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Della vita di Pietro Crisologo sappiamo solo che nacque ad Imola,  a quel tempo Forum Cornelii,  verso il 380, lungo la via Emilia, a metà strada tra Forlì e Bologna e che fu arcivescovo di Ravenna, secondo il Card. Michele Pellegrino, dal 425 al 451 circa.

Lo storico di Ravenna, Andrea Agnello, nel suo Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis (col. 49, ed. Holder-Egger (MGH, Scrpt. rer  Longobard., pag. 265-391), composto intorno nell’830 circa, ne scrive la biografia, celebrandolo come scrittore e oratore, ricordandone pure la sua operosità edilizia a Ravenna e nella vicina Classe (Il suo toponimo deriva dal latino Classis, «flotta». Dove oggi c’è il centro abitato, infatti, in epoca romana vi era un porto che ospitava una flotta permanente della marina militare dell’impero romano), dove, insieme all’imperatrice Galla Placidia nel V sec. promosse la costruzione di edifici di culto come la chiesa di San Giovanni Evangelista  a Ravenna e il Battistero di San Pietro in Classe. Pietro, per i suoi meriti, pur non essendo ravennate, fu eletto vescovo di Ravenna dal pontefice Celestino I (376-432), nel tempo in cui la città era residenza della corte imperiale.

Fonti più sicure ci informano che Pietro fu battezzato ed educato ad Imola dove ricevette anche il diaconato dal vescovo Cornelio (+446), che  lo aveva avviato   agli studi letterari e giuridici a Ravenna.

San Pietro Crisologo morente – Basilica di San Cassiano ad Imola

Un momento importantissimo nella vita di Pietro è stata l’ordinazione a vescovo di Ravenna, intorno al 433, presieduta personalmente dal papa Sisto III (+440), immediato successore di Callisto I, cioè dall’uomo che tra le sue principali preoccupazioni ebbe quella di riportare la pace tra Cirillo di Alessandria e Nestorio patriarca di Costantinopoli, a causa dei dissidi, degli scontri e delle iniziative scismatiche, ispirate alle dottrine di Nestorio.  

            Quando Pietro tenne il suo primo discorso da vescovo, ad ascoltarlo, insieme a  papa Sisto III, c’era anche Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio, sorella dell’imperatore Onorio e madre e tutrice dell’imperatore Valentiniano III (Serm., 130). Il Serm., 136, che è indirizzato al vescovo  Adelfo di Aquileia (426-444), sembra che sia  anteriore al 431, come lo è anche il Serm., 175, nel quale si celebra l’elevazione della sede episcopale di Ravenna a metropolia ecclesiastica dell’Emilia romana, cerniera tra Occidente e Oriente.

Pietro fu amico dei papi Sisto III e Leone I Magno (+461), nonché del vescovo Germano di Auxerre, deceduto nel giugno 448 mentre era a Ravenna, capitale dell’Impero d’Occidente, assistito dal vescovo Pietro.

Dall’Oriente, nel 431 ricorse a lui per consultarlo Teodoreto di Cirro  (PG 93,1309) e nel 449 il discusso archimandrita di un monastero di Costantinopoli Eutiche, in occasione delle grandi controversie cristologiche; Pietro di Ravenna allora invitò l’eresiarca Eutiche,  in conflitto  dottrinale con il patriarca di Costantinopoli  Flaviano e con gran parte del clero circa le due nature di Cristo, a sottomettersi  alla decisione del papa Leone I Magno “per mezzo del quale il beato Pietro continua ad insegnare, a coloro che cercano la verità della fede” ((PL 52,24). Questa è una rigorosa indicazione espressa con linguaggio amico e con voce cordiale. Eutiche e le sue tesi monofisite furono poi  condannate dal Sinodo di Costantinopoli, presieduto dal patriarca Flaviano, nel novembre del 448.

