia di scommettersi, di ascoltare ed ascoltarsi.

Chiaraluce, raccontaci cosa ti ha dato e cosa ti continua a dare la tua professione di attrice

“Il mestiere di attrice  è una continua ricerca di sensazioni, emozioni, sensibilità, ascolto, rigore, disciplina, tecnica vocale, gestuale ed a volte bisogna sottrarre all’istinto più immediato la pacatezza dell’attesa, del momento giusto per giungere all’obiettivo: la creazione, la materializzazione di un‘idea. E quest’idea si concretizza con la messinscena e soprattutto nella consapevolezza di essere quel personaggio, ricreare nella mia postura delle linee che corrispondono ad una  drammaturgia fisica e poi vocale. Il filo conduttore proviene dal mio passato di danzatrice che mi ha sempre suggerito il modo, il tempo e l’adattabilità di un corpo parlante nello spazio, la concretezza del movimento interno diviene azione che esplode o implode in parole o silenzi: ecco  la mia percezione dell’essere me stessa e attrice in eguale misura esposta nei miei lavori teatrali, prevale una forma di espressione drammaturgica  gestuale”.

Ancora in scena

Come è cambiato negli ultimi anni il tuo modo interagire con il pubblico e cos’è per te il teatro?

 “Il modo di raccontare, di interagire con il pubblico negli ultimi anni si è fatto più costante e frequente, quasi necessario nella ricerca personale di messinscena, tutto con un “retrogusto”  che passa da  Antonin   Artaud, Jerzy Grotowski, Anatolij  Vassiliev e  invertendo la rotta di partenza  diviene un punto centrale e focale attingere alla tragedia greca e formatami nel lontano biennio ‘92\’94  all’Istituto nazionale del Dramma  Antico di Siracusa  non potevo esserne immune. Il teatro  è un connubio di metodi, di simboli, di percezioni ma è fondamentale per l’attore  trovare la propria identità, la propria essenza identificativa per restituire al pubblico la verità del messaggio subliminare o dichiarato.  Purtroppo non sempre si può adottare un tempo d’indagine così minuziosa e meticolosa su se stessi per via dei tempi brevi di allestimento, se scritturata da un ente teatrale le richieste determinate dal regista possono non confluire con la stessa modalità di ricerca dell’attore sul  personaggio a quel punto si indaga attingendo al proprio percorso di studio accademico e tecniche basilari del nostro mestiere. Mi piace chiamarlo mestiere, il nostro corpo, la nostra voce  sono come una bottega da cui opportunamente prendere gli attrezzi giusti al momento giusto. Mi piace chiamarlo mestiere perché spesso si trascura il valore del lavoro quotidiano che viene fatto durante le prove prima di ogni spettacolo, il percorso di  apprendimento negli anni formativi. Mi piace chiamarlo mestiere perché è un lavoro come un altro  e come tutti i lavori deve essere fatto con passione e deve essere retribuito e qui mi fermo”.

Chiaraluce Fiorito in “Haus” (Ph. G. Primaverile)

La crescita degli attori ed i punti di riferimento di grande spessore artistico…

“Io, credo di essere stata fortunata e me ne rendo conto solo adesso, fortunata dico per aver fatto parte di quel’ultima  generazione che aveva punti di riferimento di grande spessore artistico: attori che avevano calcato le scene con le grandi compagnie di giro e con i migliori registi nazionali, adesso le giovanissime generazioni hanno dei riferimenti che poco hanno a che fare con il mondo del teatro, della gavetta, dello studio su se stessi in senso non esibizionistico e narcisista, ma in senso compensativo, evolutivo, determinando le proprie competenze: non per forza tutti dobbiamo fare tutto siamo in tanti e dovremmo lavorare mettendo in evidenza le peculiarità di ciascuno, spesso è un cerchio chiuso a livello Nazionale, Isolano e cittadino”.

La tua terra, la tua città e la tua professione di attrice…

“Nella  mia terra, intesa in  quanto Sicilia, credo che se da una parte siano venute a mancare le produzioni, le tournèe, gli allestimenti duraturi, dall’altra la creatività ha determinato e rifocillato la drammaturgia contemporanea e la ricerca personale dell’artista alla quale, nel mio piccolo, tento di far parte.

