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La vita di Giovanni è conosciuta soltanto per grandi linee, date le poche fonti più antiche e le incertezze delle biografie posteriori, nonché la mancanza, pressoché totale, di indicazioni biografiche nelle opere, pur tanto numerose

San Giovanni Damasceno,
affresco del XIV secolo, Monte Athos

         Su Giovanni abbiamo la Vita araba, scritta dallo ieromonaco (sacerdote-monaco) antiocheno Michele nel 1085, scoperta e pubblicata  da C. Basa nel 1912. In essa viene fatto riferimento ad un patriarca Giovanni non meglio identificato, ma che sembra appartenere all’inizio del XII secolo. Nella sua Vita greca troviamo l’Encomio di Costantino Acropolita, ministro dell’imperatore   bizantino Michele VIII Paleologo (1223-1282), e altre due Vite greche, una anonima, l’altra del patriarca Giovanni Merkuropulo, edite da Athanasios Papadopulos-Kerameus (1856-1912). A questi documenti si aggiunge nel 1926 un racconto più breve della vita di Giovanni dell’XI secolo; da questa vita derivano le notizie dei Sinassari più antichi.

            Da queste fonti si apprende che Giovanni nacque a Damasco nel 650 circa, nella nobile e ricca famiglia Masnur di fede cristiana, poco tempo prima che la città fosse conquistata dai musulmani e divenisse  capitale del califfato degli Omayyadi nel 656. Giovanni, come già il padre, lavorò alla corte del califfo fino a ricoprire la carica  di Prefetto del diwan, cioè di responsabile economico del califfato della Siria dalla metà del VII secolo,   cioè nei primi tempi della dominazione islamica, fino al 705 circa, quando la politica dei musulmani nei confronti dei cristiani si inasprì e diventò molto ostile.

            Padre di Giovanni fu Mansur  ibn Sargun, amico del principe Jazid, nella cui corte Giovanni passò i suoi primi anni. Ma quando le ostilità dei musulmani verso la  presenza cristiana a Damasco si accentuarono, Giovanni  fu costretto a lasciare Damasco. Egli  fece così la scelta decisiva della sua vita. Distribuì tutti i suoi beni ai poveri e, rinunciando agli onori e agli agi della vita di corte, probabilmente all’inizio del VIII secolo, maturò la scelta di abbracciare la vita monastica nella laura di San Saba, vicina a Betlemme, dedicandosi all’ascesi, allo studio  e all’attività letteraria. Qui ebbe come compagni il fratello adottivo Cosma (706-760), futuro vescovo di Maiuma  di Gaza, poi soprannominato il Melode, ed il proprio nipote santo Stefano iunior.

A Gerusalemme Giovanni godette della stima  del patriarca Giovanni V (+735) che lo ordinò presbitero e lo ebbe come suo stretto collaboratore. Egli ebbe pure un ruolo di primo piano come omileta nella Basilica del Santo Sepolcro e di scrittore, principalmente nella polemica contro le eresie cristologiche diffuse in Siria e in Palestina e contro  l’iconoclastia di Bisanzio, scatenata dall’imperatore Leone III Isaurico nel 730, divenendo uno dei principali difensori del culto delle sacre immagini. Le affermazioni fondamentali del II Concilio di Nicea del 787, che chiuse l’epoca iconoclasta, affermando la liceità del culto delle immagini sull’incarnazione del Verbo di Dio, sono ispirate all’insegnamento del Damasceno (S. Mangano, L’Episcopato siciliano e il diacono Epifanio di Catania  al II Concilio di NiceaDifesa del culto delle sacre immagini, Catania, 2005, pag. 4-9).

Altri particolari sui suoi studi a Damasco, sugli atti di umiltà ed ubbidienza nella laura di San Saba ed altri scritti sono incontrollabili, ovvero sono da ritenersi falsi. A questi appartengono l’epistolario della mano rescissa per ordine del califfo e miracolosamente restituitagli dalla Madonna.

Giovanni ha prodotto numerose opere dogmatiche, polemiche, ascetiche, esegetiche, omiletiche e poetiche, raccolte nelle edizioni compilate in Occidente.

