CulturaMondo Cattolico

Girolamo di Stridone (347-420) così presenta Melitone nel suo De Viris illustribus, scritto a Betlemme nel 392: <<Melitone, nativo dell’Asia vescovo di Sardi, indirizzò un libro in difesa della fede cristiana all’imperatore M. Marco Antonio Vero, discepolo dell’oratore Frontone. Scrisse pure altre opere, tra cui le seguenti:  due libri Sulla Pasqua; un libro Sulla vita dei  Profeti; quelli Sulla Chiesa; Sul giorno del Signore; Sulla fede; Sulla creazione; Sui sensi; Sull’Anima e il corpo; Sul Battesimo; Sulla verità; Sulla nascita di Cristo; Sulla profezia; Sull’ospitalità; quello intitolato La chiave; Sul diavolo; Sull’Apocalisse di Giovanni; Sul Dio incarnato; sei libri di Estratti. Tertulliano, nei sette libri da lui composti contro la Chiesa in favore di Montano, deride il suo stile ricercato e declamatorio, dicendo che molti cristiani lo ritenevano un profeta>> (Cp. XXIV).

Melitone di Sardi

Delle opere di Melitone di Sardi, che è stato un personaggio di grande rilievo nella cristianità dell’Asia Minore nel tempo che va dal 165 al 185 circa, non conoscevamo quasi nulla tranne qualche frammento e quel poco che ci è giunto dall’antichità delle Catene, cioè dalla raccolta di citazioni patristiche risalenti al VI secolo, e dai titoli delle sue opere riportate da Eusebio di Cesarea (260 – 339) nella sua Storia Ecclesiastica e, nel VII secolo dall’egumeno del monastero di Santa Caterina al Sinai Anastasio, ne La Guida  (‛ΟδηγόςHodēgósViae dux adversus acephalos), che è il suo lavoro più importante,  redatto nel deserto attorno al 685 in difesa del Credo di Calcedonia (PG 89, 35-310)). Girolamo di Stridone (347-420) ne parla anche nel suo De Viris illustribus (Cp. XXIV), ma dipendendo da Eusebio di Cesarea.

Policrate, vescovo di Efeso (130 circa – 196), in una lettera inviata a papa Vittore (189-198), nomina il vescovo di Sardi fra <<i grandi luminari>> della Chiesa dell’Asia Minore e lo chiama “asceta”, cioè pieno di Spirito Santo: <<C’è bisogno che io nomini… l’asceta Melitone che visse interamente  nello Spirito Santo e che giace in Sardi nell’attesa della visita celeste  nella quale risorgerà dai morti?>> (PG 5,1357-1362). La notizia è  riferita da Eusebio di Cesarea (Hist. eccl., V,24,5). Tertulliano di Cartagine (155 ca. – 230 ca.),  che parla dell’<<elegans et declamatorium ingenium>> di Melitone, ci riferisce indirettamente che nei circoli ecclesiastici,  a motivo del suo carisma, era da tanti ritenuto un  <<profeta>>, certo nel senso neotestamentario con cui il termine è usato da Paolo di Tarso. Si sa che Melitone era vescovo di Sardi in Lidia ai tempi di Antonino Pio (86-161)  e Marco Aurelio (121-180) e che era stato a Gerusalemme per informarsi sulla tradizione ecclesiastica.

Agnus Dei, argento a sbalzo dell’achereopita, XV sec., Roma, Sancta Sanctorum

Melitone è il primo apologista cristiano a noi noto che, sulla linea di Giustino di Nablus (100 -167 ca.), abbia composto una Apologia (PG 5,1209-1214) in   difesa della filosofia come

forma di vita cristiana, che, verso il 166 circa, ha inviato all’imperatore Marco Aurelio. Di questo scritto ci sono pervenuti solamente  alcuni frammenti trascritti da Eusebio di Cesarea nella sua Storia ecclesiastica (Hist. eccl. IV,26,1). Il vescovo di Sardi, in questo suo scritto, sottolinea l’esistenza  di una vera e propria convergenza di interessi tra la Chiesa e l’impero romano: infatti spiega  che il cristianesimo e l’impero romano sono nati insieme, essendo Cristo venuto al mondo al tempo di Augusto (63 a.C. – 14 d.C.), il fondatore dell’impero, e fioriscono insieme parallelamente, poiché l’utile dell’uno coincide con l’utile dell’altro. Ecco perché soltanto gli imperatori cattivi come Nerone (37-68) e Domiziano (51-96), invisi agli stessi pagani, hanno osato perseguitare la vera religione.

