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“Con il posizionamento in verticale del telamone ricostruito nel Parco archeologico della Valle dei Templi di Agrigento presentato nei giorni scorsi, la Regione Siciliana e il Parco archeologico di Agrigento hanno messo in atto un’operazione strategica di marketing, non certamente un’iniziativa scientifica-culturale”. A sostenerlo è il critico d’arte Fortunato Orazio Signorello, presidente della prestigiosa Accademia Federiciana, promotore culturale ed esperto di archeologia e di beni storici, archeologici e demoetnoantropologici. 

“Il telamone ricostruito – dichiara Fortunato Orazio Signorello, apprezzata firma, insieme a Vittorio Sgarbi e ad altri noti critici, dell’Enciclopedia d’Arte italiana. Catalogo generale Artisti dal 900 ad oggi e di altre prestigiose pubblicazioni d’arte, nonché collaboratore di giornali nazionali – non ha nulla a che vedere con le statue colossali antropomorfe dell’antica Akragas che in origine sostenevano l’architrave del tempio di Zeus Olimpio. Basta vedere il telamone custodito nel Museo archeologico regionale “Pietro Griffo” di Agrigento, per constatare che quello nuovo è un obbrobrio allestitivo”.

Per Signorello, che il giorno successivo dalla presentazione ufficiale ha manifestato molte perplessità sull’intervento e che ha molti dubbi anche sul restauro, non vi è uniformità stilistica. Egli evidenzia “la totale assenza di simmetria di tutte le parti del corpo e come le parti mancanti appositamente realizzate – il volto, le braccia ripiegate dietro la testa e il tratto dell’arto inferiore destro compreso tra l’anca e il ginocchio – sono pacchiane e orribili alla vista”.

“Poiché non è stato realizzato – afferma Fortunato Orazio Signorellocon i pezzi originali provenienti da un solo telamone ma da più di 90 frammenti che appartenevano ad almeno 8 telamoni differenti, alla popolazione è stato presentato, giacché non è stato restituito in una condizione di piena leggibilità, un assemblaggio antistorico. Per il telamone ricostruito non è stato infatti eseguito un vero restauro, perché esso non è stato riportato, con opportuni lavori di riparazione o reintegro, nelle condizioni originarie con i pezzi originali provenienti da un solo telamone”.

Il progetto è costato 500.000 euro alle casse del Parco archeologico di Agrigento. A tal proposito Signorello sostiene che “è stato sperperato denaro pubblico che poteva essere utilizzato per valorizzare meglio i piccoli musei e per aumentare la loro capacità ricettiva, oppure per iniziative mirate alla conservazione e alla valorizzazione di siti archeologici minori o sconosciuti ai più”.

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