Panaghia Tricherousa -Madre di Dio ‘dalle tre mani’

Lasciando da parte le prime edizioni latine di Giacomo Fabro (Parigi 1507), del Clictoveo (Parigi 1512), e l’edizione greca di Donato Veronese (Verona 1531), che si limitano al trattato De fide orthodoxa, all’orazione De iis qui in fide dormierunt e alla Historia Barlaam et Ioasaph, la prima edizione più completa delle opere del Damasceno fu fatta Henricus Gavius (Colonia 1546). A questa seguì la greco-latina di Matteo Hopper (Basilea 1548) e la nuova traduzione latina di Giacomo Billy  (Parigi 1577), accresciuta nel 1603 da Frontone le Duc. Solo nel 1712 il domenicano Michele Lequien diede a Parigi la sua edizione greco-latina, riprodotta anche dal Migne (PG 94-96). Anche i Benedettini dell’Abbazia di Scheyern in Baviera hanno curato una edizione critica delle opere di Giovanni Damasceno.

L’opera principale di Giovanni Damasceno è la Fons cognitionis (Fonte della conoscenza), composta nel 742 che consta di tre parti; nella Dialectica, che è  una introduzione filosofica che spiega i concetti più importanti per la dottrina della fede, Giovanni tratta soprattutto di quei concetti aristotelici  che coincidono con il neo platonismo e, attraverso questo, utilizzati dai Padri della Chiesa; si può dire che il suo pensiero è una dialettica aristotelica in un quadro platonico. La seconda parte è una storia delle eresie che sfrutta Epifanio di Salamina (310-403) e Teodoreto di Cirro (393 – 457). Solo i tre ultimi capitoli, 101-103, sono indipendenti, ma si devono forse attribuire ad un altro autore. Anche la terza parte, De fide ortodoxa (Esposizione della Fede ortodossa), consta di 100 capitoli. Nell’Occidente, forse sull’esempio delle Sentenze di Pietro Lombardo (1100-1160), forse per uno schema in essa rilevabile, quest’opera fu divisa in quattro parti: 1. Dio, 2. La creazione, 3. Cristo, 4. ancora Cristo. I Sacramenti, La venerazione dei santi e delle immagini, La Sacra    Scrittura, il male e I Novissimi.

Duomo di Milano, vetrata del XVI sec. raffigurante il taglio della mano di san Giovanni Damasceno
per ordine dell’imperatore Leone III Isaurico.

Di fondamentale importanza sono i tre discorsi sulle sacre immagini tenuti fra il 726 e il 730, De imaginibus orationes, i primi due furono pronunciati in occasione dell’editto dell’imperatore Leone III Isaurico (717-741), contrario al culto delle sacre immagini. Questi discorsi, non espongono solo alcuni pensieri apologetici in difesa della venerazione delle sacre immagini, perché essa viene vista nel suo significato fondamentale per la teologia e la pietà della Chiesa greca.

La Introductio elementaris ad dogmatica (Introduzione elementare sui dogmi) tratta lo stesso argomento sviluppato nella prima parte della Fonte della conoscenza, Il Libellus de recta sentenzia (Libretto sulla retta sentenza) è una professione di fede per un vescovo che esigeva rassicurazioni contro l’eresia del monotelismo, la quale  affermava che nella persona di Cristo vi era la sola volontà divina, che avendo assorbito quella umana, limitava così la vera umanità di Cristo.

Nell’opera De hymno trishagio (Il Trisagio), l’autore dimostra che il triplice “Santo” non si riferisce solo al Figlio, ma a tutta la Trinità, e perciò l’aggiunta ad esso fatta  dal vescovo di Antiochia Pietro Fullone (+488) (… che per noi sei morto in croce) è da scartare.

Nelle opere polemiche abbiamo due dialoghi antimanichei, due trattati contro il nestorianesimo, due contro il monofisismo, uno contro il monotelismo, due frammenti di un’opera contro la credenza nei draghi e nelle streghe, di dubbia autenticità.

San Giovanni Damasceno
rappresentato con tre braccia, due nell’atto di pregare la Vergine ed il terzo per scrivere.
Opera del 1827 del pittore brontese Giuseppe Dinato (1795-1848 – Chiesa di san Blandano – Bronte (CT)

Nelle opere etiche ed ascetiche  troviamo le Sacra parallela (Paralleli sacri), che sono un’ampia raccolta di scritti e citazioni patristiche di cui purtroppo non è dimostrata, almeno per la loro totalità, l’autenticità. E’ un’opera di natura e struttura antologica in grado di riportare sentenze di carattere morale e ascetico, desunte dalla Bibbia e da opere per noi perdute.

