Intervista con...

Ha proposto al Centro Zo di Catania, nell’ambito della rassegna “AltreScene”, il suo nuovo lavoro, in prima nazionale, “Niño”, con Cinzia Muscolino, un allestimento che punta anche stavolta e come nei suoi precedenti lavori, sulle suggestioni del linguaggio, del gesto, dell’immagine, del racconto e con cui l’autore prosegue il suo percorso di ricostruzione dei frammenti di vita, le folgorazioni quotidiane che, troppo spesso, sfuggono alla nostra percezione. L’autore, attore e regista messinese, fondatore nel  1993 dell’associazione culturale Solaris – Teatro Pubblico Incanto, è Tino Caspanello che abbiamo incontrato proprio a Catania, alla fine del suo nuovo lavoro e con lui si è parlato del suo nuovo spettacolo, della nuova drammaturgia, del futuro del teatro e degli obiettivi con la sua compagnia.

 Come è nato Niño” e quali sono i tuoi rapporti con l’istituto italiano di cultura di Parigi (dove sei stato ospite per un seminario lo scorso 15 Aprile) e con la Francia in genere…

Nella foto Cinzia Muscolino in "Niño”

Nella foto Cinzia Muscolino in “Niño”

Niño” è nato in Francia, a Grenoble, durante la mia permanenza al Festival Regards Croisés, una settimana di scritture quotidiane, durante la quale lavoravo con un gruppo di drammaturghi provenienti dal Belgio, Canada, Turchia, Polonia e Francia. L’idea mi era stata suggerita da una storia vera, una delle tante storie dei nostri emigrati; sentivo l’urgenza di raccontarla, ma soprattutto desideravo che la scrittura, e la successiva messa in scena, regalassero quasi una redenzione alla donna protagonista della vicenda. Il testo fu presentato in francese proprio in quella edizione del festival; dopo qualche anno l’ho ripreso, riscritto e finalmente abbiamo potuto produrlo con la mia compagnia, affidando le parole del monologo a Cinzia Muscolino.

Per quanto riguarda la Francia, c’è sicuramente l’attenzione verso alcuni miei testi, mi riferisco alle compagnie che hanno nel loro repertorio “Mari”, alle varie presentazioni di “’Nta ll’aria” e a quelle di “Quadri di una rivoluzione”, che ha visto l’ultima lettura pubblica il 15 aprile 2016, all’Istituto Italiano di Cultura di Parigi, durante il seminario Corps à corps, una sessione di studio sul mio lavoro. Istituzioni come la Maison Antoine Vitez e la Maison d’Eruope et d’Orient – qui il mio “Quadri di una rivoluzione” ha ricevuto il Palmarès Eurodram 2014 – hanno sostenuto traduzioni e diffusione dei miei testi”.

Come nasce un tuo testo e come arrivi a trattare un determinato tema …

“Un testo nasce da suggestioni, a volte percezioni appena colte, un gesto, una parola, uno sguardo, una lettura, la visione di un’immagine, la riflessione sulla condizione umana, sulla nostra storia e c’è un tempo durante il quale il materiale si accumula, sedimenta, per una necessaria maturazione che crei relazioni e cominci a dare a esse una forma. Durante la fase di scrittura si operano poi delle scelte che riguardano la lingua, i dialoghi, il ritmo e tutti quei segni che diano finalmente un corpo e un’organicità all’opera. Non essendo, ovviamente, la drammaturgia un linguaggio che appartiene alla trattatistica, il tema centrale, per me almeno, è sempre velato dalla metafora, dallo spostamento continuo, dallo spaesamento: riuscire a portare il pubblico in un “altrove”, questo è uno dei miei obiettivi, in un luogo non-luogo, in una linea mediana, mai ben definita, che mette in contatto la vita fisica con tutta la metafisica che ci compone”.

Una scena di "Malastrada"

Una scena di “Malastrada”

A distanza di qualche anno ti ripropongo la stessa domanda: come vedi  la situazione in Italia del teatro in generale ed in particolare del teatro di ricerca?

