Intervista con...

Nell’ambito di “Visioni al San Teodoro”, nell’impianto sportivo “San Teodoro Liberato” di Librino, è  stato recentemente tra i protagonisti del gioco teatrale, in forma di recital, “Il processo a Mao Tse Tung” di Nino Greco. Parliamo dell’attore, regista ed autore catanese Alfio Guzzetta, fondatore del collettivo artistico “Terre forti”, associazione nata a Librino e fortemente radicata ed impegnata nel quartiere in diversi progetti come quello degli orti urbani.

Con Alfio Guzzetta, 72 anni, uomo leale, semplice, impegnatissimo nel quartiere e soprattutto nelle battaglie sociali e culturali, sguardo fiero e determinato, abbiamo parlato dei suoi inizi, della passione per il teatro e per la poesia, del suo quartiere Librino, di cultura e di crisi di valori, ma anche di speranze e di progetti.

Guzzetta poeta

Guzzetta poeta

Il teatro, la poesia, l’impegno sociale e gli altri. Quando ha scoperto la passione per il palcoscenico, per la recitazione e la scrittura?

 “Forse la passione è nata per necessità. Sono nato timido e lo sono ancora (anche se nessuno ci crede!).Questa necessità mi ha spinto a cercarmi degli spazi e a circa nove anni ho cominciato a fare qualcosa in parrocchia e siccome l’appetito vien mangiando, come si dice “ci pigghiai suppa” e da allora non ho più smesso. Ho visto che il palcoscenico era almeno un gradino più in salto degli altri e ciò mi galvanizzava. Andando avanti, ovviamente, ho scoperto la bellezza dello scavo dei personaggi e la loro importanza  nell’impatto col sociale.

La scrittura: anche la scrittura nasce per necessità, senza velleità particolari, ma strada facendo ho scoperto un mondo nuovo e la possibilità di potere impregnare la mia anima dei colori dell’arcobaleno”.

Di cosa si occupa con il collettivo Terre forti, nei suoi spettacoli e con i suoi testi?

“Mi hanno insegnato che “in medio stat virtus”, (la virtù sta nel mezzo). Sono convinto che il teatro ha l’obbligo di formare la società. Non lo scopro io, ma è una verità che risale già al teatro greco. Ci sono mille modi per fare ciò e il teatro li possiede tutti: dalla tragedia, alla farsa. Ma si può educare anche senza “pesantezza”. Ed è quello che cerco io. Qualunque proposta necessita di essere compresa non solo da chi la  mette in scena, ma, soprattutto dal pubblico, altrimenti, a mio avviso, perde la sua efficacia. L’Associazione Terre forti si vuole proporre  proprio in questo mondo di mezzo, nel tentativo di ridare valore alla nostra cultura popolare, ma cercando di non banalizzarla o volgarizzarla, sperando in una facile risata”.

Alfio Guzzetta e Librino. La Città Satellite, quartiere spesso abbandonato, mortificato, usato dalla politica. Come l’ha visto crescere e come lo trova oggi?

Librino, i suoi palazzi, l'abbandono...

Librino, i suoi palazzi, l’abbandono…

“Librino, l’utopica Citta satellite, non è un quartiere “spesso” abbandonato, è l’abbandono per antonomasia! E’ un semplice serbatoio di voti. Per il resto la politica – questo è quello di cui mi sono convinto io –  se ne frega altamente. A parte le promesse demagogiche, non vedo nessun cambiamento, anzi mi sembra che si deteriori sempre di più. Non esiste una “politica culturale” degna di questo nome. Mi sembra che ci sia una sorta di muro di gomma: ogni volta che ho affrontato questo discorso (con le diverse amministrazioni, è accaduto sempre qualcosa che ha fatto “deviare” la discussione. Forse il mio giudizio è viziato da una visione romantica, infatti io ci sono nato a Librino, 72 anni fa e, allora, in qualche modo riuscivamo a fare teatro. Oggi vedo un quartiere (nella mia visione romantica) devastato. Circa 65 mila abitanti, il 99% gente degnissima, ma abbandonata a se stessa, senza speranza. E quando manca la speranza, manca la vita. Le uniche realtà sono le numerose associazioni di volontariato che fanno uno splendido lavoro. Ma non si può vivere di solo volontariato. L’avvilimento ormai è tale che i “librinesi” non credono più a niente”.

Come giudica la situazione culturale e teatrale in Sicilia ed a Catania?