 Nel  De sacris ieiuniis (I digiuni sacri) Giovanni dimostra che la Quaresima di otto settimane è eretica, perché di origine monofisita; nel De octo spiritibus nequitiae, (Gli otto spiriti del male) espone gli otto vizi capitali ed i mezzi per combatterli; l’opera era destinata ai monaci; nel De virtute et vitio (La virtù e il vizio), tratta lo stesso argomento, ma per una cerchia di lettori più ampia (S. Mangano, I vizi capitali nella riflessione del diacono Evagrio Pontico (345-399), importante esponente della teologia monastica origeniana, Catania, ottobre 2021).

Il Damasceno, per il commento alle lettere paoline utilizzò le omelie di Giovanni Crisostomo, di Teodoreto di Cirro e di Cirillo di Alessandria.

Tra le sue Omelie giunte a noi, solo una dozzina sono sicuramente autentiche, tra le quali quella particolarmente preziosa  In Nativitatem B. V. Mariae e le tre omelie tenute il 15 agosto sull’Assunzione della Madonna: Homiliae in dormitionem B. M. Virginis. In esse l’autore sottolinea  la partecipazione della Madre di Gesù al disegno della redenzione operata da Cristo e la sua associazione alla passione e alla risurrezione del Figlio nella sua Assunzione al cielo, come ormai comportava una tradizione già diffusa nella Chiesa d’Oriente.

 Nell’Omelia per la festa della Natività della Beata Vergine Maria, Giovanni dice:

<<Oggi il ceppo di Jesse ha prodotto la sua progenie, sul quale sboccerà un fiore divino per il mondo. Oggi, colui che una volta fece sorgere il firmamento dalle acque, crea sulla terra, da una sostanza terrena, un nuovo cielo; e questo cielo è molto più bello e più divino dell’altro, perché da esso nascerà il sole della giustizia, colui che creò l’altro sole. (…)

Quanti miracoli si uniscono in questa bambina, quante alleanze si stringono in lei! Figlia della sterilità, sarà la verginità che partorisce. Essa sarà l’unione della divinità e dell’umanità, dell’impassibilità e della sofferenza, della vita e della morte, affinché in tutto ciò che era male possa essere vinto dal migliore.

O figlia di Adamo e Madre di Dio! E tutto ciò è stato fatto per me, Signore! Tanto era il vostro amore per me, che non avete voluto assicurare la mia salvezza per mezzo degli angeli o di qualche altra creatura, ma per restaurare da voi stesso ciò che voi stesso avevate creato. (…) Oggi, il creatore di tutte le cose, il Dio Verbo compone un nuovo libro, che scaturisce dal cuore del Padre suo, e che scrive per opera dello Spirito Santo, che è la lingua di Dio. (…)

O figlia del Re Davide e Madre di Dio, Re Universale! O oggetto divino e vivente, la cui bellezza ha affascinato il Dio creatore, tu la cui anima è tutta sotto l’azione divina e attenta a Dio solo; tutti i tuoi desideri sono diretti verso ciò che solo merita di essere cercato e che è degno di amore; hai collera solo per il peccato e il suo autore.

Avrai una vita superiore alla natura, ma non l’avrai da te, tu che non sei stata creata da te. L’avrai consacrata tutta a Dio, che ti ha introdotto nel mondo, per servire alla salvezza del genere umano, per realizzare il disegno di Dio, l’Incarnazione del Figlio suo e la deificazione del genere umano.

Il tuo cuore sarà nutrito dalle parole di Dio: esse ti feconderanno, come l’olivo fertile nella casa di Dio, come l’albero piantato presso le acque vive dello Spirito, come l’albero della vita, che ha dato il suo frutto al tempo fissato: il Dio incarnato, la vita di tutte le cose. I tuoi pensieri non avranno altro oggetto che ciò che giova all’anima, e qualsiasi idea che non sia solo perniciosa, ma inutile, la rifiuterai prima ancora di averne sentito il gusto.

 

I tuoi occhi saranno sempre rivolti al Signore, alla luce eterna e inaccessibile; le tue orecchie attente alle parole divine e ai suoni dell’arpa dello Spirito, per mezzo del quale il Verbo è venuto ad assumere la nostra carne. (…) Il tuo purissimo cuore, libero da ogni macchia, vedrà sempre il Dio di ogni purezza e arderà di desiderio per lui. Il tuo seno sarà la casa di colui che nessun luogo può contenere. Il tuo latte nutrirà Dio, nel bambino Gesù.