Preziosa icona di Cristo Pantocratore
V/VI sec. antecedente alla crisi iconoclasta – Monastero di Santa Caterina al Sinai

In un’altra opera, l’Omelia sulla Passione (PG 5,1221-1222),   Melitone, vi parafrasa  il racconto dell’Esodo intorno all’istituzione della Pasqua, illustrando questo fatto come tipo della redenzione operata da Cristo. E’ la trasposizione cristiana della Haggadah ebraica, il discorso nel quale il presidente dell’assemblea, di solito il capo famiglia, spiegava il significato della Pasqua. Il vescovo di Sardi in questa Omelia prese anche le difese dei quartodecimani, cioè di quei cristiani che celebravano la commemorazione della morte di Cristo nel giorno stesso in cui cadeva la Pasqua ebraica, ovvero il 14° giorno del mese di nisan. Tale usanza era in voga tra i cristiani delle province orientali dell’Impero romano, tra cui la Siria e la Mesopotamia, sin dal I secolo, e che sopravvisse fino al IV secolo.

Altri scritti di Melitone sono: Sull’ospitalità, Sulla domenica, Sulla corporeità di Dio, quest’ultimo libro è stato attaccato da Origene di Alessandria (185-254) (Gennadio di Marsiglia,  De Ecclesiasticis Dogmatibus, 4: PL 59). L’opera De oboedentia fidei sensum, è più facilmente  comprensibile leggendo lo Ps. Cipriano, Adversus Iudaeos, I. Del libro De lavacro si è conservato solo un frammento greco. Frammmenti delle opere  di Melitone in lingua siriaca li troviamo nel Florilegium Edessenum Anonymum, Syriace Ante 562, pubblicato dal tedesco Jgnaz Rucher nel 1933. L’opera più importante di Melitone è l’”Omelia Pasquale”, conservata in un in un papiro del IV secolo e pubblicata dallo studioso americano Campbell Bonner nel 1940. In realtà, però, il vero argomento dello scritto è la Passione del Signore.   

In questa omelia, che risale al II secolo ed è la più antica a noi nota, la pasqua giudaica viene interpretata quale tipo della pasqua cristiana, Melitone riprende gli eventi e le figure pasquali dell’Antico Testamento e vi legge il senso più profondo: il sacrificio del “vero agnello” Gesù.  Il testo, che manifesta il possesso di una cultura teologica assai vasta,  è costellato da centinaia di citazioni e rimandi all’Antico  e al Nuovo Testamento e riferimenti liturgici che fa pensare ad una omelia pronunciata il Venerdì Santo, il giorno in cui è ricordata in primo piano la Passione del Signore. Ma ciò che colpisce chi lo legge, anche solo una volta, è lo stile retoricamente studiato. Il lirismo dell’omelia è chiaramente esultativo e trionfante, adatto a chi sta predicando la morte e la risurrezione del Signore e quindi la sconfitta della morte e il perdono dei peccati.

Di questa importante opera sulla Pasqua, che appartiene all’omiletica del II secolo, ci rimangono solo alcuni frammenti dai  quali ho tratto alcune pagine che contengono un’eccellente dottrina cristologica in cui è affermata con forza la divinità di Cristo:

<<Carissimi, il mistero della Pasqua è nuovo e antico, senza tempo e nel tempo, corruttibile e incorruttibile, mortale e immortale. Antico secondo la legge, ma nuovo secondo la Parola; nel tempo secondo la figura, eterno secondo la grazia. Corruttibile per l’uccisione dell’agnello, incorruttibile per la vita del Signore; mortale per la sepoltura nella terra, immortale per ‘la risurrezione dai morti. Antica è la legge, ma nuova è la Parola; nel tempo è la figura, eterna è la grazia. Corruttibile è l’agnello, incorruttibile è il Signore: immolato come agnello, risorto come Dio. Perché come una pecora è stato condotto al macello (Is. 53, 7; Atti 8,32), ma non era una pecora; come un agnello senza voce (ibid.), ma non era un agnello. Il simbolo è passato e la realtà si è svelata. Al  posto di un agnello, è venuto Dio, al posto di una pecora un uomo: e in quest’uomo, Cristo, che contiene tutto in sé. E dunque, il sacrificio dell’agnello e la celebrazione della Pasqua e la lettera della Legge sono contenute nel Cristo Gesù, attraverso il quale sono accadute tutte le cose, nella Legge antica e più ancora nella Parola nuova… Infatti la salvezza del Signore e la verità sono state prefigurate nel popolo di Israele e le affermazioni del Vangelo preannunciate dalla Legge. Il popolo di Israele era dunque l’abbozzo di un disegno e la Legge la lettera di una parabola. Il Vangelo invece è spiegazione e pienezza della Legge, e la Chiesa il luogo che contiene la verità. L’immagine era dunque preziosa prima della realizzazione, e la parabola mirabile prima dell’interpretazione. In altre parole: il popolo d’Israele aveva un valore prima che la Chiesa sorgesse, e la Legge era mirabile prima che il Vangelo diffondesse la sua luce. Ma quando sorse la Chiesa e fu annunziato il Vangelo, l’immagine divenne vana, perché trasmise la sua forza alla realtà; la Legge ebbe compimento, perché trasmise la sua forza al Vangelo…
Il Signore si era rivestito dell’uomo. Aveva sofferto per chi soffriva, era stato legato per chi era tenuto prigioniero, condannato per chi era colpevole, sepolto per chi era nella tomba. E ora è risorto dai morti e ha gridato a gran voce: «Chi potrà citarmi in giudizio? Si faccia pure avanti! Sono io che ho scelto il condannato, io che ho ridato al morto la vita, io che ho risuscitato il sepolto. Chi mi può contraddire? Io – dice – sono il Cristo; io sono colui che ha distrutto la morte, trionfato sul nemico, calpestato l’inferno; io ho incatenato il potente e sollevato l’uomo verso l’alto dei cieli. lo – dice – sono il Cristo.
Venite dunque voi tutte, famiglie degli uomini impastate di peccato, e ricevete il perdono dei peccati. Perché sono io il vostro perdono, io la Pasqua della salvezza, io l’agnello immolato per voi. Sono io il vostro riscatto, la vostra vita, la vostra risurrezione. lo la vostra luce, la vostra salvezza, il vostro re. lo vi conduco nell’alto dei cieli, io vi mostrerò il Padre immortale, io vi farò risorgere con la mia destra». Molte cose sono state predette dai profeti riguardanti il mistero della Pasqua, che è Cristo, «al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen »
(Gal 1, 5, ecc.). Egli scese dai cieli sulla terra per l’umanità sofferente; si rivestì della nostra umanità nel grembo della Vergine e nacque come uomo. Prese su di sé le sofferenze dell’uomo sofferente attraverso il corpo soggetto alla sofferenza, e distrusse le passioni della carne. Con lo Spirito immortale distrusse la morte omicida. Egli infatti fu condotto e ucciso dai suoi carnefici come un agnello, ci liberò dal modo di vivere del mondo come dall’Egitto, e ci salvò dalla schiavitù del demonio come dalla mano del Faraone. Contrassegnò le nostre anime con il proprio Spirito e le membra del nostro corpo con il suo sangue. Egli è colui che coprì di confusione la morte e gettò nel pianto il diavolo, come Mosè il faraone. Egli è colui che percosse l’iniquità e l’ingiustizia, come Mosè condannò alla sterilità l’Egitto. Egli è colui che ci trasse dalla schiavitù alla libertà, dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita, dalla tirannia al regno eterno. Ha fatto di noi un sacerdozio nuovo e un popolo eletto per sempre. Egli è la Pasqua della nostra salvezza.

Rovine dell’antico Tempio di Artemide con vista della chiesa del IV secolo all’angolo sud-est del tempio

 

Egli è colui che prese su di sé le sofferenze di tutti. Egli è colui che fu ucciso in Abele, e in Isacco fu legato ai piedi. Andò pellegrinando in Giacobbe, e in Giuseppe fu venduto. Fu esposto sulle acque in Mosè, e nell’agnello fu sgozzato. Fu perseguitato in Davide e nei profeti fu disonorato. Egli è colui che si incarnò nel seno della Vergine, fu appeso alla croce, fu sepolto nella terra e, risorgendo dai morti, salì alle altezze dei cieli. Egli è l’agnello che non apre bocca, egli è l’agnello ucciso, egli è nato da Maria, agnella senza macchia. Egli fu preso dal gregge, condotto all’uccisione, immolato verso sera, sepolto nella notte. Sulla croce non gli fu spezzato osso e sotto terra non fu soggetto alla decomposizione. Egli risuscitò dai morti e fece risorgere l’umanità dal profondo del sepolcro>> (Dall’«Omelia sulla Pasqua» di Melitone di Sardi, vescovo (Capp. 60-67; SC 120-123).

San Melitone, vescovo di Sardi, secondo Eusebio di Cesarea, morì martire verso il 190.  La Chiesa Cattolica ne celebra la memoria il 1° aprile, ma il suo nome non compare nel Martirologio Romano.

Diac. Dott. Sebastiano Mangano

già Cultore di Letteratura Cristiana Antica nella Facoltà di Lettere nell’Università di Catania

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenti sul post