“Ho la sensazione, ma non è solo una sensazione, né essa appartiene esclusivamente a me, che qualcosa non funzioni, anche più di qualcosa. Questa nuova riforma, che costringe a fare i conti soltanto con i numeri, che garantisce solo alcuni, che non tutela le piccole compagnie, quelle che non percepiscono contributi, mi pare sia il risultato di una percezione assolutamente distante dalla realtà, più attenta al dato economico che non a quello umano. Si finirà tutti in un supermercato? Andremo al teatro come si va ai centri commerciali? Spero proprio di no. La ricerca? Non saprei, cioè, quella è continua, non si fa altro nel teatro come nella vita, accendiamo piccole luci qua e là e quando percepiamo un percorso appena più chiaro, allora lo percorriamo, nella speranza di non ritrovarci in un vicolo cieco”.

I tuoi lavori danno molta importanza alla lingua, al dialetto. Pensi che il nostro dialetto ed il nostro linguaggio, si stiano trasformando e se sì verso quale direzione stanno andando?

“La lingua è in continua trasformazione, forse non ne percepiamo i cambiamenti, ma se ci potessimo spostare lungo l’asse del tempo, allora potremmo sentire come essa cambia costantemente, a volte arricchendosi, a volte impoverendosi: è il suo percorso naturale, oggi forse forzato da una comunicazione che esige velocità, sintesi.

Per quanto riguarda l’uso dei diversi linguaggi nei miei testi, mi riferisco all’italiano e all’uso del dialetto, ripeto quello che dico sempre quando mi si fa questa domanda: un testo, quando nasce, nasce in una lingua precisa, consapevole. Le differenze tra questa o quell’altra lingua sono certamente fondamentali e non va trascurato il fatto che ognuna di esse trascina dentro e dietro di sé universi, senso, mentalità differenti. Il problema sta, caso mai, nei modi in cui un linguaggio viene usato, nelle sue capacità comunicative e nelle sue potenzialità di esplorazione e ri-creazione lirica, metafisica e anche scientifica”.

Chi è Tino Caspanello nella vita di tutti i giorni?

“Chi sono io? Forse ho smesso da tempo di rispondermi. Banalmente potrei dire che tutti i giorni ci sono dei piccoli riti che si ripetono, o che si inventano, cose che riguardano la mia vita intima, di relazione e anche il mio lavoro, che sicuramente mi definiscono, ma mi ridefiniscono in ogni istante”.

Nella foto Cinzia Muscolino e Tino Caspanello

Nella foto Cinzia Muscolino e Tino Caspanello

Quali ostacoli hai incontrato nell’intraprendere e nel portare avanti la tua professione?

“Col tempo si impara a vedere gli ostacoli come una sfida, mai più come un blocco o una censura e quelli che sembrano veramente insormontabili vengono messi da parte, ci sono sempre altre strade da percorrere. In realtà, a pensarci bene, non ho trovato ostacoli per quanto riguarda il mio lavoro, certamente i cortocircuiti, le incomprensioni, l’indifferenza anche, possono farci rallentare, scoraggiare a volte, ma non possiamo permettere che altri decidano per noi”.

La difficile situazione culturale in Sicilia ed in Italia. Come possono reagire e rispondere all’attuale andazzo gli attori, gli autori, i registi…

“La nostra condizione, situazione, sappiamo tutti qual è, a cosa ci costringe una politica disattenta e interessata a ben altro e non voglio qui puntare il dito contro questa o quella amministrazione che ha fatto, disfatto, complicato o cercato di mettere a posto le cose, se mai ha cercato di farlo. Siamo a un punto in cui soltanto la forza comune può rivendicare il valore di quello che facciamo, ma so anche che non è facile. Forse è arrivato il momento di cominciare a battere i pugni sui tavoli, contro l’indifferenza, la burocrazia, le scelte personalistiche,  e certamente non solo per quello che riguarda il teatro”.

A cosa stai lavorando con la tua compagnia al momento, quali i tuoi prossimi impegni ed un sogno che vorresti realizzare…

“Siamo sempre impegnati nelle repliche di “Mari” che ha compiuto i suoi tredici anni, stiamo cominciando a far girare “Niño” e ci piacerebbe potere realizzare la seconda edizione del nostro festival…”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenti sul post