Cultura

Appena qualche settimana fa Moni Ovadia si era candidato alla direzione del Teatro Stabile di Catania, mosso da quello spirito di servizio che da sempre lo vede operare con autorevolezza in tutta Europa, a sostegno di un teatro vivo e vivificante. La stessa dedizione alla missione teatrale è emersa con forza nell’emozionante incontro a Palazzo Platamone con gli allievi della scuola di recitazione dello Stabile, intitolata ad “Umberto Spadaro”. Un “dono” che i ragazzi non dimenticheranno, ammaliati dal mattatore di una conversazione che parte con toni informali e si trasforma presto in una lezione d’arte e di vita. Ovadia, di recente nominato direttore artistico del Teatro Regina Margherita, ha così risposto con entusiasmo all’invito di Giuseppe Dipasquale, direttore del TSC e della sua Scuola d’Arte drammatica, con il quale condivide dei progetti futuri.

Ancora una volta Moni Ovadia si è rivelato coerente e fedele al proprio credo teatrale ed etico, confermando una statura culturale e artistica di eccezionale spessore ed apertura. Il celebre ospite si è presentato insieme al prestigioso musicista e amico Mario Incudine, anch’egli insegnante nei corsi della “Umberto Spadaro” e a sua volta direttore artistico al Teatro Garibaldi di Enna. I due artisti hanno sviluppato un elettivo sodalizio, avviato con “Le supplici” messe in scena la scorsa estate, con vivo successo, al Teatro Greco di Siracusa. Proprio da quello spettacolo, incentrato sui 42 allievi della scuola dell’Inda, Ovadia ha preso le mosse per parlare ai ragazzi dello Stabile. Per oltre due ore li infiamma e li motiva, predicando l’armonia dell’umanesimo più che il mito dell’artista maledetto.

Subito dopo il trascinante confronto, al quale hanno preso parte anche il coordinatore didattico Ezio Donato e il docente Gioacchino Palumbo, Ovadia si è intrattenuto con il presidente dello Stabile Salvatore La Rosa, al quale ha dato piena disponibilità a collaborare per la realizzazione di importanti progetti. Il rilancio del Teatro Stabile di Catania, sottolinea La Rosa, conta molto sull’eccellenza di Ovadia, sulla sua vicinanza ai giovani e al loro linguaggio. Ne è conferma il face to face con gli allievi nei locali della scuola a Palazzo Platamone.

Quella di Ovadia non è solo o tanto una dichiarazione d’amore verso il teatro, ma una lectio magistralis di democrazia e impegno civile. In lui ruggisce l’alfiere del teatro musicale come espressione di arte totale senza schemi rigidi e chiusure tra generi e discipline. Spinge perciò gli aspiranti attori ad arricchire l’apprendistato coltivando non solo prosa, ma musica e danza. Li esorta allo studio delle lingue del mondo per acquisire una forma mentis cosmopolita e interculturale. E punta per le medesime ragioni alla valorizzazione della lingua siciliana sulla quale si è forgiata alla corte di Federico II la prima scuola poetica in volgare: “Voglio spendermi – dice – affinché venga inserita dall’Unesco tra il Patrimonio immateriale dell’Umanità”.

Sono solo alcuni spunti lanciati dal maestro, bulgaro di nascita milanese di adozione, che tra citazioni colte e umorismo yiddish spazia a 360 gradi, da Carmelo Bene a Kantor a Strehler, dal classico alla sperimentazione, per spiegare che il teatro ha mille volti e ogni artista deve scegliere il proprio senza farsi omologare.

“Compito dei giovani, dunque vostro compito – dice agli allievi incantati dalla sua magnetica personalità – è essere motore e tramite di cambiamento, nell’arte teatrale come nella vita. Tocca voi indignarvi. Cambiare il teatro, la società, la storia”.

Fonte: www.teatrostabilecatania.it

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