La  mia città, Catania, in quanto città del mio quotidiano e non di nascita perché sono nata  a Trieste, mi ha donato il fuoco dell’Etna unendo la bora irrompente della città friulana creando un miscuglio di luci e ombre nel mio temperamento carnale, sanguigno, riservato, gioioso, curioso, adrenalinico e così pieno di stupore fanciullesco. La mia professione di attrice,  “marca Liotru”, mi ha dato negli ultimi anni la possibilità d’esprimermi, ho potuto dare voce ai miei lavori contando su me stessa e su quelle pochissime persone che continuano a credere  nella mia onestà artistica”.

In “Grido di donna”

Chiaraluce e la drammaturgia contemporanea, la danza e il teatro per ragazzi, il cinema e la tv…

“In questi anni mi sono ”prestata” ben volentieri ad ogni tipo di forma teatrale prediligendo la drammaturgia contemporanea, il teatro di denuncia, la tragedia, i classici, il teatro di narrazione come recupero della tradizione orale del cuntastorie di fiabe non trascurando la commedia dell’arte e respirando, con  Pina Bausch, il cinema sicuramente da prediligere alla tv”.

L’obiettivo della nuova drammaturgia…

“La drammaturgia contemporanea credo che tenti di rendere più verosimile ed empatico il filo unico che intercorre  tra l’attore e lo spettatore forse dico questo perché il mio intento di creazione porta in quella direzione. Sicuramente da tempo si indaga sulle possibili valenze artistiche che uniscono diverse arti multimediali ma soprattutto  scarnifica il non detto sociale, culturale”.

 Cosa vuole oggi lo spettatore dall’attore?

“Il pubblico vuole essere stimolato e se da una parte o meglio una fetta consistente rimane indifferente al teatro, dall’altra ha delle richieste ben precise e soprattutto non vuole essere preso in giro, è più formato ed esigente e riesce a percepire la professionalità dal dilettantismo, l’inconsistenza dalla scrupolosità. ”L’arte non non deve mai tentare di farsi popolare. Il pubblico deve cercare di diventare artistico”. Oscar Wilde docet…  il pubblico brama  avere un terzo occhio artistico, almeno io  lo spero e mi stimola ad assecondare questa bramosia con un nuovo, prossimo, progetto, un piccolo embrione a cui dare consistenza magari con la collaborazione di realtà sicule e…sarà una sorpresa”.

Chiaraluce in “Nel giardino degli incanti”

 Le potenzialità artistiche e le risorse siciliane…

“Le risorse siciliane sono tante, diversificate in modalità non sufficientemente univoche, ma ho percepito positivamente quanto sia la voglia, la costanza, l’ostinazione, la caparbietà di esigere la qualità alla mediocrità, la necessità del dettaglio che si contrappone alla superficialità dell’evanescenza grossolana”.

 La tua recente esperienza, i primi di Settembre, a Montalbano Elicona, al  Festival sulle Memorie…

 “Il Festival sulle Memorie a Montalbano Elicona, in una superba location,  a cui ho fatto parte come partecipante concorrente, è stata una esperienza piacevolissima all’insegna del buon teatro. Sono state tre giornate ricche umanamente e artisticamente, una carrellata (tre al giorno) di spettacoli concorrenti  sublimati dagli spettacoli ospiti che mi hanno ridato ossigeno, voglia di resistere, di proseguire la mia professione di attrice in continua crescita, in continua ricerca, in costante ascolto: ascoltarsi e ascoltare ciò che ci circonda mi restituisce la percezione della verità nella finzione  della mia professione di Attrice e mi rende l’essenza del mio essere donna, siciliana, Insomma Chiaraluce Fiorito!”.

Ancora Chiaraluce Fiorito

Cosa c’è nel futuro lavorativo di Chiaraluce Fiorito?

“Mi piacerebbe far girare alcuni spettacoli già esistenti perché è inconcepibile realizzare e produrre uno spettacolo e riuscire a fare solo due, tre, sei, se va bene, dieci date. Questo è un ostacolo alla linfa vitale della creatività, una sconfitta per gli artisti. Gli spettacoli sono tutti  work in progress, soprattutto il monologo e così spero ritornino in scena: “Grido di donna“ su Felicia Impastato, Rita Atria, Antigone, magari in una nuova versione; “Haus” un monologo  senza veli. La tematica del rapporto autore – attrice  si tinge di chiaroscuri tra vittima e carnefice tra un frizzante e sarcastico  inizio al finale di travolgente emotività; “Nel giardino degli incanti” il recupero della tradizione popolare orale favolistica del cuntastorie con una magica ed articolata storytelling”.

Un sogno da realizzare?

“I sogni son desideri e i desideri non si rivelano, altrimenti non si avverano…”.

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