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Una serata sicuramente speciale, oggi più che necessaria per i troppi stravolgmenti di linguaggio, usi, abitudini che coinvolgono ognuno di noi, soprattutto nel nostro intimo, nella nostra anima. Raccontare, analizzare, l’atto unico “Centomila, uno, nessuno. La curiosa storia di Luigi Pirandello”, scritto e diretto da Giuseppe Argirò in scena lo scorso venerdì al Cortile Platamone di Catania, nell’ambito della rassegna “Nuovi Confini” e per “Catania Summer Fest 2023”, significa rendere omaggio alla significativa produzione, al percorso di vita di Luigi Pirandello, capace di creare per le sue creature, per i suoi personaggi, una lingua accattivante, seduttrice, ammaliatrice.

Pambieri in scena

Su una scena quasi spoglia, con un leggio, una sedia, un divanetto e col supporto delle video proiezioni curate da Claudio Ammendola e delle musiche di Yann Tiersen e Alberto Iglesias, il protagonista, il “ragionatore”, dell’intrigante atto unico di circa 89 minuti, è un pilastro del teatro italiano ovvero quel Giuseppe Pambieri (nella foto sopra) che, con il suo sublime tono di voce, con la sua possente parola, ricca di poesia e  musicalità, introduce l’attento spettatore – in una calda serata di luglio – tra le pieghe complicate, affascinanti, note e meno note, dell’esistenza del grande autore agrigentino.

“Una notte di giugno caddi come una lucciola sotto un gran pino solitario in una campagna d’olivi saraceni affacciata agli orli d’un altipiano d’argille azzurre sul mare africano”: così Pirandello descrive l’inizio del suo “involontario soggiorno sulla terra”. Connotato da una forte ironia lo spettacolo è il ritratto dell’uomo del Novecento, del poliedrico universo di Pirandello, evocato nei suoi aspetti meno conosciuti. E’ il racconto della vita di un’anima a cui piaceva visitare l’indole, il carattere e la mente di ciascuno di noi. Attraverso la narrazione elegante, musicale, profonda, di Pambieri emerge quindi quel Pirandello che, amabilmente, dialoga col pubblico delle sue cose, della sua crescita, dei suoi amori, di alcune figure – note e meno note – che lo hanno accompagnato nella sua vita.

Una scena dell’atto unico

Ecco quindi il rapporto con la domestica Maria Stella, che nutrì l’immaginazione religiosa dell’autore e il suo mondo magico popolare, la disattenzione della madre, il rapporto conflittuale con un padre opprimente, la figura del precettore, custode del suo apprendistato culturale, dai tumultuosi anni giovanili e poi ancora la moglie dalle “tre erre” (racchia, ricca e religiosa), la malattia della sorella, il soggiorno a Bonn e le donne incontrate lungo la strada, la guerra e i segni che lasciò sul carattere delle persone.

Il testo di Argirò, nuovamente con Pambieri, dopo aver portato in scena nel 2015 Leopardi in “L’infinito Giacomo“, rivela in tutto e per tutto l’uomo Pirandello attraverso le parole dei suoi personaggi, da “Non si sa come” ai “Sei personaggi in cerca d’autore”, da “Il Berretto a sonagli” all’“Enrico IV”, da “L’uomo dal fiore in bocca” (momento di particolare impatto, con Pambieri a stretto contatto con lo spettatore, con un emozionante incrocio e scambio di sguardi) ai “Giganti della montagna”, evidenziando tematiche sempre attuali quali l’amore, l’essere, l’apparire, la follia, la morte.

I personaggi, ciò che siamo, come ci vedono gli altri, la vita che non si conclude, la corda pazza, la verità e la finzione, l’essere e l’apparire, il desiderio d’attaccarsi alla vita. Ogni virgola, ogni punto, ogni respiro, delle opere di Luigi Pirandello aprono sempre porte, spiragli di verita, illuminano cammini oscuri, scatenano sempre riflessioni, paure e dubbi dentro ognuno di noi. La vita complessa, tormentata del maestro Pirandello, le sue novelle, i suoi capolavori, guardano dentro le nostre anime. E come è successo anche stavolta, seduti tra il pubblico, il suo sguardo profondo indaga, viviseziona ogni nostro, lungo o breve, percorso di vita.

Il maestro Pirandello

Ascoltando ed applaudendo Pambieri ed il testo di assoluto spessore di Giuseppe Argirò ci si accorge che Pirandello alla fine siamo tutti noi, nessuno escluso, ciascuno a suo modo. Spesso non ci riconosciamo, ci vediamo diversi da come ci vedono gli altri, forse, quasi tutti, siamo ancora in  ricerca d’autore, in una realtà ormai alla deriva, soffocata da ipocrisia e follia. Tra una apparente gentilezza e disponibilità ed una reale meschinità.

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