“In tutta la Sicilia, Catania compresa, riscontro un fervore culturale incredibile. Ma non è una novità, non dimentichiamo i diversi Nobel per la letteratura siciliani! Purtroppo anche qui vale il discorso fatto per Librino: manca una vera politica culturale che aiuti coloro che provano a fare cultura, questi si muovono in mezzo a mille difficoltà e spesso sono costretti a desistere. A maggior ragione, questa difficoltà, viene vissuta da chi vuole fare teatro. Il teatro comporta costi molto più ingenti rispetto ad altre manifestazioni: richiede spazi idonei, allestimenti, personale, contributi, ecc. Ma la nostra politica sembra ignorare tutto ciò , dimenticando che un popolo senza cultura è destinato ad imbarbarirsi” .

Un giudizio sulla sua città, le difficoltà, le colpe ed i limiti delle istituzioni e dei catanesi…

“E’ vero che la città vive una condizione economica molto difficile, ma ci sono mille modi per aiutare chi si muove nel nostro settore. Spesso, per non dire sempre, i nostri politici fanno demagogia. Nella realtà è difficile per una piccola associazione, realizzare un qualsiasi progetto. Da qualche anno Assessorati, Università, si stanno producendo in uno sforzo notevole nella creazione di reti delle Associazioni. Questo è sicuramente positivo, ma tutto, alla fine, viene ricondotto al volontariato. Ma se la mia Associazione deve allestire uno spettacolo – per quanto minimalista possibile – dove li prende i soldi per l’allestimento? Esistono progetti della Comunità europea o dei Ministeri o della Regione, ma come si fa ad accedervi se non hai la struttura che ti accompagna e qualche (mi sia concesso!) “amico” ?La città cerca di reagire, i cittadini si propongono con tante iniziative, ma senza una vera cultura politica, spogliata da certe visioni eccessivamente “accademiche”, non credo che si migliorerà la condizione attuale”.

Guzzetta durante una esibizione

Guzzetta durante una esibizione

La crisi dello Stabile, del Bellini e la chiusura, la scomparsa, di tante sale teatrali, di tanti presidi culturali…

“E’ l’effetto di quanto dicevo prima. Ogni Ente può tentare di resistere, di continuare a proporre, ma “non si vive di sola gloria”! La crisi dello Stabile è la punta dell’iceberg, così come quella di altre importanti Istituzioni.  Sicuramente è una grande sconfitta per tutta la cittadinanza e per la cultura in generale. Tuttavia certi Enti dovrebbero fare un pò di autocritica e guardare obiettivamente alla gestione passata: forse ci sono stati sprechi? Forse c’è stata una gestione troppo politicizzata? Forse ci si è chiusi un pò in se stessi snobbando quel substrato culturale (quasi sempre spontaneo e “popolaresco”) che sta alla base di qualsiasi altro sviluppo. L’università inizia con la scuola materna e la cultura si sviluppa anche con i semi spontanei!  Oggi se ne parla perché lo Stabile si è fermato, ma quanti piccoli gruppi sono stati costretti  a dare forfait prima di loro”.

Che bilancio può tracciare Alfio Guzzetta dopo tanti anni votati al teatro, alla poesia, alla regia, alla scrittura?

“Sicuramente senza queste crogiolo di attività, sarei stato un altro, non so se migliore o peggiore, forse più “riposato”. Io nasco da una famiglia contadina, mio padre zappava la terra e coltivava dei vigneti alle Terre forti, che oggi chiamiamo Librino. Probabilmente, come la maggior parte dei miei coetanei, mi sarei fermato alle elementari o, al massimo, dopo, con le scuole serali, avrei conseguito la licenza media. Forse l’incontro da bambino con il teatro parrocchiale e il conseguente contatto con un mondo diverso, mi ha portato a “ribellarmi” e ad inseguire un’utopia che sicuramente mi ha formato più di quanto io prevedessi. Le tante esperienze fatte: Il seminario (si, volevo farmi prete!), i mille mestieri, il lavoro al mercato ortofrutticolo ed altre, la mia infanzia rurale, hanno marcato la ricerca, sia in senso popolare che sociale più di quanto mi fossi  proposto di attuare attraverso il teatro, la scrittura o la poesia. Come si dice: “se rinascessi, forse, rifarei quello che ho fatto”.

Guzzetta in scena con "Mao, Belzebù e il Padreterno" alla Sala Magma

Guzzetta in scena con “Mao, Belzebù e il Padreterno” alla Sala Magma

Cosa ricorda in particolare del suo percorso, quali volti, personaggi, avvenimenti, le vengono in mente?

