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E’ un testo, un lavoro, di notevole profondità, che si sofferma su valori universali e che – attraverso un incontro-scontro davvero epico tra due forti personalità – regala una pagina di teatro davvero sublime. Stiamo parlando dello spettacolo in due atti, “I due papi”, di Anthony McCarten (sceneggiatore, scrittore, drammaturgo, produttore cinematografico ed ex giornalista neozelandese), tradotto da Edoardo Erba, in scena al Teatro Vitaliano Brancati di Catania, per l’odierna stagione di prosa, fino a sabato 2 dicembre, con la regia di Giancarlo Nicoletti, le scene di Alessandro Chiti, i costumi di Vincenzo Napolitano e Alessandra Menè, il disegno luci e la fonica di  David Barittoni.

La pièce si avvale dell’intensa interpretazione di Giorgio Colangeli e Mariano Rigillo, con la partecipazione straordinaria di Anna Teresa Rossini e con Ira Fronten e Alessandro Giova. Nonostante l’impegnativo titolo e le due ore di durata, lo spettacolo è tutt’altro che soporifero, anzi risulta incalzante tra storia, ironia, confessioni e riflessioni tra due uomini tanto diversi tra loro che, con il loro spessore ed il loro forte carattere, intrecciano una forte e duratura amicizia.

Colangeli e Rigillo

Sulla scena di Alessandro Chiti che – con dei pannelli scorrevoli- riproduce i giardini di Castelgandolfo, il balcone con vista su piazza San Pietro e la luminosità della Cappella Sistina, si racconta la vicenda particolare dei due protagonisti, ovvero si ipotizza l’incontro-scontro, dalle mille sorprese e sfumature, tra Benedetto XVI e l’allora cardinale Jorge Bergoglio, nel periodo in cui Joseph Ratzinger stava maturando la sorprendente decisione di rinunciare alla carica di Vescovo di Roma, con l’intenzione di indicare proprio Bergoglio come suo successore, con il nome di Francesco.

Sin da subito lo spettacolo, grazie all’avvincente e intrigante regia “a quadri” di Giancarlo Nicoletti, si focalizza sul particolarissimo incontro-confronto tra i due personaggi fuori dal comune, emergono le loro differenze caratteriali, i loro dubbi, le loro preferenze i loro segreti e soprattutto vengono a galla le loro diversissime vedute, le loro posizioni contrastanti sulle questioni morali ed etiche che confondono, preoccupano la Chiesa del XXI secolo quali ad esempio l’uso dei contraccettivi, il crollo delle nascite, il celibato dei preti, il rapporto fede e omosessualità, oppure gli scandali del Vaticano o gli abusi sessuali di sacerdoti su minori.

Gli applausi finali – Foto Dino Stornello

Dalla diffidenza iniziale tra i due “giganti” si passa, nella seconda parte dello spettacolo, ad una vera e propria reciproca confessione ed assoluzione, fino a celebrare una intima ed affettuosa amicizia che porta Ratzinger e Bergoglio allo scambio delle sciarpe delle  Nazionali di Argentina e Germania come se si  giocasse una finale calcistica. Sulla scena, entrambi estremamente convincenti, Giorgio Colangeli nei panni dell’autoritario, ironico, Papa Ratzinger, appassionato di Mozart e delle vicende televisive del Commissario Rex, frastornato dal necessario rinnovamento nella Chiesa e con difficoltà a comunicare con le giovani generazioni e Mariano Rigillo nel ruolo di un espansivo cardinale Bergoglio dall’animo semplice, amante del tango e del calcio, della squadra del San Lorenzo, ma che non si riconosce nella struttura-Chiesa del nuovo Millennio. Con i due protagonisti si segnalano anche Anna Teresa Rossini, nei panni della suora cui Benedetto XVI confida per prima le sue future intenzioni e la venezuelana Ira Fronten che interpreta la giovane religiosa che ha accompagnato i vari i momenti della vita sacerdotale di Bergoglio.

Spettacolo molto gradito ed applaudito dal pubblico che ha assistito ad una mitica, ironica, severa contesa ed alla nascita di un’amicizia speciale fra due personalità fuori dall’ordinario. Un lavoro dove si è discusso anche animatamente di potere, di vita, di crisi, di problemi interni della Chiesa, tutto sempre in modo elegante, bilanciando drammaticità, ironia e simpatia e mostrando sempre il lato più umano dei due grandi protagonisti e soprattutto umanizzando il complesso mondo del Vaticano, sottolineando contemporaneamente che spesso il potere si trasforma in un troppo pesante carico di responsabilità e che la crisi, inevitabilmente, mette a nudo i limiti degli uomini.

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