Anche se sulla vita di Pietro di Ravenna le date certe sono poche ed incerte, la sua identità di uomo e di vescovo viene fuori chiaramente dai suoi documenti che possediamo. E’ lì che veramente troviamo lui, con una cultura apprezzabile in quei tempi e tra quelle vicende, e soprattutto  con il suo calore umano e con lo schietto vigore della sua fede, manifestata con le sue omelie.

Al vescovo Pietro, famoso predicatore ed anche autore di stupendi sermoni,  nel IX sec. la voce popolare diede il soprannome di Crisologo, cioè “uomo dalle parole d’oro>>.

Pietro di Ravenna, che visse l’ideale del vescovo con quanto aveva tracciato nei suoi sermoni, cioè <<Essere in Cristo il libero servo di tutti>>, nel 1729 fu proclamato Dottore della Chiesa da papa Benedetto XIII.

Già alcuni codici dei secoli VI e VII contengono alcune opere di Piero Crisologo, anche se non è citato il nome dell’autore. Nel secolo VIII l’arcivescovo Felice di Ravenna (709 – 725) ne compilò una raccolta, non completa e non sicura, comprendente anche la lettera ad Eutiche e 176 Sermoni, più alcune parole di introduzione e di chiusura; di essa il codice più antico è il Vat. Lat. 4952, del secolo IX, di origine ravennate.

Frasi di sapore crisogoliano sono state ritrovate dal liturgista benedettino francese Fernand Cabrol (1855-1937) nelle Orazioni del <<Rotolo Ravennate>> e dallo storico Francesco Lanzoni (1862-1929) nella Benedictio fontis Romana (La Benedictio fontis e i sermoni di s. Pierto Crisologo, in Rass. gregor., 7, 1908, pag.425-429).

I Sermoni, raccolti nella Collezione feliciana sono disponibili non in ordine cronologico, ma secondo l’argomento.  I gruppi principali sono: I Sermoni 1-14 e 17-43 sulla Quaresima; 15-21 su Mt 8; 22-27 su Lc 13; 32-36 sui miracoli di Cristo; 44-46 sui Salmi; 47-49 su Mt 13; 56-62 sul Simbolo; 63-66 su Lazzaro; 67-72 sul Pater noster; 73-84 sulla Pasqua; 86-92 su s. Giovanni Battista; 93-96  sulla Maddalena; 96-99, 121-126  e 161-172 sulle parabole; 108-120 sulle lettere di San Paolo; 127-138 sulle feste dei santi; 140 -160 su l’Avvento e il tempo di Natale.

Secondo l’insigne studioso benedettino svizzero Basil Studer (1925-2008), le cui dotte relazioni ho ascoltato negli incontri di studi presso il Pontificio Istituto Patristico Augustinianum di Roma, dai Sermoni di Pietro Crisologo si ricavano preziosi elementi di inestimabile valore sulla liturgia  e sulla cultura di Ravenna della metà del V sec. e in particolare sull’anno liturgico e l’ordine in cui vi erano lette le pericopi  evangeliche, la preparazione battesimale dei Catecumeni, la Traditio e Redditio Symboli, lo svolgimento generale dell’adunanza liturgica e l’Anafora eucaristica. L’esegesi delle pericopi scritturali trattano l’argomento dell’Incarnazione, ma, non di rado, lo stile alquanto enfatico ne rende oscura l’interpretazione.

L’insigne studioso Michele Pellegrino  (1903-1986), titolare della Cattedra di Letteratura Cristiana Antica dell’Università  di Torino e fondatore dell’Associazione Internazionale di Studi Patristici, poi Cardinale – Arcivescovo di Torino, nella sua preziosissima Letteratura Latina Cristiana scrive: Pietro Crisologo <<ebbe una parte importante nelle controversie cristologiche, per le quali fu in corrispondenza epistolare con Teodoreto di Cirro ed Eutiche di Costantinopoli. Gli attribuiscono circa 200 sermoni, generalmente assai brevi (forse sono schizzi o riassunti stenografici), in maggioranza di argomento esegetico, in cui dall’esposizione spirituale della Sacra Scrittura si ricavano insegnamenti morali. La storia del costume e della liturgia hanno in questi discorsi una fonte preziosa. Sebbene il predicatore si proponga di usare un linguaggio popolare, in realtà egli indulge volentieri  ai vezzi retorici, specialmente al prolungato giuoco delle antitesi e al dialogo fittizio con l’uditore, né trascura il ritmo, prevalentemente accentuativo. E’ stato notato l’influsso di s. Cipriano sul pensiero e sullo stile del Crisologo, come pure reminiscenze di Prudenzio e di Sedulio>> (pag.127).