“Ricordo soprattutto le difficoltà. Per poter realizzare qualcosa, ho dovuto inventarmi mille cose, anche se ciò, alla fine, ha contribuito ad inventare me stesso: “triulu  ‘nsigna a chianciri”! Poi l’indifferenza o il “sorriso” di chi mi stava vicino: “ma cu’ tu fa fari a fari u tiatrinu!”. Ciò nondimeno le scelte fatte mi hanno “costretto” a crescere, a conoscere una miriade di persone diverse, di creare contatti con tutta la società, dai bambini (con i laboratori) agli adulti. Tutto ciò mi ha arricchito e formato. Certo ho conosciuto anche attori famosi, ho incontrato personaggi di un certo rilievo, ma quello che più mi rimane in mente e che più mi gratifica, è il contatto con la gente di ogni giorno, quella senza “fumo”, che mi ha contagiato, mi contagia e mi permette di continuare ad essere!”.

Cosa vuole vedere lo spettatore oggi a teatro?

“Secondo me il pubblico “non vuole vedere”, ma “è abituato a vedere”. Purtroppo troppa “necessità” di fare ridere, ha portato spesso a realizzare una forma di teatro banalizzante. Dicevo prima che il teatro si esprime in mille modi: dal mimo alla tragedia. Ma ogni forma va realizzata nel rispetto dello spettatore che non è quello di banalizzarlo. Diceva Galilei che “il buon insegnamento è per un quarto preparazione e tre quarti teatro”. Si può fare ridere, sorridere, pensare giocare, ma tutto ciò va fatto (o va tentato di fare) senza banalità, volgarità, ossessione della risata, e nel massimo rispetto del pubblico. Questo, secondo me, è il dovere di chi fa questo tipo di attività, sia essa professionistica che amatoriale”.

Alfio Guzzetta allo specchio, come si vede e chi è nella vita di tutti i giorni…

“Guardandomi allo specchio  non so se vi vedo farsa, commedia o dramma! Dipende dai momenti. La crisi è perenne, non sempre mi piaccio. Forse la mia innata insicurezza (ricordate quando parlavo della mia timidezza?) mi porta a chiedere chi è colui che viene riflesso. Ma poi guardo a quello che nel mio piccolo ho realizzato, alla forza, alla caparbietà nel volere superare gli innumerevoli ostacoli che via, via mi si sono presentati e non trovo grandi cose da rimproverarmi. Ce l’ho messa tutta. Quello che mi dispiace è che non sempre il mio senso di lealtà è stato ben compreso, anzi, parecchie volte, è stato interpretato in modo totalmente opposto e questo è quello che mi amareggia di più. Però, tornando allo specchio, io so quello che ho inteso fare e mi trovo in pace con la mia coscienza”.

Guzzetta con il regista Salvo Nicotra

Guzzetta con il regista Salvo Nicotra

Rimpiange qualcosa che non ha potuto realizzare?

“Certo! Chi di noi non ha desideri o progetti non realizzati? Mi sarebbe piaciuto fare l’Accademia d’arte drammatica o, magari, qualche valido corso di recitazione e dizione, ma vicende varie me lo hanno impedito. Forse, anzi sicuramente, con maggiori competenze avrei potuto fare di più, ma ormai “cosa fatta, capu ha”! “.

Quali i progetti per la nuova stagione e quale desiderio vorrebbe realizzare nell’ambito teatrale e culturale?

“Ecco il Punctum dolens! Momento di passaggio, tentativo di riscoprirmi e tentativo di riscoprire! Non ho definito nessun programma; ho varie idee, ipotesi, ma niente di certo. Una delle cose alle quali sto lavorando (ma non so con quale esito) sono le favole di Micio Tempio (e non solo le favole). Tempio è conosciuto soprattutto per la poesia erotica o per le “barzellette” a lui attribuite. Invece la sua vasta produzione si sviluppa su temi di impegno sociale e politico che sono quasi del tutto sconosciuti. Ecco, fare conoscere un pò della sua Opera, mi piacerebbe moltissimo. Vorrei rimettere mano anche a qualcosa scritta da me, ma vediamo. Per ora sono solo idee, spero di trasformarle  in realtà!”.

Alfio Guzzetta ospite a “Uno mattina” il 31 marzo 2016

1 commento

  1. Ritengo Alfio Guzzetta un apostolo della sociatà, che s’impegna per migliorarla.

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