Natività della Vergine Maria Pietro Lorenzetti -1335-1342 – Museo dell’Opera del Duomo – Siena.

Tu sei la porta di Dio, raggiante di perpetua verginità. Le tue mani porteranno Dio e le tue ginocchia saranno per lui un trono più sublime di quello dei cherubini. (…) Tu sei il tempio dello Spirito Santo, la città del Dio vivente, rallegrata dai fiumi abbondanti, i fiumi santi della grazia divina. Sei tutta bella, tutta vicina a Dio; domini sui Cherubini, più in alto dei Serafini, vicina a Dio stesso. (…)

O tu che sei figlia e sovrana di Gioacchino e di Anna, accogli la preghiera del tuo povero servo che è solo un peccatore, e che tuttavia ti ama ardentemente e ti onora, che vuole trovare in te l’unica speranza della sua felicità, la guida della sua vita, la riconciliazione con il tuo Figlio e il pegno sicuro della sua salvezza.

Liberami dal peso dei miei peccati, dissipa le tenebre accumulate intorno alla mia mente, liberami dalla mia spessa immondizia, reprimi le tentazioni, governa felicemente la mia vita, affinché io possa essere condotto da te nella beatitudine celeste e concedi la pace nel mondo. A tutti i fedeli di questa città, dona gioia perfetta e salvezza eterna, attraverso la preghiera dei tuoi genitori e di tutta la Chiesa>> (In Nativitatem B. V. Mariae: PG 95,661-680.).

Un iconografo . da un manoscritto francese dell’XI sec, dei Sacra parallela di Giovanni Damasceno

Giovanni acquistò fama di poeta anche per i suoi canti religiosi, tra cui i Canoni, che sono gruppi di nove canti diversi per melodia e ritmo.

Egli fu ritenuto a lungo anche autore del Oktoechos, cioè degli Otto suoni, un libro liturgico della Chiesa Greca del VI sec, quindi notevolmente anteriore al tempo del Damasceno, per quanto molti inni in esso contenuti siano da lui composti.

Giovanni, che morì quasi centenario, probabilmente il 4 dicembre del 749,  fu soprattutto un testimone oculare del trapasso dalla cultura cristiana greca e siriaca, condivisa dalla parte orientale dell’Impero bizantino, alla cultura dell’Islàm, che si fece spazio con le sue conquiste militari nel territorio riconosciuto abitualmente come Medio o Vicino Oriente.

Il Martirologio Romano del 4 dicembre così lo ricorda: <<San Giovanni Damasceno, sacerdote e dottore della Chiesa, che rifulse per santità e dottrina e lottò strenuamente con la parola e con gli scritti contro l’imperatore Leone l’Isaurico in difesa del culto delle sacre immagini. Divenuto monaco nel monastero di Mar Saba vicino a Gerusalemme, si dedicò qui alla composizione di inni sacri fino alla morte. Il suo corpo fu deposto in questo giorno>>.

Laura di san Saba – monastero e centro spirituale greco-ortodosso nei pressi di Betlemme, così denominato dal suo fondatore, Archimandrita san Saba – 439

Il culto di san Giovanni Damasceno fu molto diffuso in Oriente, in Occidente, invece, è stato registrato nei calendari liturgici solo in epoca relativamente recente  alla data del 4 dicembre, giorno in cui  fa memoria la Chiesa Cattolica e  tutte le Chiese che ammettono il culto dei Santi.

Le reliquie di san Giovanni Damasceno si conservano nella laura di San Saba a Gerusalemme. Al tempo dell’imperatore bizantino Andronico II Paleologo (1259-1332) si trovavano a Costantinopoli, ma da secoli se ne sono perdute le tracce.

Papa Leone XIII proclamò san Giovanni Damasceno Dottore della Chiesa nel 1890 e papa Benedetto XVI, nell’Udienza Generale del 6 maggio 2009, definì san Giovanni Damasceno, un personaggio di prima grandezza nella storia della teologia bizantina e un grande Dottore nella storia della Chiesa Universale.

     Diac. Dott. Sebastiano Mangano  

     già Cultore di Letteratura Cristiana Antica nell’Università di Catania

Parrocchia-Santuario di Maria in Ognina – Catania
8 settembre – festeggiamenti in onore della Madonna di Ognina

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