San Pietro Crisologo – Cuola guercinesca, XVIII sec. Imola, Museo Diocesano “Pio IX”

Il vescovo Pietro di Ravenna per la notte di Natale pronunciò questo discorso:  <<Quando venne il Signore, nostro Salvatore, al suo primo apparire nella carne, l’angelo, unito ai cori celesti, ne diede l’annunzio ai pastori dicendo: “vi annunzio una grande gioia che sarà di tutto il popolo” (Lc 2,10). Perciò anche noi, con le stesse parole degli angeli, annunziamo una grande gioia. Oggi infatti la Chiesa è nella pace; oggi la nave della Chiesa ha raggiunto il porto; oggi, carissimi, il popolo di Cristo viene esaltato, mentre i nemici della verità sono umiliati; oggi Cristo è nella gioia e il demonio nel lutto; oggi gli angeli esultano, i demoni sono dispersi. Che dire di più? Oggi Cristo, re della pace, al suo apparire ha rimosso ogni contrasto e, come lo splendore del sole illumina il cielo, così  egli illumina la Chiesa col fulgore della pace. Poiché “oggi vi è nato un Salvatore” (Lc 2,11). O quanto è desiderabile la pace, stabile fondamento della religione cristiana e celeste ornamento dell’altare del Signore! Che cosa possiamo dire che sia degno di questa pace? Il nome stesso di Cristo è Pace. Lo dice l’Apostolo: “Cristo è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo” (Ef 2,14). Ma, come per la visita di un sovrano si sgombrano le piazze e tutta la città è una festa di fiori e di luci affinché nulla possa apparire meno degno della presenza del re, così ora, all’arrivo di Cristo, re della pace, sia rimossa ogni tristezza e, allo splendore della verità, scompaia la menzogna, si dissolva la discordia, risplenda la carità. E se anche in terra i santi esaltano la pace, lo splendore della sua lode ridonda nell’alto dei cieli; cantano gli angeli: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama” (Lc 2,14). Vedete, fratelli, come tutte le creature del cielo e della terra si scambiano il dono della pace: gli angeli dal cielo annunziano pace alla terra, i santi tutti sulla terra lodano insieme Cristo, nostra pace e i mistici cori cantano: “Osanna nel più alto dei cieli”. Diciamo allora anche noi con gli angeli: “Gloria a Dio, che ha umiliato il demonio ed esaltato il suo Cristo; gloria a Dio che ha annientato la discordia e ha ristabilito la pace>> (Pietro Crisologo, Discorso 149 sul Natale).

Secondo quanto asserito dallo storico Andrea Agnello, Pietro Crisologo morì il 31 luglio tra il 451 e il 458 a Imola quando era già vescovo di Ravenna Neone, e fu seppellito nella basilica suburbana di San Cassiano. Le sue reliquie sono venerate nella basilica Ursiana, la Cattedrale di Ravenna.

Il Martirologio Romano così lo ricorda: <<San Pietro, detto Crisologo, vescovo di Ravenna e dottore della Chiesa, che, munito del nome del beato Apostolo, ne svolse lo stesso ministero con tale maestria, da attirare alla fede le folle con la rete della sua celeste dottrina, saziandole con la dolcezza del suo divino eloquio. Il suo transito avvenne il 31 luglio a Imola in Romagna>>.

 Diac. Dott. Sebastiano Mangano

già Cultore di Letteratura Cristiana Antica nell’Università di Catania

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